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2024, un anno difficile per le coltivazioni italiane di orzo da birra

Il 2024, in Italia, ha fatto registrare un pesante calo dei raccolti di orzo da birra: un problema che blocca la crescita della filiera.

I cambiamenti climatici minacciano la birra italiana con maltempo e siccità che, ogni anno, causano gravi danni ai raccolti d’orzo rendendo sempre più necessarie misure di sostegno alle imprese: queste sono indispensabili per tutelare un settore dalle elevate potenzialità che sta diventando sempre più importante anche per la crescita dell’economia nazionale.

Questo l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione della ‘Giornata nazionale del cereale italiano’, con i produttori provenienti da tutta Italia riunitisi a Palazzo Rospigliosi (Roma), dove, per l’occasione, è’ stata allestita una grande esposizione che ha avuto come protagonisti i diversi tipi d’orzo coltivati nelle regioni italiane: senza dubbio alcuni dei numerosi simboli della biodiversità e dell’agricoltura del nostro Paese.

Il 2024 ha confermato le preoccupazioni riguardo gli effetti del clima sui raccolti, con l’assenza di pioggia che, in diverse aree della penisola, ha penalizzato l’orzo, facendo drasticamente calare le rese, anche del 5% rispetto all’anno precedente. Unica nota positiva il fatto che il prodotto si presenta comunque di ottima qualità.

Un fattore, quello dei cambiamenti climatici, che rischia di diventare strutturale, mettendo in pericolo la crescita della filiera della bevanda 100% italiana dal campo alla tavola: un settore che, su tutto il territorio nazionale, sta vedendo anche lo sviluppo di esperienze importanti, come la nascita delle strade della birra che hanno l’obiettivo di sviluppare il turismo brassicolo lungo tutta la penisola.

Basti pensare al caso della Sardegna, dove è stato avviato il primo progetto di filiera della birra voluto dalla Coldiretti per rilanciare la produzione brassicola sull’isola e creare un modello replicabile in altre regioni: questo con il coinvolgimento di 20 birrifici locali, un produttore di luppolo e una cooperativa attiva nella coltivazione dei cereali.

Con l’Italia ancora costretta ad importare il 65% del suo fabbisogno di malto d’orzo, vi è dunque l’impellente necessità di sostenere la crescita della filiera agricola, dando alle aziende l’opportunità di diversificare maggiormente le proprie colture, come sta avvenendo nel caso del luppolo, l’altro ingrediente fondamentale e simbolo della birra.

Da due decenni circa, infatti, lungo tutto lo stivale, si sta assistendo ad una sempre maggiore professionalizzazione delle coltivazioni dedicate alla produzione della bevanda: questo grazie anche all’azione di alcune associazioni di categoria ed al coinvolgimento di numerose cooperative agricole specializzate nella coltivazione dei cereali.

Un lavoro che, per essere portato avanti, necessita di adeguate misure di sostegno a favore delle aziende, sempre più colpite e danneggiate non solo dalle avversità atmosferiche, ma anche dagli aumenti dei costi sia delle materie prime che dell’energia: questi infatti sono diventati strutturali nonostante la discesa dell’inflazione e ciò ha ridotto i margini di reddito.

In tale ottica, sottolinea la Coldiretti, sarebbe importante il ripristino della riduzione delle accise per i microbirrifici che è cessata lo scorso anno: secondo la medesima associazione di categoria, inoltre, occorre sviluppare delle soluzioni innovative per quanto riguarda le coltivazioni dato che il progresso consentirà di contenere gli impatti dei cambiamenti climatici. Questo obiettivo si potrà raggiungere anche sviluppando la ricerca genetica, sperimentando nuove e più resistenti varietà di cereali.

Un tema importante dato che oggi la filiera della birra artigianale italiana vede oltre 1200 birrifici operativi sparsi lungo tutta la penisola, di cui circa un quarto è agricolo, ovvero produce localmente le materie prime necessarie alla realizzazione della bevanda: questa è una percentuale che, negli ultimi dieci anni, ha fatto registrare un tasso di crescita importante e soprattutto costante.

Al netto delle difficoltà causate dai cambiamenti climatici e dall’impatto delle crisi internazionali sui costi delle materie prime, la birra artigianale è entrata sempre più nelle case degli italiani, con una produzione annua di 48 milioni di litri, di cui quasi 3 mln di litri destinati all’export e un valore di oltre 430 mln di euro sul mercato: questo garantisce 92.000 posti di lavoro tra addetti diretti e indiretti.

Peraltro, secondo uno studio commissionato dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca, il 60% degli italiani preferisce la birra prodotta con ingredienti 100% made in Italy e, in particolare, il luppolo nostrano risulta particolarmente apprezzato da chi sceglie prodotti sostenibili e a chilometro zero.

Da qui, secondo la Coldiretti, nasce la necessità di rimarcare presso le istituzioni l’importanza di fornire un sostegno strutturale al prodotto artigianale italiano, estendendo la presenza della birra non solo nella grande distribuzione, ma anche nei ristoranti e negli agriturismi: questo accompagnato dal ripristino della riduzione delle accise per i piccoli produttori.

Come scritto in precedenza, infine, cresce anche il fenomeno del turismo birrario con quasi un viaggiatore su cinque che, nell’ultimo anno, ha visitato un birrificio o partecipato ad eventi dedicati all’antica bevanda che sono sempre più numerosi durante tutto l’anno.

Un altro aspetto che mette in evidenza come, in generale, continui a crescere l’apprezzamento nei confronti della filiera birraria nostrana: questo avviene soprattutto grazie al lavoro delle piccole realtà artigianali, sempre più radicate sul territorio nazionale.

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