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Rate Beer: dal primo febbraio cessa l’attività

Dal primo febbraio cessa la propria attività il portale web ‘Rate Beer’: la fine di un’era per gli addetti ai lavori e tutti gli amanti della birra.

Una delle rubriche pubblicate su questa rivista è stata quella dal titolo ‘Giro del mondo in birra’: un affascinante viaggio intorno al pianeta alla scoperta di tutte le referenze brassicole artigianali che sono state lanciate sul mercato negli ultimi decenni.

Un tour che ha offerto l’opportunità di scoprire anche quelle realizzate in sperduti angoli dell’oceano Pacifico oppure in piccoli arcipelaghi caraibici o in Paesi che, nonostante guerre civili o situazioni economiche particolarmente difficili, contano anche una sola referenza birraria.

Abbiamo raccontato, ad esempio, di come, quasi incredibilmente, nell’isola di Tonga venga prodotta una pastry stout, ovvero una delle più recenti icone del palcoscenico americano della birra: qui infatti mancano quasi tutte le materie prime necessarie alla sua produzione, ovvero sciroppo d’acero, marshmallow e frutti secchi quali la nocciola e le noci.

Per ovviare al problema, la referenza in questione (la ‘Pulotu coconut stout’) viene aromatizzata con un frutto tipico tongano: il cocco. Questo ingrediente, miscelato nelle corrette proporzioni con il malto tostato, consente al prodotto finale di presentarsi con una schiuma compatta di color beige e di offrire all’olfatto note di zucchero e un aroma di caffè, proprio come prevede lo stile a stelle e strisce.

Il viaggio è approdato anche nel piccolo arcipelago caraibico di Saint Kitts and Nevis, dove, contrariamente a quello che molti potrebbero pensare, è arrivata la ‘craft beer revolution’, ovvero la rivoluzione delle birre artigianali: merito del ‘Jolly roger brewing’, fondato nel 2018, che si avvale dell’esperienza del mastro birraio americano Tom Nash.

Il birrificio, che in poco tempo ha avuto un importante impatto sul mercato brassicolo dell’arcipelago, propone otto diverse birre che si rifanno ad alcuni stili europei, come nel caso della ‘Pirate pilsner’ che mette in risalto note di luppoli floreali e spezie.

Una delle prime tappe del viaggio era invece stata quella in Burundi, uno dei Paesi più poveri del mondo, dove l’80% circa della popolazione vive con 1,25 dollari americani al giorno, ovvero 1,05 euro: questa la conseguenza anche dei violenti scontri etnici che ne hanno costantemente bloccato lo sviluppo economico e sociale.

Nonostante questa situazione di grande indigenza, anche qui esiste un vero e proprio birrificio, il Brarudi, inaugurato nel 1955 e oggi di proprietà del gruppo Heineken, che produce l’unica birra burundese: si tratta della lager Primus che, con una gradazione alcolica del 4,5%, presenta una fine schiuma bianca ed un intenso aroma di mais.

Un tour che è stato reso possibile dalla presenza di numerose fonti, fra le quali, una delle più importanti e attendibili, è stata RateBeer, ovvero una delle piattaforme più influenti per gli appassionati di birra a livello mondiale, sempre curiosi di scoprire le ultime novità.

Non solo questo però dato che si tratta di una vera e propria inesauribile fonte di notizie per tutti coloro che si cimentano nel raccontare dell’antica bevanda: per tale motivo, la notizia che il sito interromperà le proprie operazioni a partire dal 1° febbraio 2025 è un vero e proprio terremoto per la comunità birraria internazionale.

Fondato oltre due decenni fa da Joe Tucker, RateBeer in breve tempo è infatti diventato un importante punto di riferimento, offrendo uno spazio per condividere passioni ed esperienze: qui era inoltre possibile descrivere in maniera dettagliata tutte le nuove proposte birrarie realizzate in ogni angolo del pianeta.

Il fondatore, nel messaggio pubblicato sul sito, dove annuncia la chiusura, ha espresso gratitudine per il contributo fornito da tutti gli utenti nel plasmare la storia della birra artigianale. Gli iscritti al portale, inoltre, sono stati invitati a caricare le proprie valutazioni e recensioni entro il 18 gennaio 2025, in modo tale che possano essere pubblicate per un’ultima volta.

Un percorso, quello di RateBeer, che, negli anni, è stato scosso solo da una grande polemica: è avvenuto nel 2017, ovvero quando Ab Inbvev, uno dei principali colossi mondiali della birra, ha acquisito una quota delle azioni del portale. Un’operazione che, a suo tempo, ha generato un’ondata di critiche da parte della comunità birraria, preoccupata per la potenziale perdita di indipendenza della piattaforma e per il rischio di interferenze sulle valutazioni dei prodotti artigianali.

Rate Beer

Nonostante questo episodio, RateBeer ha continuato a operare come punto di riferimento per appassionati e professionisti, raccogliendo un vasto archivio di recensioni e informazioni sulla birra e promuovendo sempre le piccole produzioni indipendenti e artigianali, come dimostrano le informazioni raccolte per la nostra rubrica ‘Giro del mondo in birra’.

Le ragioni alla base della chiusura del portale sono quindi altre e la principale è la difficoltà a rimanere competitivo in un mercato che è cambiato significativamente nel corso degli anni: con l’ascesa di piattaforme più moderne e facili da usare, per RateBeer infatti è stato sempre più difficile mantenere il proprio pubblico e attrarre nuovi utenti, in modo particolare fra i giovani.

Questa uscita di scena, causata dal mantenimento di un format che doveva essere rinnovato, ricorda da vicino la storia di un celebre marchio di macchine e pellicole fotografiche, leader indiscusso del mercato per decenni (per chi c’era negli anni ottanta-novanta indimenticabile la pubblicità che iniziava con: ‘Piri, piri, piri…’).

Sta di fatto che l’uscita di scena di RateBeer rappresenta una perdita significativa per il mondo brassicolo, dato che priva gli appassionati e chi vuole raccontare dell’antica bevanda di una piattaforma storica per la condivisione e la scoperta di nuove birre: in sintesi, si tratta di un evento che segna la fine di un’epoca della cultura birraria.

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