Anche in Italia la strada che porta alla filiera dei vini senza alcool è ormai tracciata, questo quanto emerge dalla riunione della Conferenza stato regioni che nei giorni scorsi ha approvato, con alcune modifiche, la bozza del decreto che definisce le regole per la produzione di una bevanda in forte crescita in tutto il mondo, ma che da noi aveva trovato ostilità e timori da parte in particolare dei più tradizionalisti estimatori e difensori del vino.
La tradizione vitivinicola da noi come si sa è millenaria, e che si potesse chiamare vino qualcosa che non era quello che era sempre stato, a molti dava fastidio.
I produttori e Unione Italiana Vini che li rappresenta, hanno invece ora ottenuto di fatto la possibilità di aprire anche a questa filiera, anche con alcune migliorie rispetto al testo che era stato presentato qualche mese fa: nello specifico le operazioni di dealcolizzazione potranno essere svolte anche nello stesso stabilimento in cui viene prodotto il vino, e lo scarto della dealcolizzazione potrà inoltre andare verso filiere diverse e non solo verso il bioetanolo come inizialmente era previsto.
Il vino derivato sarà chiamato vino dealcolizzato, e dovrà avere un contenuto di alcol inferiore allo 0,5%, oppure parzialmente dealcolizzato se compreso tra 0,5 e 8 oltre il quale è vino tradizionale; la dealcolizzazione infine non sarà consentita nei prodotti Dop e Igp, e nei processi non sarà possibile aggiungere zucchero.
“In questo modo – da detto il segretario generale Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti – le nostre imprese potranno accedere finalmente ad un mercato in crescita e sempre più vivace, che solo in Italia conta il 36% di consumatori maggiorenni sober curious. Adesso dobbiamo concentrarci sulla fase attuativa invitando gli organi di controllo a collaborare per supportare le imprese nell’adeguamento alle nuove disposizioni”.
