HomeCuriositàLe bevande tradizionali del mondo: Francia (seconda parte)

Le bevande tradizionali del mondo: Francia (seconda parte)

Un viaggio tra storia, terroir e vitigni simbolo della cultura enologica francese

Il ritorno alle radici brassicole e il trionfo del vino d’origine

Riparte il viaggio alla scoperta dei prodotti tipici e delle bevande tradizionali di tutto il pianeta che, prima della sosta, era approdato in Francia: oltralpe dove, specie negli ultimi anni, si assiste a un rinnovato interesse per le antiche tradizioni brassicole che puntano alla valorizzazione del territorio e, come nel caso dell’Italia, impiegano risorse locali per realizzare un’ampia gamma di prodotti tipici ovvero birre profondamente legate al luogo di produzione.

Questo però, come noto, è soprattutto uno dei Paesi del mondo che presenta una delle tradizioni vitivinicole più antiche e sviluppate: ciò è possibile grazie alla presenza di suoli e di microclimi molto differenti fra loro, che danno vita a 14 regioni caratterizzate da celebri vini che vengono esportati in tutto il mondo. I vini francesi presentano quindi caratteristiche e sensazioni aromatiche completamente diverse a seconda della zona di produzione.

Dalle origini greche ai fasti del Medioevo: la viticoltura tra storia e cultura

Le origini della viticoltura in Francia risalgono ai Greci, che piantarono le prime viti nella loro colonia di Marsiglia fondata nel 600 a.C.: ma come accaduto altrove, furono i Romani a dare il vero primo impulso alla coltivazione della vite e alla produzione del vino.

Nel Medioevo quindi il vigneto francese era già completamente sviluppato, così come la diffusione dei vari vitigni. In questo periodo era il clero ad avere un ruolo centrale nella viticoltura in tutto il territorio: questo soprattutto grazie alle abbazie di Cluny, Pontigny e Hautvillers, alle quali si devono lo sviluppo di nuovi processi di invecchiamento in cantina e i primi studi di zonazione delle coltivazioni.

Dal trauma della rivoluzione alla rinascita imprenditoriale

Facendo un salto in avanti, inoltre, è possibile notare come un pezzo di storia del Paese s’intersechi con quella del vino: negli anni della Rivoluzione francese infatti le grandi proprietà terriere furono espropriate alla Chiesa ed alle famiglie nobiliari venendo acquisite dalla borghesia.

Grazie alla grande imprenditorialità di questa classe sociale, in quegli anni, nacquero alcuni marchi che ancora oggi sono fra i più rinomati in tutto il pianeta.

La fillossera e la ridefinizione del concetto di terroir

A metà del XIX secolo però la filossera colpì i vigneti d’oltralpe, diffondendosi a macchia di leopardo e causandone la completa distruzione: per procedere alla ricostruzione della filiera si decise di piantumare nuovamente solo i vitigni con la più alta resa produttiva.

A partire dalla seconda metà del ‘900 si ebbe quindi un ridimensionamento della superficie vitata e si diede maggior peso alla qualità della produzione e all’unione di territorio e vitigno, consolidando così il concetto di ‘terroir’, ovvero il rapporto che lega un vino al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo d’origine e che determina il carattere e l’unicità del prodotto.

Specializzazione regionale e identità enologica

In Francia, oggigiorno, la coltivazione delle uve è piuttosto settoriale: le condizioni naturali hanno portato ciascuna regione a specializzarsi in pochi vitigni e a volte in uno solo (con la famosa eccezione dello Châteauneuf-du-Pape, che da disciplinare ammette ben 13 varietà). Vediamo quali sono le zone di produzione dei vini francesi.

La Champagne è la regione vitivinicola più settentrionale e si trova al limite della fascia climatica che rende possibile la maturazione delle uve: qui si produce lo spumante più antico e famoso al mondo, realizzato mediante il rinomato metodo classico. L’Alsazia, situata al confine nord-orientale con la Germania, gode di un microclima eccezionale grazie alla barriera naturale della catena montuosa del Vosgi e al corso del fiume Reno: fra le varietà d’uva alsaziane più rinomate troviamo Riesling, Pinot Gris e Gewürztraminer.

La Borgogna invece, situata appena più a sud della Champagne, è il regno assoluto dello Chardonnay e del Pinot Nero: qui le abbondanti precipitazioni costringono i viticoltori a realizzare un’altissima densità di impianto delle viti, che comporta la nascita di acini di dimensioni ridotte e più ricchi di minerali, motivo per cui questi vini vengono da sempre considerati di alta qualità. Il vitigno Beaujolais invece, con il suo terroir calcareo e granitico, è ideale per un vino rosso quale il Gamay.

La Valle della Loira, situata al confine occidentale della Borgogna, grazie all’influenza dell’omonimo fiume, elabora anche dei celebri vini bianchi a base di Sauvignon Blanc e Chenin Blanc, sia secchi che morbidi. Bordeaux, in Aquitania, nel sud-ovest del Paese, è invece la culla dei grandi rossi: qui Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc trovano le loro massime espressioni a livello mondiale.

Prodotti le cui qualità sono date dal clima di tipo temperato dovuto alla presenza dei fiumi Dordogna e Garonna e dell’oceano Atlantico. La Languedoc-Roussillon, nella parte più meridionale della Francia, è una delle regioni vitivinicole più estese: qui si elaborano vini sia bianchi che rossi notevoli per il loro equilibrio sensoriale.

La Valle del Rodano invece è dominata da grandi vini rossi a base di Syrah, di Grenache e di Mourvèdre. In Provenza regnano i freschi rosé: questo grazie all’influenza delle Alpi a nord e del mare a sud. In Corsica vengono elaborati vini a partire da vitigni italiani. Lo Jura e la Savoia, infine, hanno sviluppato uno stile di produzione particolare, definito ‘vin jaune’ (‘vino giallo’) che prevede un affinamento del prodotto della durata di sei anni in botti di rovere.

La classificazione dei vini in Francia: rigore e identità

Dal punto di vista normativo invece la legislazione francese dei vini prevede tre classificazioni: la prima e meno prestigiosa è quella dei ‘Vin de Table’, corrispondenti ai ‘Vini Generici’ italiani, che rappresenta il 12% circa della produzione totale; un gradino sopra troviamo i ‘Vin de Pays’, simili ai nostri IGT e che coprono il 34% della viticoltura d’oltralpe.

La classificazione più prestigiosa è invece la AOC (ovvero ‘Appellation d’Origine Contrôlée’) che riguarda il 54% della produzione: quest’ultima identificazione e la definizione della categoria è avvenuta nel 1935 con la nascita dell’Inao, l’Institut national de l’origine et de la qualité. In molte regioni, come in Borgogna e in Champagne, infine si trova spesso menzionato il ‘cru’: si tratta di una zona geografica ben definita, con un microclima e un terreno specifici che donano ai vini una qualità superiore e un’identità aromatica e sensoriale inconfondibile.

Alcuni di questi godono di una fama leggendaria ed è un grande privilegio da riportare in etichetta e uno dei motivi di vanto per tutta la viticoltura francese, come gli spumanti realizzati seguendo il metodo classico o tradizionale di cui parleremo la prossima settimana.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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