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Il cocktail sostenibile piace sempre di più

Mix Contest Italy Tour 2022,numerosi sono gli esempi di cocktail sostenibili portati in gara.

Al Contest  del 14 novembre, organizzato nel palinsesto della Lavazza Experience, molti bartender hanno puntato sul tema degli sprechi, tra cui il 2° e il 3° classificato.

Anche il mondo dei cocktail si fa sempre più sostenibile. È ciò che emerso dalla serata di lunedì 14 novembre, alla quarta tappa del Mix Contest Italy Tour 2022, format ideato da Laura Carello, la quale è anche la mente di MT Magazine, progetto editoriale con respiro nazionale sul mondo della miscelazione. La gara è stata vinta da Lève, ma sia il secondo che il terzo cocktail bar classificati – Otium e Smile Tree – hanno proposto una scelta sostenibile.

La sfida era la seguente: 15 bartender torinesi dovevano miscelare, accoppiati a bartender ospiti provenienti da tutta Italia, per raggiungere la finale del 21 marzo. L’obbligo era uno solo: utilizzare un prodotto dell’industry mondiale del settore ai quali erano stati associati. Nonostante ciò, tanti bartender hanno deciso di imporre un ulteriore step di difficoltà alla propria gara: preparare un cocktail sostenibile. Da questo pensiero sono nati cocktail molto diversi fra loro, ma tutti accomunati dall’utilizzo di scarti, di parti di ingredienti che
spesso non vengono usate per comodità o abitudine. Come per le altre tappe del Mix Contest Italy Tour, anche in questo caso la proclamazione dei migliori cocktail bar in gara si è basata sulla somma del voto della giuria tecnica, che ha giudicato presentazione, gusto, concept, e della giuria popolare, composta dal pubblico.

LE RICETTE SOSTENIBILI DELLA COMPETIZIONE

Numerosi sono gli esempi di cocktail sostenibili portati in gara: in primis quelli che hanno valso il secondo posto a Pierpaolo Cavalli (Otium), in coppia con Diego Giacalone (Godot Milano), e il terzo posto ad Adrian Margineanu e Alex La Rocca (Smile Tree), in squadra con Niccolò Rossi (Barrier).
Pierpaolo Cavalli ha preparato Tea Rum, “un drink nato dalla volontà di associare un rum biologico all’ingrediente della convivialità, che tanto ci è mancata in questi anni. Tea Rum richiama a sé tutte le principali associazioni a questo distillato, ma contiene anche elementi amati e ricercati in tutto il mondo – tè, vaniglia, caffè, cioccolato – con la nota leggera del peperoncino”.

Il cocktail viene preparato in una teiera facendo leggermente affumicare il tè rosso precedentemente infuso quindi, viene completato con uno sciroppo leggero di jalapeño, succo di arancia, bitter al cioccolato e scorze di arancia recuperate e candite al peperoncino, per essere poi servito in tazze da tè. In coppia con
Pierpaolo Cavalli vi era Diego Giacalone (Godot Milano), che nel suo drink ha scelto di unire duenmondi molto distanti tra loro: quello tecnico del whisky e quello più giocoso dei cocktail fruttati.
Dall’unione di pensieri è nato This is not a Colada, una ricetta con base alcolica whisky Famous Grouse Smoky black, impreziosita dal tepache – fermentato homemade di foglie, torsolo e buccia di ananas con curcuma, chiodi di garofano, cannella e pepe rosa – da una marmellata di agrumi zero waste prodotta con tutte le parti di scarto di limone, pompelmo, limone, arancia e lime, da una soluzione citrica preparata con acido citrico al posto del lime per ridurre gli sprechi di quest’ultimo – con soli 10 g di acido citrico si ottengono 250 ml di soluzione – e da un top di ginger beer Lurisia, che aiuta nell’amalgama di tutti gli ingredienti, anche grazie alla presenza del peperoncino calabro.
Terzo classificato è stato il trio composto da Adrian Margineanu, Alex La Rocca (Smile Tree) e Niccolò Rossi (Barrier). I primi hanno portato Shamrock Punch, un drink ispirato alla cultura irlandese – per l’utilizzo di Jameson Black Barrel e riduzione di Guinness – che si caratterizza particolarmente per l’attenzione agli sprechi. Tutti gli ingredienti sono stati infatti filtrati con il filtro del caffè, insieme a latte di noci, e poi al solido rimanente è stato addizionato agar agar, per la creazione di un gel al latte di noci.

