Non un semplice vino, ma il simbolo sacro del sangue di Cristo secondo il Codice di Diritto Canonico
Il vino che bevono i preti a Messa: un rituale regolato con precisione dalla Chiesa
Il vino che bevono i preti a Messa è molto più di una semplice bevanda: è un elemento sacro, centrale nella liturgia eucaristica e vincolato a precise norme del Codice di Diritto Canonico. In particolare, l’articolo 924 stabilisce che questo vino deve essere naturale, prodotto dal frutto della vite, non corrotto e autorizzato dalla Curia. Si tratta quindi di un vino speciale, selezionato con attenzione e impiegato esclusivamente per il rito della Messa, dove viene consacrato e trasformato – secondo la dottrina cattolica – nel sangue di Cristo.
Requisiti del vino secondo il Codice di Diritto Canonico
Affinché il vino possa essere usato validamente nella celebrazione eucaristica, deve rispondere a requisiti molto rigorosi. Innanzitutto, deve essere prodotto unicamente da uva, senza l’aggiunta di aromi, dolcificanti o altri ingredienti. Inoltre, deve essere integro e non alterato, cioè privo di difetti come acidità eccessiva, muffe o fermentazioni anomale. Il vino guasto o corrotto non solo è ritenuto inadeguato, ma invalida la consacrazione, rendendo nullo il sacramento. Infine, per essere utilizzato ufficialmente, il vino deve essere approvato dalla Curia diocesana o da un’autorità ecclesiastica competente, che ne certifica l’idoneità all’uso liturgico.
La fortificazione del vino per la conservazione
In alcune circostanze, specialmente in regioni calde o dove la conservazione può risultare difficile, la Chiesa ammette l’uso di vino leggermente fortificato con alcol, purché tale fortificazione avvenga prima della fermentazione e non modifichi la natura del prodotto. Questo accorgimento, approvato in via eccezionale, serve a mantenere intatte le proprietà organolettiche del vino, evitando che vada incontro a deterioramento. L’aggiunta di alcol puro, però, deve essere sempre segnalata e autorizzata per non compromettere la validità del sacramento.
Sicilia e Marsala: culla del vino da Messa
Una delle regioni italiane più note per la produzione di vino da Messa è senza dubbio la Sicilia, patria del celebre Marsala, un vino naturalmente robusto e aromatico, ideale per la conservazione. Non è raro che i preti utilizzino una versione speciale di Marsala, prodotta secondo i criteri imposti dalla Chiesa, meno dolce e più neutra rispetto a quella destinata al consumo quotidiano. Alcune cantine siciliane, infatti, producono da secoli vino liturgico certificato, distribuito attraverso i canali ecclesiastici ufficiali. La scelta del Marsala non è solo pratica, ma anche legata alla tradizione: la sua ricchezza e rotondità accompagnano con dignità la solennità della liturgia.
Il significato simbolico del vino consacrato
Durante la Messa, il vino viene consacrato dal sacerdote e, secondo la fede cattolica, diventa realmente il sangue di Cristo attraverso il mistero della transustanziazione. Questo lo rende un elemento intoccabile, inviolabile e sacro. Per questo motivo, il vino consacrato non può mai essere versato o utilizzato in modo improprio. Qualsiasi azione irrispettosa, intenzionale o negligente, nei confronti del calice consacrato può comportare sanzioni gravissime, compresa la scomunica. Alla fine della celebrazione, il sacerdote deve consumare tutto il vino consacrato rimasto, affinché non venga disperso o contaminato.
Il ruolo del velo liturgico e delle pratiche protettive
Per proteggere il contenuto del calice da impurità, polvere o insetti, durante la celebrazione viene utilizzato un velo liturgico (detto anche palla o paliotto), che lo copre fino al momento della consacrazione. Si tratta di un gesto carico di simbolismo, che esprime il rispetto e la cura verso ciò che sta per diventare sacro. Anche il gesto della mischiola – l’aggiunta di una goccia d’acqua nel vino – è ricco di significato: rappresenta l’unione della natura umana con quella divina di Cristo, oltre a richiamare l’acqua uscita dal costato del Salvatore.
La distribuzione e il consumo del vino liturgico
Il vino da Messa non è acquistabile nei normali supermercati. La sua produzione e distribuzione avviene attraverso canali controllati, spesso gestiti da diocesi, conventi o aziende vinicole con una lunga tradizione nel settore. Ogni bottiglia deve riportare la dicitura “vino per uso liturgico” e spesso viene accompagnata da una dichiarazione firmata da un’autorità ecclesiastica. I preti possono conservarlo in sacrestia, sempre in condizioni adeguate e con la dovuta attenzione alla data di scadenza. Anche se non consacrato, il vino liturgico è trattato con rispetto e utilizzato esclusivamente per la Messa o per riti sacramentali.
Un vino diverso per un significato unico
Sebbene possa sembrare simile ad altri vini, quello usato nella liturgia cattolica è unico per significato, utilizzo e valore simbolico. Ogni dettaglio – dalla sua produzione alla consacrazione – è pensato per garantire che il vino non sia solo buono da bere, ma degno di rappresentare il sangue di Cristo. È un vino che unisce liturgia, tradizione, territorio e spiritualità, che racconta una storia millenaria e si rinnova ogni giorno, in ogni chiesa del mondo.
Il vino che bevono i preti a Messa è un sacramento liquido
Il vino che bevono i preti a Messa non è un vino da degustazione, né da intenditori, ma un vino spirituale, destinato a un solo scopo: rendere presente, sull’altare, il sacrificio di Cristo. Per questo è selezionato con rigore, trattato con riverenza e consumato con profondo rispetto. Dalla vigna alla sacrestia, è un vino che attraversa la terra per diventare segno del cielo.
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