HomeFoodNuovi presidi slow food in Calabria: “pruna dei frati" e "piparelle"

Nuovi presidi slow food in Calabria: “pruna dei frati” e “piparelle”

Con il nuovo anno arrivano due nuovi presidi slow food e vengono questa volta dalla Calabria, si tratta di una varietà di susine storiche e di un prodotto dolciario.

Ha creduto in questo progetto, oltre che i produttori e gli agricoltori del territorio, la Città metropolitana di Reggio Calabria attraverso la quale è stato possibile arrivare al risultato; i due prodotti sono la “pruna dei frati” di Terranova e le “piparelle” di Villa San Giovanni.

Le piparelle di Villa San Giovanni dei sono biscotti secchi sottilissimi molto apprezzati che, come spiega Francesco Foti referente Slow food del presidio, hanno una storia lunga più di un secolo e si producono con mandorle, zucchero miele, farina e spezie varie. L’istituzione del presidio Slow food è stata ricercata, non tanto per la necessità di valorizzare il prodotto che ha già un suo pubblico appassionato, quanto per quella di difenderlo dalle imitazioni che sempre più stavano “sporcando” questo prodotto tradizionale del territorio, unico seppur per certi aspetti simile a quello omonimo prodotto a Messina. Così sul tema il referente Foti: “Oggi, pur di far colpo sugli acquirenti, si trovano varianti di ogni genere, piparelle aromatizzate in tutti i modi. Noi crediamo che vadano salvaguardate quelle tradizionali, prodotte con ingredienti locali: il miele reggino, la farina italiana, le mandorle, che arrivano dalla Sicilia o dalla Puglia”.

piparelle slow food

Per quanto riguarda le prugne invece, parliamo di un frutto di limitatissima produzione ed estensione di coltivazione, una varietà molto adattata ai terreni in cui vive (molto argillosi) che a fine luglio produce frutti che spesso per essere conservati vengono seccati o trasformati in confettura.

Una bella diversificazione per un territorio che è noto soprattutto per agrumi e olive, e il riconoscimento come presidio Slow food vuole far sì che questa coltivazione, invece di essere abbandonata, possa diventare uno strumento certo di reddito per gli agricoltori.

L’origine di questa varietà di prugne si fa risalire ai monaci benedettini celestini del convento di Terranova nel 1500 (come suggerisce anche la gran quantità di piante ormai inselvatichite che crescono tra i ruderi del monastero). «Sono molto dolci eppure non stucchevoli, con una bella acidità – racconta Francesco Saccà, referente Slow Food del Presidio – e la loro particolarità è la facilità con cui il seme si separa dalla polpa: basta un morso».

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Redazione ApeTime
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