Niccolò Rossi ha portato invece Pandan sour, “un drink che intreccia la cultura asiatica con i
profumi del bergamotto italiano di Italicus. La sostenibilità di questo drink consiste nell’utilizzare le foglie di pandan a 360°, ricavando dallo scarto delle stesse, usate per produrre lo sciroppo, delle chips saporite”. A completare il cocktail vi sono gin, succo di lime chiarificato e succo di kalamansi.

LE ALTRE RICETTE SOSTENIBILI

La sostenibilità è stata un punto cardine anche per i cocktail bar che non si sono piazzati sul podio. Marco Defra (Easy Peasy Cocktail Bar) ha preparato Ozama, un twist sul Martini Cocktail con rum Barcelò organic e vermouth Mancino Dry infuso con buccia di banana, che regala al drink una nota erbacea, delicata e fruttata, con lievi sentori di chiodi di garofano. La banana è presente anche nella decorazione del cocktail, sotto forma di polpa, per aromatizzare l’olio d’oliva insieme al lemon grass.
La buccia di banana è uno degli ingredienti utilizzati anche nell’Essenza di Roberto Palestini (Cloud9). Il motivo? “Nella preparazione dei catering del nostro ristorante si generano diversi sprechi. Uno fra questi è rappresentato dalla buccia di banana, che costituisce il 35% del peso del frutto, e che abbiamo deciso di impiegare per aromatizzare il vermouth Rosso Amaranto Mancino, insieme ai fichi scottati.
In questo caso, facciamo anche caramellare le bucce, per servirle come appetizer”. Sempre nello stesso cocktail, vengono utilizzati gli scarti di pesca e melograno per arricchire, insieme al tè nero, un Naked Malt Whisky. La coppia di barladies Alessia Mittone (Barz8) e Chiara Domenichini (The Spirit) ha deciso di pensare i drink in sintonia. Sono nati di conseguenza due cocktail circolari – “La peppina fa il caffè” e “Fa il caffè col peperone” – in cui, ai classici abbinamenti Vermouth Mancino/Amaro Lucano con caffè si contrappongono le note umami dell’oliva nel primo e di peperone nel secondo, il quale è presente anche nel primo cocktail sotto forma di semi confit. Altro trio che ha lavorato in sintonia è quello formato da Micheal Faccenda-Martina Brischetti (NAt Cocktail House) e daEmanuele Cosi (Mag Cafè). I primi hanno preparato Kon_buccia!, un kombucha d’autunno di sciroppo
d’acero, caldarroste, sedano levistico e bucce di banana, abbinato al rum Spirited Union ananas & spiced, il secondo ha pensato il proprio cocktail Polpassie in funzione degli scarti del primo.
“Abbiamo trasferito in gara un’abitudine che abbiamo già al locale. Abbiamo utilizzato la polpa di banana – non usata nell’altro cocktail, in cui si otteneva un kombucha con la buccia – per realizzare un cordiale con palo cortado, cocco e caffè, che abbiamo accostato al rum Spirited Union all’arancia e zenzero, a una soluzione acida di sedano e a un bitter alle noci”.

UN PENSIERO SULLA SOSTENIBILITÀ

“Sicuramente la sostenibilità dei drink è un must have nel mondo dei bar” dichiara Diego Giacalone (Godot Milano). “La preparazione di drink sostenibili è una via di mezzo tra una nicchia e una tendenza. Sempre più cocktail bar si stanno impegnando in questo senso ed è un’ottima notizia”. Emanuele Cosi (Mag Cafè) pensa che la sostenibilità possa aiutare ad abbattere il costo della preparazione. “Mentre prima poteva riguardare solo una nicchia di bartender, con il tempo ne coinvolgerà sempre più, perché per un cocktail bar è sempre più difficile affrontare le impennate delle materie prime. Utilizzarne di scarto consente di generare sia un risparmio che un guadagno”. Come è possibile preparare un cocktail sostenibile anche a casa? Roberto Palestini consiglia di utilizzare “gli scarti della cucina, come la buccia delle carote, che può tornare utile nell’aromatizzazione o nel condimento di alcuni cocktail, sotto forma di polvere”, Giacalone di usare gli avanzi del frigorifero con fantasia, “fermentando verdure o preparando marmellate”, Emanuele Cosi focalizza l’attenzione sulla scelta del materiale, già porzionato “evitando gli imballaggi in plastica” e consiglia anche di utilizzare le materie prime per intero. La parola è una sola ma ognuno ha il suo (giusto) punto di vista in merito.

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