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Cicala africana: la nuova minaccia per la vite in Italia

Un insetto invasivo risale la penisola e mette a rischio i vigneti italiani

La cicala africana si diffonde dal Sud e preoccupa i viticoltori

La cicala africana, insetto originario dell’Africa subsahariana, è oggi una delle principali preoccupazioni del settore vitivinicolo italiano. Già segnalata in numerose aree della Sicilia e della Calabria, questa specie invasiva sta lentamente risalendo la penisola, favorita dal cambiamento climatico e dall’assenza di predatori naturali. Gli esperti lanciano l’allarme: se non si interviene in modo tempestivo, l’impatto sulle coltivazioni di vite potrebbe essere devastante, compromettendo intere vendemmie e mettendo a rischio l’equilibrio economico delle zone viticole più pregiate. La cicala africana non è pericolosa per l’uomo, ma lo è per le piante: si nutre infatti della linfa, indebolendo la pianta fino a causarne il disseccamento. I vitigni risultano particolarmente vulnerabili, soprattutto nelle fasi più delicate del ciclo vegetativo.

Un’invasione silenziosa che ha trovato terreno fertile nel Sud Italia

L’arrivo della cicala africana in Italia non è un fenomeno improvviso. Le prime segnalazioni risalgono a oltre dieci anni fa, ma solo recentemente l’insetto ha cominciato a diffondersi in modo preoccupante. Le regioni meridionali, già provate dalla siccità e dal riscaldamento globale, si sono rivelate un habitat ideale per questa specie, che riesce a completare il suo ciclo vitale in tempi rapidi.

L’assenza di un controllo naturale ha accelerato la colonizzazione, e oggi la sua presenza è documentata anche in Puglia, Basilicata e Campania. Le condizioni climatiche più miti del Centro Italia aprono la strada a un’ulteriore espansione verso nord, con il rischio concreto che, nei prossimi anni, la cicala africana possa raggiungere i grandi distretti vitivinicoli di Toscana, Marche e perfino Piemonte.

Come agisce la cicala africana: un danno sistemico alla pianta

La cicala africana, a differenza di altri insetti, non trasmette virus o batteri, ma agisce direttamente sul sistema linfatico delle piante. Si nutre infatti della linfa grezza prelevata attraverso il tronco e i rami più giovani. Questa azione provoca un rallentamento del metabolismo vegetale, portando a un progressivo indebolimento della pianta.

I sintomi più visibili sono l’imbrunimento delle foglie, la deformazione dei tralci e la riduzione della produzione di grappoli. Nei casi più gravi si arriva al disseccamento della vite. Le giovani piante sono le più colpite, ma anche i vigneti adulti subiscono danni gravi, soprattutto se sottoposti a stress idrico o coltivati in terreni poveri. L’insetto è particolarmente attivo nei mesi caldi, tra maggio e settembre, e le sue larve possono restare nel terreno anche per due anni prima di emergere.

I viticoltori italiani chiedono misure urgenti e supporto istituzionale

La diffusione della cicala africana sta mettendo in ginocchio molti piccoli produttori che si trovano a fronteggiare una minaccia nuova e ancora poco studiata. Le associazioni di categoria chiedono interventi concreti, sia a livello regionale che nazionale. Servono fondi per la ricerca, incentivi per adottare sistemi di monitoraggio e piani di difesa fitosanitaria che includano anche metodi biologici.

Alcuni viticoltori hanno già iniziato a utilizzare trappole adesive e reti protettive, ma il costo elevato di queste soluzioni ne limita la diffusione. Inoltre, non esistono ancora trattamenti fitosanitari specifici per questo tipo di insetto, il che rende ancora più urgente l’attivazione di tavoli tecnici tra Ministero dell’Agricoltura, istituti agronomici e università. La posta in gioco è alta: l’Italia è il primo produttore mondiale di vino e la vite è una delle colture più identitarie del Paese.

La minaccia globale delle specie invasive in un clima che cambia

La presenza della cicala africana in Italia è solo l’ennesimo segnale di un fenomeno più ampio: la globalizzazione delle specie e la fragilità degli ecosistemi di fronte ai cambiamenti climatici. Negli ultimi decenni, insetti e parassiti provenienti da altri continenti hanno colonizzato l’Europa, spesso a causa del commercio globale e del trasporto di piante infette. La cimice asiatica, il punteruolo rosso, la Xylella fastidiosa e ora la cicala africana sono solo alcuni esempi di come una nuova specie possa alterare interi equilibri agricoli.

