Per anni la Chartreuse era stata dimenticata. Grazie a Marcovaldo Dionysos e Murray Stenson nei primi anni del 2000 è tornata alla ribalta. E ne siamo felici. Perché è un liquore particolarmente interessante nei cocktail. Non a caso è protagonista di diversi classici, dal Last Word all’Alaska. Ma anche di diversi signature e twist on classic.
La storia della Chartreuse ha origini lontane. Eccovi una sintesi
Intanto, chi abbia pensato per primo alla Chartreuse non è chiaro. Ma abbiamo alcune certezze: in un documento del 16 maggio 1605 si legge che il maresciallo di artiglieria François-Hannibal d’Estrées, Marchese di Coeuvres, regala il manoscritto di un alchimista ai monaci certosini di Vauvert, celebri per la loro conoscenza dell’arte galenica.

Così nasce l’Elixir Végétal, oggi prodotto con il nome di Elisir vegetale della Grande-Chartreuse, ottenuto dall’infusione in alcol di 130 varietà di erbe medicinali e aromatiche e con un grado alcolico di 71°.
Qualche anno dopo, nel 1764, arriva la Chartreuse Verte realizzata con 132 erbe, dal colore verde. Ha “solo” 55° e si conquista l’epiteto di Liquore della salute.
Per quanto riguarda invece la produzione della Chartreuse Gialla (di “appena” 40° e più dolce al palato per via del miele) è ulteriormente posteriore.
L’assemblaggio dei liquori Chartreuse è avvenuto fino ai primi mesi del 2017 nelle cantine di Voiron, risalenti al 1860. Oggi si produce ad Aiguenoire, a soli 12 chilometri dal monastero della Grande Chartreuse. La settima distilleria dei Padri Certosini è stata ufficialmente inaugurata il 30 agosto 2017 e concepita nel pieno rispetto dell’ambiente con un progetto che presta particolare attenzione all’integrazione del paesaggio e alla scelta dei materiali resistenti: legno, pietra, vetro.




