L’Epifania come sempre tutte le feste si è portata via, come dice il ben noto proverbio, e per arrivare a feste comandate che portino con sè giorni di ferie lavorative ci vorrà del tempo; a livello di feste popolari invece, ne sta arrivando una che da sempre nelle campagne italiane è molto sentita, quella di Sant’Antonio Abate.
Si tratta del famoso Sant’Antonio “del porcellino” che quasi sempre è presente in ogni chiesetta di campagna proprio perché la sua figura era quella che tutelava gli animali che una volta erano i più stretti compagni di vita dell’uomo, lontano anni luce dalla vita urbana oggi prevalente.
E come ogni festa popolare che si rispetti veniva santificata anche con alcuni piccoli dolcetti preparati per esser mangiati insieme dopo le celebrazioni. Tra le varie specialità regionali parliamo oggi di una tipica della Sardegna che è detta popolarmente “su pistiddu”. Si tratta di un dolce semplice, una sorta di piccola crostata sarda, fatta di pasta sfoglia ripiena e di un impasto realizzato con una sorta di mosto cotto (la Sapa, ottenuta da una lunga cottura del mosto d’uva con varie aggiunte di aromi naturali).

La forma del Pistiddu è tondeggiante con uno strato di pasta frolla di base che dopo la stesura del ripieno viene ricoperto da un altro strato di pasta poi ampiamente decorato attraverso dei tagli che lasciano intravedere sotto il ripieno; il suo nome deriva dal verbo dialettale “pistiddare” ovvero pestare.
È un dolce caratteristico del nuorese e si trova tuttora nei forni di vari centri della Barbagia; una volta veniva invece preparato dalle famiglie dei paesi e distribuito dopo i falò accesi nelle piazze il giorno di Sant’Antonio, ma anche a Carnevale. Del Pistiddu esistono anche varianti con miele o marmellata di fichi d’india, o differenti nella forma, talvolta non classicamente tonda o sottile, ma squadrata o più spessa.




