Un viaggio nel cuore dell’Oceania tra rituali antichi e sapori autentici
Le Figi e l’assenza storica di bevande alcoliche
Nuovo appuntamento con il viaggio alla scoperta delle bevande tradizionali di tutto il mondo che la scorsa settimana ha fatto tappa in Etiopia, il Paese del Corno d’Africa dove, come dimostrato dalla ricerca scientifica, è nato il caffè: qui infatti la pianta veniva già coltivata nel IX secolo d.C.
L’ex colonia italiana, come visto, fra i suoi prodotti nazionali presenta anche un’antenata delle moderne birre: conosciuta con il nome di ‘tella’ e realizzata con diverse tipologie di cereali, viene consumata sia quotidianamente che in occasione delle feste nazionali e dei banchetti nuziali.
I prodotti brassati, ugualmente ai distillati, non fanno invece parte delle tradizioni del piccolo stato dell’Oceania dove approda oggi il tour, ovvero le isole Figi: questo è dovuto soprattutto al fatto che, fino all’arrivo dei colonizzatori europei ed americani fra la seconda metà dell’800 ed i primi decenni del novecento, nell’arcipelago figiano non esistevano bevande alcoliche.
Furono in modo particolare i soldati statunitensi ad insegnare alla popolazione locale sia l’arte brassicola che quella della distillazione: nonostante questo però tali prodotti, ancora oggi, non sono molto apprezzati e l’unica azienda che li produce ottiene la maggior parte dei suoi ricavi grazie alle esportazioni.
Il Kava: la bevanda dell’anima figiana
Isole Figi che quindi trovano nel ‘kava’ (o ‘kavakava’), una bevanda inebriante ricavata dalle radici di un arbusto della famiglia delle Piperacee, il prodotto tradizionale per eccellenza. Si tratta di un’erba che, per proprietà organolettiche, ricorda la valeriana: è conosciuta inoltre per le sue proprietà soporifiche, analgesiche ed è un rilassante muscolare.
La preparazione più tradizionale (assai diffusa anche in altre isole dell’Oceania) inizia con la masticazione delle radici della pianta che inizialmente risultano piuttosto dure: motivo per cui gli individui scelti per praticare questa operazione sono soprattutto giovani uomini.
La triturazione viene fatta lentamente e termina solo quando ciascun pezzetto di radice è ridotto a un sottile residuo fibroso: il succo che si accumula in bocca non deve essere inghiottito neppure in minima parte dato che verrà riutilizzato anche per la realizzazione di altri prodotti tipici.
In seguito i boli sono riposti in un recipiente dove viene aggiunta dell’acqua e le radici premasticate vengono pressate in modo da fare fuoriuscire il succo: il tutto deve quindi essere filtrato per ricavarne un liquido di color giallastro (analcolico e dal profilo aromatico molto particolare), che è il prodotto finale pronto per essere degustato.
La cerimonia della preparazione del kava dura diverse ore: un rituale durante il quale vengono indossati i tipici costumi locali realizzati con paglia e fiori. La lavorazione si effettua in un contenitore chiamato ‘tanoa’ (una specie di tavolino-ciotola concavo): una volta pronta è servita nel ‘bilo’, ovvero un mezzo guscio di noce di cocco che si passa di mano in mano seduti in circolo.
Il kava, soprattutto anticamente, in occasione dei riti propiziatori, era usato sia per il contatto con gli spiriti degli antenati che per la divinazione: per questo veniva offerto in dono alle diverse divinità del culto delle isole Figi, dove ancora oggi la bevanda è parte integrante della vita sociale.
Questo prodotto infine costituisce un’importante merce di scambio e svolge un ruolo importante nel rafforzamento dei legami d’amicizia intertribali e fra le popolazioni delle isole di quest’area del mondo: per questo viene considerata la ‘droga del Pacifico’, intesa come ‘sostanza pacifica’, portatrice di pace e armonia.
Sciroppo di nettare di cocco: dolce tradizione figiana
Un’altra tra le bevande tradizionali dell’arcipelago figiano (sempre molto apprezzata nel corso della storia) è lo sciroppo di nettare di cocco: l’utilizzo di questo frutto infatti ricorre in numerose ricette della cucina locale sia come bevanda che come ingrediente in piatti sia salati che dolci.
La preparazione inizia quando i frutti sono maturi e vengono raccolti in grandi contenitori dopo essere stati tagliati in modo tale che fuoriesca la linfa: questa prima fase dura circa 24 ore trascorse le quali i secchi in legno vengono portati nel luogo in cui si svolge lavorazione.
Il nettare viene quindi fatto bollire a fuoco lento fino a che il succo non si è concentrato (circa otto ore): una volta che si è raffreddato, viene scolato e diluito con un po’ d’acqua per poi essere servito. Questa specifica versione della bevanda a base di cocco è utilizzata principalmente come dolcificante nei cibi o nel tè o nel caffè: può assumere anche la forma solida con l’aggiunta di zucchero.
I distillati delle Figi: poco amati in patria, apprezzati nel mondo
Una menzione infine per i distillati che vengono realizzati alle Figi: se, come detto in precedenza, la popolazione locale non apprezza particolarmente queste bevande, è altrettanto vero che la coltivazione della canna da zucchero da cui si ottengono costituisce una delle voci più importanti dell’economia figiana, insieme a quella delle palme da cocco e delle piante tropicali da cui si ricava la frutta.
In questa categoria di prodotti, per esempio, troviamo il ‘Plantation Fiji’: si tratta di un rum realizzato dalla South Pacific Distillery a partire dal 2009. Al naso è intenso: si apre con profumi di fico d’India e note legnose per poi passare ad aromi più fruttati e speziati come banana e noce moscata.
Al palato è ricco e rotondo, con sentori di caramello alla vaniglia, cacao, birra allo zenzero e note di mela cotogna, nocciola e cocco. Un distillato che, come gli altri realizzati dallo stesso marchio (l’unico presente nell’arcipelago) senza dubbio costituisce il biglietto da visita più conosciuto nel mondo per quanto riguarda le bevande figiane.
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