Il riscaldamento del Mediterraneo ha ampliato le aree adatte alla sopravvivenza di queste specie, rendendo possibile la loro espansione anche in regioni prima inadatte. La lotta alle specie invasive richiede strategie globali, ma anche azioni concrete e rapide a livello locale.

Prevenzione, ricerca e biodiversità: le armi per difendere la vite

Contro la cicala africana non esiste al momento un’unica soluzione, ma un approccio integrato può fare la differenza. Gli agronomi suggeriscono una combinazione di prevenzione, monitoraggio e gestione sostenibile dei vigneti. Il primo passo è la conoscenza: saper riconoscere i sintomi, intervenire in anticipo e limitare la diffusione dell’insetto sono azioni fondamentali.

L’uso di sensori nei campi, l’analisi del terreno e il monitoraggio delle larve possono aiutare a individuare le zone più a rischio. Anche la biodiversità gioca un ruolo cruciale: vigneti più resilienti, con siepi naturali e colture complementari, possono limitare l’impatto delle infestazioni. In parallelo, occorre finanziare la ricerca per individuare antagonisti naturali o soluzioni biotecnologiche capaci di controllare la popolazione della cicala africana senza ricorrere a pesticidi dannosi per l’ambiente.

Il vino italiano di fronte a una nuova sfida: restare leader mondiale

La produzione di vino in Italia non è solo un’attività economica: è cultura, storia, identità. Ogni regione ha i suoi vitigni, le sue tradizioni, i suoi sapori. Proteggere la vite significa proteggere una parte essenziale del patrimonio italiano. La cicala africana rappresenta una minaccia concreta a questo ecosistema, ma anche un’occasione per ripensare il modello agricolo e renderlo più resiliente.

Le aziende vitivinicole più lungimiranti stanno già investendo in innovazione e sostenibilità, cercando soluzioni che coniughino qualità del prodotto e rispetto per l’ambiente. La sfida sarà mantenere alta la competitività del vino italiano, senza compromettere l’equilibrio dei territori. In questo scenario, il ruolo delle istituzioni e della ricerca sarà determinante, così come quello dei consumatori, sempre più attenti all’origine e alla qualità dei prodotti che portano in tavola.

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FAQ

Cos’è la cicala africana?
La cicala africana è un insetto originario dell’Africa subsahariana che si nutre della linfa delle piante. Negli ultimi anni si è diffusa in Italia, risalendo dal Sud, dove ha trovato condizioni favorevoli grazie al cambiamento climatico.

Perché la cicala africana è pericolosa per la vite?
Questo insetto si alimenta della linfa grezza, causando stress fisiologico alle piante, riduzione della produzione e, nei casi più gravi, disseccamento della vite. I danni si manifestano con deformazioni, foglie imbrunite e calo della resa.

In quali regioni italiane è presente la cicala africana?
Le prime segnalazioni sono arrivate da Sicilia e Calabria. Oggi l’insetto è presente anche in Puglia, Basilicata, Campania e si sta espandendo verso il Centro e il Nord Italia, minacciando aree vitivinicole di pregio.

La cicala africana è pericolosa per l’uomo?
No, la cicala africana non è pericolosa per l’uomo. I rischi riguardano esclusivamente le piante, in particolare la vite, e gli effetti economici sulla filiera del vino.

Quali sono i sintomi della presenza della cicala africana nei vigneti?
I sintomi più comuni sono: foglie che ingialliscono o si seccano, deformazioni nei tralci, grappoli poco sviluppati, e perdita di vigore generale della pianta. Nei giovani impianti i danni possono essere irreversibili.

Come si può contrastare la cicala africana?
Attualmente non esiste un trattamento chimico specifico. Le strategie consigliate includono il monitoraggio delle larve, l’uso di trappole e barriere fisiche, la promozione della biodiversità e la ricerca di antagonisti naturali.

Che ruolo gioca il cambiamento climatico nella diffusione della cicala africana?
Il riscaldamento globale ha favorito l’adattamento della cicala africana a climi mediterranei, accelerando la sua espansione anche in aree precedentemente inadatte. Inverni miti e lunghi periodi di caldo favoriscono il ciclo vitale dell’insetto.

Esistono fondi o aiuti per i viticoltori colpiti?
Le associazioni agricole stanno chiedendo l’intervento delle istituzioni per finanziare la ricerca, sostenere la difesa fitosanitaria e fornire supporto ai produttori colpiti. Ad oggi, però, non esistono fondi strutturati a livello nazionale.

Marco Zanetti
Marco Zanetti
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