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Le bevande tradizionali di Cipro

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai prodotti tipici di tutto il pianeta. Questa settimana il tour approda a Cipro: l’isola, fin dall’antichità, per la sua posizione strategica (è situata a soli 70 km dalle coste della Turchia) è al centro delle rotte mercantili verso l’Asia e fulcro dei commerci e degli scambi nel Mediterraneo orientale.

Per questo motivo, nel corso dei secoli, ha subito l’influenza culturale di numerosi popoli e diversi eserciti hanno combattuto per conquistarne il controllo: fra questi quello bizantino e, proprio alla dominazione dell’Impero romano d’Oriente, si deve la diffusione di quella che, nel tempo, è diventata la bevanda tradizionale cipriota per eccellenza.

Si tratta dell’ ‘Hardaliye’, ovvero un prodotto fermentato a base di uva originariamente tipico della Tracia orientale (la parte europea della Turchia) e in particolare della città di Kırklareli, la cui ricetta, secondo gli storici, è stata realizzata per la prima volta 2000 anni fa circa.

Per la preparazione sono necessari mosto d’uva, grani di senape, foglie pestate di amareno e acido benzoico: quest’ultimo, unito agli oli contenuti nei semi di senape, agisce sui lieviti naturalmente contenuti negli acini, impedendo un’eccessiva fermentazione alcolica del mosto.

Cipro Hardaliye

I grani di senape conferiscono allo ‘Hardaliye’ il suo gusto caratteristico, tanto è vero che il nome del prodotto deriva da hardal, che in turco significa appunto ‘senape’: anche le foglie di amareno servono a migliorare il gusto della bevanda, rendendola maggiormente dolce.

La ricetta consente l’utilizzo di qualunque tipo di uva, rossa o bianca, anche se in genere si tende a preferire le varietà rosso scuro, specialmente quando queste sono fortemente aromatiche: fra quelle storicamente più utilizzate e particolarmente adatte troviamo merlot, syrah, moscato nero, papaskarasi e pamit.

La procedura per realizzarlo è relativamente semplice: durante la stagione della vendemmia alcuni acini freschi vengono schiacciati e trasferiti in un recipiente dove sono alternati a strati di semi di senape (pestati e tostati) e foglie di amareno: l’impasto viene quindi lasciato maturare a temperatura ambiente.

La fermentazione lattica richiede da una a tre settimane a seconda del tempo che fa (il processo rallenta quando le temperature scendono): per effettuare questo procedimento, in passato, si utilizzavano esclusivamente recipienti in legno (soprattutto quercia) o terracotta, ma oggi viene impiegata anche la plastica.

Al termine della fermentazione, l’Hardaliye viene filtrato e imbottigliato a una temperatura di circa 4 gradi. Si può degustare fresco o fare invecchiare per quattro mesi: nel secondo caso, saltuariamente, presenta una piccola percentuale alcolica, ma culturalmente viene considerata una bevanda analcolica.

Oltre ad avere un gusto molto gradevole, questo prodotto può apportare molti effetti benefici per la salute: questo grazie alle proprietà organolettiche degli ingredienti, particolarmente ricchi di vitamine e antiossidanti. Per questo motivo, nella medicina tradizionale, si utilizza per potenziare il sistema immunitario, stabilizzare la pressione sanguigna e mantenere in buono stato l’apparato circolatorio e il sistema digestivo.

Parallelamente alla diffusione dell’Hardalie, nel corso dei secoli, su tutta l’isola si è sviluppata la viticoltura, motivo per cui a Cipro oggi si realizzano diversi vini: il capostipite, con una storia antichissima, è il Commandaria, prodotto con un mix di uve nere e bianche spesso provenienti dal medesimo vigneto.

Commandaria

Riconosciuto dal Guinness dei primati come il vino con il nome più antico del mondo (tale denominazione fu utilizzata per la prima volta dal poeta greco Esiodo nell’800 a.c.), secondo la leggenda re Riccardo Cuor di Leone d’Inghilterra ne rimase così affascinato che, in occasione del suo matrimonio, nel 1191, lo definì ‘il vino dei re e il re dei vini’.

Questo vino, oggi, matura in botti di legno per almeno due anni, rendendo possibile ottenere un prodotto dall’aroma dolce, con una gradazione alcolica del 15% e di colore ambrato scuro. Un’altra delle peculiarità di questo prodotto risiede nell’altitudine alla quale vengono coltivate le uve, così come il terreno che presenta molte componenti calcaree che gli conferiscono un profilo aromatico assai particolare.

Uva che, nell’antichità, a Cipro ha rivestito un ruolo importante anche nella produzione delle proto-birre: dagli acini infatti si ricavava il lievito. Questo quanto emerso dal ritrovamento di un birrificio risalente a circa 3500 anni fa nel sito archeologico di Kissonerga-Skalia.

Coltivazione della vite che quindi riveste un ruolo centrale nella cultura cipriota: alle bevande ottenute dalla viticoltura si uniscono quelle derivate dal latte, come nel caso dell’ ‘Ayran’, la cui fermentazione, tecnicamente, assomiglia a quella del vino in quanto si tratta di un procedimento a base zuccherina che viene effettuato lasciando ribollire per diversi giorni il latte di giumenta non pastorizzato.

Questo viene inoltre mescolato o sbattuto occasionalmente finché non inizia a creare numerose bolle: in seguito, alla fine del processo, i lieviti e i lattobacilli trasformano il latte in un bevanda leggermente acida e alcolica, da sempre molto apprezzata dai ciprioti come alternativa alle altre bevande tradizionali locali come i vini e le antenate delle moderne birre.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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