HomeBirraBirra e tradizione: le bevande tipiche della Francia (prima parte)

Birra e tradizione: le bevande tipiche della Francia (prima parte)

Un viaggio tra storia e cultura della birra artigianale francese

Le bevande tradizionali del mondo: Francia (prima parte)

Nuovo appuntamento con il viaggio alla scoperta dei prodotti tipici di tutto il pianeta: il tour, la scorsa settimana, si trovava in Finlandia, Paese che, avendo oltre un terzo del proprio territorio situato oltre il circolo polare artico, offre un numero assai limitato di referenze autoctone. Fra queste, come visto, troviamo alcuni distillati che vengono realizzati in tutta la Scandinavia, ma soprattutto il ‘Sahiti’, ovvero un antenato delle moderne birre: una specialità finlandese la cui importanza culturale è dimostrata dal fatto che ad esso è dedicato un giorno di festa nazionale (il 13 ottobre). Un patrimonio di bevande limitato quello finnico quindi, ovvero l’esatto contrario di quello francese del quale parleremo nelle prossime puntate della rubrica. Francia che, come noto, è famosa in tutto il mondo per la produzione di celebri vini come il Bordeaux e lo Champagne: a queste si uniscono altre lavorazioni meno note ma altrettanto importanti, come quelle degli antenati della moderna birra.

Il ritorno alle origini della birra in Francia Calice di birra artigianale affiancato da tre bicchieri contenenti ingredienti fondamentali per la produzione: malto d'orzo, grano e luppolo in pellet.

Oltralpe infatti, specie negli ultimi anni, si assiste ad un rinnovato interesse per le antiche tradizioni brassicole che puntano alla valorizzazione del territorio e, come nel caso dell’Italia, impiegano risorse locali per realizzare un’ampia gamma di prodotti tipici, ovvero birre profondamente legate al luogo di produzione.

L’obiettivo, inizialmente, era quello di rafforzare le identità regionali e culturali birrarie, un traguardo che è stato raggiunto: dal 18 luglio 2014 infatti le birre artigianali sono state inserite nel ‘patrimonio culturale, gastronomico e paesaggistico della Francia’ di fianco al cognac, ai distillati ed, ovviamente, ai vini.

La birra francese tra influenza belga e sperimentazione

La filiera brassicola francese, da sempre, risente molto delle influenze belghe e tedesche: non a caso le regioni che presentano il maggior numero di birrifici (su un totale di circa 1600) sono quelle vicine ai confini con questi due Paesi: rispetto a quelle realizzate in Belgio e Germania, in generale, le birre d’oltralpe presentano una gradazione alcolica maggiore, un aroma più tendente all’acido e sono ideali per accompagnare i formaggi tipici d’oltralpe.

Stili antichi e nuove frontiere della birra artigianale Quattro bicchieri di birra artigianale. tutte le birre ad alta fermentazione disposte su un vassoio di legno, con colori che variano dal dorato al rame intenso, schiuma densa e sfondo sfocato con snack.

La scuola birraria della Francia si distingue soprattutto per le reinterpretazioni che offre di antichi stili di nicchia, come, ad esempio, le birre affumicate sul modello delle poco conosciute tipologie tedesche Grätzer e Lichtenhainer; non mancano inoltre le rivisitazioni dei classici stili statunitensi come l’American Ipa.

Un’altra particolarità del settore è quella di puntare l’attenzione sulle potenzialità sia delle tipicità alimentari regionali (in Bretagna e in Normandia, ad esempio, sono numerose le ricette che prevedono l’impiego di grano saraceno) sia su quelle che sono le contaminazioni derivanti dal mondo vinicolo e da quello dei distillati (questo, per esempio, è il caso della birra invecchiata in piccole botti che prima contenevano cognac).

Le birre di primavera: Bière de Mars e Bière de Garde

Oltre a questi aspetti vi sono poi quelli che si legano alle tradizioni storiche ed i riferimenti stilistici da citare sono due: quelli, entrambi ad alta fermentazione, delle Bière de Mars e delle Bière de Garde. Chiamate anche ‘de printemps’ (ovvero ‘birre di primavera’), le prime sarebbero, secondo alcuni esperti del settore, una derivazione delle seconde, mentre secondo altri rappresenterebbero una categoria autonoma.

Vengono chiamate anche ‘di marzo’ poiché era in quel mese che ne venivano aperte le prime bottiglie, con le quali si festeggiava la fine della stagione fredda, dopo che le birre in questione avevano svolto il loro affinamento: il brassaggio quindi, stando a questa ricostruzione, si svolgeva durante i primi giorni d’inverno e prevedeva l’impiego di luppoli alsaziani insieme a malti ottenuti da orzo prodotto localmente.

Cervogia: la birra ancestrale dei Galli

L’esistenza e la riproposizione di questi antichi stili dimostra come se da un lato la rinascita e lo sviluppo del movimento artigianale sono legati agli ultimi decenni, dall’altro la storia della bevanda in Francia affonda le proprie radici addirittura ai tempi della Gallia settentrionale, l’odierna Bretagna ed a più di duemila anni fa.

Qui infatti all’epoca si produceva la cervogia (chiamata anche ‘cerevisia’), una vera e propria antenata della birra. Sull’origine del nome ci sono diverse scuole di pensiero: c’è chi sostiene che il nome derivi dall’unione tra ‘Ceres’ (nome latino di Cerere, dea dell’agricoltura) e ‘Vis’ (forza in latino). Un’altra invece afferma che provenga da un temine celtico composto da ‘Ceir’ (cera) e “Wysg” (acqua) che indica un’antica bevanda prodotta con acqua, cera e miele.

La Cervogia era una bevanda fermentata a base di cereali, in particolare orzo e avena, con l’aggiunta di erbe aromatiche al posto del luppolo, di colore ambrato e lievemente tostata: per produrla e per trasportarla i Galli avevano creato anche due contenitori così rivoluzionari che vengono usati ancora oggi, ovvero la botte e il barile di legno.

La birra francese oggi tra innovazione e memoria

Filiera della birra artigianale francese che quindi, anche grazie alla riproposizione di stili brassicoli ancestrali, ha senza dubbio una sua importanza storica e culturale nel panorama delle referenze tradizionali d’oltralpe: un ruolo che però da sempre, è in secondo piano rispetto a quello rivestito dai liquori e dai vini dei quali parleremo nelle prossime puntate del viaggio.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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