HomeBirraLa spillatura della birra in Repubblica Ceca: un’arte particolare

La spillatura della birra in Repubblica Ceca: un’arte particolare

Dalla tradizione boema alla riscoperta internazionale, passando per gli USA e l’Italia

La spillatura è un’arte che rispetta la volontà del mastro birraio

LA SPILLATURA DELLA BIRRA IN REPUBBLICA CECA: UN’ARTE PARTICOLARE
CHE E’ STATA IMPORTATA IN DIVERSE PARTI DEL MONDO, DAGLI USA ALL’ITALIA
La birra è un prodotto vivo, per questo motivo deve essere trattato con tutti i riguardi affinché mantenga intatte le sue proprietà e caratteristiche. Una corretta spillatura, che nei Paesi dalle secolari tradizioni birrarie viene considerata un’arte, è quella che nel bicchiere presenta una bevanda come è stata pensata, prodotta e curata dal mastro birraio: è fondamentale per poter degustare una buona birra.

Il ruolo essenziale della schiuma nella degustazione

Una corretta spillatura offre come risultato un prodotto che ha la frizzantezza desiderata dal mastro birraio e, di conseguenza, presenta un giusto cappello di schiuma che, a seconda delle diverse tipologia della bevanda, ha uno spessore ed una persistenza diversa.

La schiuma ha una funzione fondamentale nel servizio della birra perché protegge il prodotto dall’ossidazione, aiuta a mantenere la giusta temperatura ed è parte attiva nel rilasciare gli aromi: se durante la spillatura si evita volontariamente di far formare la schiuma, la birra nel bicchiere sarà più satura di CO2 rispetto alla ricetta risultando meno digeribile e provocando una sensazione di gonfiore.

Tecniche di spillatura nel mondo: un confronto

Sono tre le tecniche principali con le quali effettuare questa operazione e prendono il nome dai Paesi d’origine nei quali il consumo di birra si è sviluppato ed evoluto nel corso dei secoli e dalle quali differisce notevolmente quella della Repubblica Ceca di cui parleremo in questo articolo: la tedesca, la belga-olandese e l’anglosassone.

Questi diversi stili di spillatura, che tengono conto anche dei differenti livelli di saturazione di CO2 (quantità di anidride carbonica disciolta nel liquido) propri di ogni birra, hanno in comune l’obiettivo di offrire un prodotto che esprima tutte le sue potenzialità sia in termini olfattivi che gustativi.

Mlíko: la tecnica di spillatura ceca che conquista il mondo

Focalizzando quindi l’attenzione sull’antica scuola birraria di Praga e della Boemia, non vi è dubbio che la tecnica più rinomata in tal senso (che sembrava destinata all’oblio, ma oggi viene impiegata anche negli Stati Uniti e in Italia) sia quella conosciuta con il nome di Mlíko.

Questa modalità di servizio prevede che il boccale inizialmente sia riempito solo (o quasi solo) dalla schiuma, da bere in un singolo sorso: tradizionalmente si otteneva aprendo appena il rubinetto della spina, mentre oggi, quasi sempre, si utilizza un apposito rubinetto ‘side-pull’ (tradotto letteralmente ‘tiro laterale’).

Side-pull: il rubinetto della tradizione ceca

La valvola in questione infatti si apre e si chiude muovendo la manopola lungo il piano orizzontale del rubinetto, ovvero un movimento diverso da quello dei classici rubinetti da spillatura, dove la manopola si tira in avanti per fare uscire di birra: nei rubinetti classici, inoltre, il flusso è di tipo ‘on-off’, ad un’unica velocità, mentre nel ‘side-pull’, questo aumenta gradualmente man mano che si ruota la manopola.

Mlíko e milk: tra metafora visiva e radici linguistiche

Un’altra particolarità di questa metodologia è l’assonanza tra la parola ‘mlíko’ e l’inglese ‘milk’: la metafora tra un bicchiere di birra ricolmo di schiuma e uno di latte è immediata ed infatti i due termini sono etimologicamente imparentati dato che il termine della lingua anglosassone deriva anch’esso dal germanico antico.

Le origini storiche del mlíko

La tradizione del ‘mliko’, secondo le fonti, è nata due secoli fa, ovvero quando in Boemia era consuetudine servire un bicchiere di birra come dolce a fine pasto: oggi invece viene considerato il bicchiere di fine serata, oppure quello offerto ai clienti dopo che hanno pagato il conto, come avviene con l’amaro nei ristoranti in Italia.

L’arrivo negli Stati Uniti: l’esempio della Cohesion Brewing Company

Una metodologia che, come detto in precedenza, fino a non molti anni fa, sembrava destinata all’oblio e quindi a scomparire entro i confini nazionali: questo anche a causa dei cambiamenti nelle preferenze dei consumatori anche per quanto riguarda le modalità con cui vengono serviti.

E probabilmente sarebbe andata così se non fosse accaduto un evento capace di riportarla sotto i riflettori del movimento birrario internazionale: era il 2018 quando Erik Larkin, co-fondatore della Cohesion Brewing Company di Denver, al ritorno dal suo viaggio di nozze a Praga replicò nel suo birrificio il mlíko assieme ad altri elementi della cultura birraria e della spillatura ceca.

Dalla stampa americana alla popolarità nei pub

L’eco della tendenza non tardò a raggiungere l’intera nazione, toccando pub e birrifici da ovest a est: il fenomeno (anche se i tempi all’epoca erano ancora acerbi per definirlo tale) alimentò decine di confronti, nonché di approfondimenti degni di nota come quello del New York Times (‘Non è una spillatura sbagliata, è il mlíko ceco’).

Ad essere importante per la sua rinascita è stato l’adattamento alla cultura birraria locale, in particolar modo l’americanizzazione del nome, trasformato in ‘milk pour’ (letteralmente: ‘versare il latte’): non mancano inoltre sperimentazioni con diverse birre (dalle Bitter alle Stout) e in diversi bicchieri come l’apposito milk tube ideato da un birrificio di Philadelphia.

Il mlíko arriva in Italia: tra cultura e resistenza

Questa metodologia di spillatura, negli ultimi anni, ha fatto la sua comparsa anche in Italia: tuttavia, nonostante l’attuale riscoperta della scuola birraria ceca, è difficile pensare che il mlíko possa trovare terreno fertile in tempi brevi, sia lungo la penisola che in tanti altri Paesi europei.

La crociata sull’importanza della schiuma, troppo spesso vista come un ‘tentativo di truffa del barista’, è infatti ancora lontana dalla vittoria: ma ora che la popolarità del mlíko è sempre più in mano alla scena artigianale americana non è da escludere che la sua diffusione possa subire una graduale accelerazione.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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