Per anni la Chartreuse era stata dimenticata. Grazie a Marcovaldo Dionysos e Murray Stenson nei primi anni del 2000 è tornata alla ribalta. E ne siamo felici. Perché è un liquore particolarmente interessante nei cocktail. Non a caso è protagonista di diversi classici, dal Last Word all’Alaska. Ma anche di diversi signature e twist on classic.
La storia della Chartreuse ha origini lontane. Eccovi una sintesi
Intanto, chi abbia pensato per primo alla Chartreuse non è chiaro. Ma abbiamo alcune certezze: in un documento del 16 maggio 1605 si legge che il maresciallo di artiglieria François-Hannibal d’Estrées, Marchese di Coeuvres, regala il manoscritto di un alchimista ai monaci certosini di Vauvert, celebri per la loro conoscenza dell’arte galenica.
Ed è proprio nel manoscritto che i monaci leggono di una formula per un Elisir di lunga vita. Composizione però tanto complessa che solo nel 1737 si arriva a stabilirne la ricetta.
Così nasce l’Elixir Végétal, oggi prodotto con il nome di Elisir vegetale della Grande-Chartreuse, ottenuto dall’infusione in alcol di 130 varietà di erbe medicinali e aromatiche e con un grado alcolico di 71°.
Qualche anno dopo, nel 1764, arriva la Chartreuse Verte realizzata con 132 erbe, dal colore verde. Ha “solo” 55° e si conquista l’epiteto di Liquore della salute.
Per quanto riguarda invece la produzione della Chartreuse Gialla (di “appena” 40° e più dolce al palato per via del miele) è ulteriormente posteriore.
L’assemblaggio dei liquori Chartreuse è avvenuto fino ai primi mesi del 2017 nelle cantine di Voiron, risalenti al 1860. Oggi si produce ad Aiguenoire, a soli 12 chilometri dal monastero della Grande Chartreuse. La settima distilleria dei Padri Certosini è stata ufficialmente inaugurata il 30 agosto 2017 e concepita nel pieno rispetto dell’ambiente con un progetto che presta particolare attenzione all’integrazione del paesaggio e alla scelta dei materiali resistenti: legno, pietra, vetro.