Storia, riti e simboli di un popolo tra Caucaso e mar Nero
Le origini e il contesto culturale
Le bevande tradizionali del mondo: Georgia (prima parte)
Nuova tappa per la rubrica dedicata ai prodotti tipici di tutto il pianeta che, in occasione dell’ultimo appuntamento, si trovava in Gabon, uno dei Paesi africani più solidi dal punto di vista economico: uno sviluppo che però non ha affatto scalfito l’importanza culturale delle bevande ancestrali locali, realizzate con i cereali offerti dal territorio quali mais, orzo e miglio che vengono fatti fermentare senza l’aggiunta di lieviti esterni.
Il granoturco è l’ingrediente principale del prodotto tradizionale gabonese per eccellenza che, generalmente, si presenta di colore marrone chiaro ed ha una consistenza densa e cremosa dovuta al mais: l’aroma invece è deciso e distintamente acido ed ha un contenuto alcolico piuttosto ridotto.
La Georgia e il suo patrimonio di bevande
Il viaggio, questa settimana, torna in Europa e approda in Georgia, un territorio che per la sua collocazione geografica, fra le acque del mar Nero e la catena montuosa del Caucaso, presenta una grande varietà di bevande tradizionali: queste sono anche frutto delle culture delle diverse etnie che, da sempre, popolano questo territorio.
Basti pensare che, ad esempio, nelle campagne pubblicitarie istituzionali finalizzate alla promozione del turismo, il Paese si presenta come ‘la culla del vino’, ovvero una delle aree del mondo dove l’umanità ha iniziato a produrre la bevanda derivante dalla fermentazione dell’uva.
Una rivendicazione che trova le proprie radici anche nel fatto che, nel 2017, a pochi chilometri di distanza dalla capitale Tbilisi, sono state ritrovate otto anfore risalenti a 8mila anni fa che contenevano del vino: una scoperta arrivata pochi anni dopo che l’Unesco aveva dichiarato l’antico processo di vinificazione georgiano patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
Le radici della birra georgiana
Altrettanto importante nella cultura georgiana è un’antenata della birra: gli scavi archeologici infatti hanno portato alla luce diversi strumenti da lavoro, riconducibili alla lavorazione del grano ed alla produzione di antenate delle moderne bevande brassate, risalenti al VII-VI secolo a.C.
Sono inoltre numerose le testimonianze scritte del fatto che gli antichi greci ebbero modo di apprezzare l’abilità nella coltivazione dei cereali da parte delle popolazioni che abitavano queste terre: al loro lavoro si lega il fatto che, fin dall’antichità, la birra è una delle bevande tradizionali per eccellenza.
Basti pensare che in alcune aree nei secoli scorsi, solo bevendo birra i ragazzi dai 14 anni in su, venivano riconosciuti dalla comunità come veri uomini: oggi invece mantiene la propria importanza culturale soprattutto in occasione delle festività religiose, come l’Antengenoba che si celebra cento giorni dopo la Pasqua ortodossa.
L’Aludi: bevanda brassicola delle regioni montuose
E’ soprattutto nelle regioni montuose del Paese, dove la viticoltura non è possibile per ovvie ragioni climatiche, che nelle abitazioni viene realizzato questo prodotto brassicolo ancestrale, conosciuto con il nome di ‘Aludi’, la cui tradizione è stata importata nel Caucaso dall’Egitto, dalla Persia e dalla Mesopotamia.
La ricetta prevede l’utilizzo del malto d’orzo di montagna e del luppolo selvatico: si tratta di una bevanda scura a bassa gradazione alcolica che si presenta di colore arancione. Grazie al suo aroma delicato (nel quale spiccano le note luppolate) è particolarmente rinfrescante e presenta profumi di kombucha, ovvero il tè zuccherato fermentato tipico di tutti i Paesi caucasici.
Chacha: il distillato georgiano di tradizione millenaria
In questo quadro di antiche tecniche di brassaggio, di vinificazione (viticoltura georgiana a cui dedicheremo la prossima tappa del viaggio) e di importanti retaggi di storia e cultura, s’inserisce un distillato che, da sempre, è sinonimo di convivialità, ovvero la ‘Chacha’ che si ottiene utilizzando ciò che di solido rimane dopo la vinificazione.
Le tecniche relative alla sua lavorazione si tramandano da secoli di generazione in generazione, sia oralmente che per iscritto. Questa pratica coinvolge in tutte le sue fasi l’intera comunità, dai più giovani agli anziani: dalla cura dei vigneti alla vendemmia, dalla pigiatura alla fermentazione fino alla distillazione.
I più piccoli apprendono l’arte osservando e partecipando attivamente accanto agli adulti: imparano a prendersi cura delle viti, a trasformare l’uva in mosto e a plasmare l’argilla per creare le celebri anfore di terracotta (che come vedremo sono centrali anche nella produzione dei celebri vini georgiani), la cui capacità varia tra i 100 e gli oltre 4.000 litri.
Le caratteristiche della Chacha
Anch’essa patrimonio dell’Unesco, viene dunque ottenuta distillando le vinacce attraverso alambicchi discontinui: è conosciuta anche come ‘grappa di vodka’ o ‘vodka di vino’. La gradazione alcolica varia fra i 40 e i 45 gradi nelle produzioni industriali e fra i 55 e i 70 in quelle artigianali.
Il colore può essere chiaro o scuro: il secondo caso si verifica quando il distillato viene affinato in botti di rovere per un periodo di norma compreso tra i 6 ed i 36 mesi. Il sapore è quello di un’acquavite a base di uva passita, con un ottimo equilibrio tra le sensazioni delicate di frutta e fiori e l’acidità che acquisisce durante il processo produttivo.
Viene consumata in piccoli calici (soprattutto quella di maggior qualità) sia come aperitivo che in accompagnamento ai piatti tipici georgiani sia dolci che salati. Durante la stagione invernale è consuetudine degustarla per riscaldarsi prima di svolgere dei lavori all’aperto.
Tradizione e identità
‘Aludi’ e ‘chacha’ che quindi, data la loro odierna centralità negli usi e nei costumi georgiani, ben rappresentano il profondo legame di questa popolazione con le proprie radici storiche e culturali: un vincolo la cui importanza, come vedremo, si riflette anche nella viticoltura locale.
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