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Birre invecchiate in botti che contenevano vino o distillati

Le birre invecchiate in botti che contenevano vino o distillati: come può cambiare il profilo aromatico dell’antica bevanda?

Nell’ultimo articolo della rubrica ‘Giro del mondo in birra’, dedicato ai prodotti brassicoli del Portogallo, e alla loro storia, abbiamo sottolineato come il Paese sia maggiormente conosciuto per la produzione vitivinicola, soprattutto grazie al Porto, il vino liquoroso originario dell’omonima città portoghese.

Allo stesso tempo però, soprattutto a partire dagli ultimi due decenni, in quella che nell’antichità era conosciuta come Lusitania dal nome del popolo che vi abitava, si sta progressivamente facendo conoscere un’interessante e variegato settore birrario artigianale: un movimento che, in alcune delle referenze proposte, fa incontrare armoniosamente il mondo della birra e quello del vino.

Nel medesimo articolo, per fare un esempio di questo connubio, abbiamo citato il piccolo birrificio di Porto ‘Sovina’ che, per rendere omaggio al suo luogo di nascita, invecchia le sue birre in botti che, in precedenza, contenevano l’omonimo vino: un procedimento che conferisce alla bevanda un sapore profondo e complesso.

Gli esempi di birre invecchiate in botti (conosciute anche con il nome di ‘barricate’) sono sempre più numerosi: per il momento, però, restano il Belgio e gli Stati Uniti, dove sono nate, i Paesi nei quali sono maggiormente prodotte, nonostante sia possibile usare tale tecnica per quasi tutti gli stili brassicoli (le più adatte sono le birre acide e quelle con un elevato tasso alcolico).

Birre invecchiate in botti

Queste infatti rappresentano ancora una piccola nicchia nel mercato mondiale della bevanda, ma, piano piano, stanno suscitando sempre maggiore interesse anche per l’aura di esclusività che le ammanta.  Sono un mondo a sé stante, in effetti, nel quale entrano in campo variabili nuove e molto più complesse rispetto a quelle date dalle produzioni standard: per questo ai mastri birrai è richiesta una particolare abilità durante la fase di abbinamento fra una determinata birra ed un tipo di legno, nel selezionare correttamente le botti a seconda del fatto che in precedenza avessero contenuto vino, whisky o bourbon.

La scelta delle materie prime, inoltre, impone anche delle attenzioni specifiche nella scelta del luppolo: mentre per gli stili classici si ricercano i coni più freschi, floreali e agrumati, per una birra invecchiata in botte devono essere utilizzati luppoli vecchi di almeno un anno e ben conservati dato che, in caso contrario, nel prodotto finale, la componente amara e quella acida non risulterebbero equilibrate.

Il luppolo viene quindi lasciato fermentare per un arco di tempo superiore ai dodici mesi, ovvero fino a quando diventa poco amaro e non presenta alcun profumo e può essere impiegato in quantità maggiori, anche  doppie, rispetto a quanto avviene per una normale birra: questo consente di arricchire la bevanda di antiossidanti.

Come detto, è possibile eseguire la fermentazione anche in tini in precedenza utilizzati per fermentare diversi tipi di distillati, e questo consente di ottenere un’infinità di profili aromatici. Le stesse possibilità che vengono conferite dalle varie tipologie di legno impiegate: quello di acacia, ad esempio, indicato per le lunghe maturazioni, dona alla birra un sentore morbido e resinoso; il ciliegio, invece, apporta alla bevanda un aroma fruttato e avvolgente.

Oltre alle caratteristiche sensoriali conferite dal legno, la birra acquisisce anche quelle della bevanda che in precedenza ha sostato nella botte: l’utilizzo di botti nuove nel settore della birra è infatti molto raro, in quanto, oltre ad essere acquistabili solo a prezzi molto elevati, conferiscono caratteristiche sensoriali troppo spiccate.

birra e botti

L’utilizzo di tini di seconda mano, invece, le rende meno caratterizzanti, in quanto il vino o il distillato che ci ha sostato in precedenza ha già estratto la maggior parte dell’aroma e quindi non intaccano eccessivamente il profilo aromatico della birra, snaturandola del tutto. Il legno, inoltre, ha assorbito le caratteristiche del suo precedente ospite, quindi si è arricchito di nuovi aromi che verranno passati alla birra.

Un fattore da tenere in considerazione durante l’invecchiamento di una birra in legno è l’ossidazione, in quanto le botti sono porose e l’ossigeno gradualmente viene assorbito dall’esterno: una lenta e costante ossidazione è una parte importante della maturazione e può conferire alla bevanda nuove caratteristiche con una diminuzione del gusto amaro conferito dal luppolo e un’intensificazione delle note dolci del malto.

Se gestita con attenzione, questa consente lo sviluppo di caratteristiche aromatiche positive, a differenza delle ossidazioni incontrollate che portano a note di muffa e di carta, oppure  ad un eccessivo incremento delle note acide a causa dello sviluppo di batteri acetici.

Il lento, ma progressivo, incremento della sperimentazione da parte di mastri birrai di tutto il mondo nell’uso di botti in legno precedentemente contenenti vino o distillati per l’affinamento delle birre, fa presupporre che vi saranno ulteriori interessanti sviluppi di questa tecnica e che probabilmente si affermerà, costruendo un proprio mercato di nicchia anche in Italia, quello che, a tutti gli effetti, è un nuovo stile brassicolo con tutte le sue varianti.

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