Che cosa sono le birre affumicate? Storia e caratteristiche di questo antico stile birrario tipico dell’Europa centrale.
Con questo articolo, torniamo a raccontare della nascita, dello sviluppo e delle caratteristiche delle versioni più particolari dell’antica bevanda: l’ultima volta ci siamo occupati delle birre alla zucca che, erroneamente, in molti pensano essere un’invenzione figlia della rivoluzione in atto nel mondo della birra artigianale.
Queste invece sono uno dei pochi stili storici degli Stati Uniti e il primo documento che ne attesta l’esistenza risale al 1771, quando l’American Philosophical Society di Filadelfia pubblicò la ricetta per creare una ‘Pompion Ale’ (nome arcaico delle birre alla zucca).
Oggi parleremo delle birre affumicate, la cui peculiarità risiede nel processo di maltazione: durante questa fase infatti, per la produzione del mosto, vengono utilizzati esclusivamente malti affumicati, che donano alla bevanda un aroma assai accentuato, che ricorda, per esempio, quello della provola o dello speck.
Questa modalità produttiva esiste da almeno 5.000 anni e, per secoli, la sua storia è rimasta legata alla città di Bamberga, tanto che si è diffusa la leggenda che, nel Medioevo, un birrificio di questa città prese fuoco ed il malto venne affumicato per errore: per non perdere il cereale, i birrai provarono comunque a produrre la bevanda. Una volta pronta e venduta, piacque molto a tutti i cittadini e, per questo motivo, continuò ad essere realizzata.
In realtà però, già prima dell’avvento degli essiccatoi alimentati a fuoco indiretto, il malto veniva essiccato all’aria, oppure al fuoco (malto essiccato e malto torrefatto): nel secondo caso era invitabile che il fumo facesse affumicare il malto e dunque questa tipologia di birra nasceva senza altri interventi da parte dei produttori.
Il procedimento iniziò a cambiare quando in Inghilterra, nel 1635, venne brevettato il primo essiccatore del malto senza fumo, da utilizzare indipendentemente dal clima e scegliendo liberamente il combustibile: nella maggior parte dei casi veniva utilizzato il carbone.
Proprio il fatto che il legno non fosse più indispensabile come in precedenza (questo infatti prima doveva essere impiegato per donare alla birra degli aromi specifici), accelerò la diffusione di questi essiccatoi: altri fattori a vantaggio dello sviluppo della nuova tecnologia furono la convenienza economica e la maggiore sicurezza dal punto di vista degli incendi.
All’inizio del 1800, questa tecnica si diffuse in tutta la Germania e lo Spaten fu il primo birrificio a farne un abbondante utilizzo: in tal modo, indirettamente, diede un grande impulso alla rivoluzione nella birrificazione, in modo particolare per quel che riguardava gli stili pilsner e lager.
A partire da quel periodo storico la nuova tecnica si diffuse in tutta l’Europa centrale e già attorno agli inizi del 1900 gli essiccatoi a fumo erano spariti. Gli unici produttori che non scelsero la nuova tecnologia erano tutti situati a Bamberga: si trattava di quattro birrifici, due dei quali sono sopravvissuti fino ai nostri giorni (lo Heller-Braü Trum, conosciuto come Schlenkerla e lo Spezial).
Oggi, grazie alla rivoluzione in atto nel settore della birra artigianale, in tutta Europa, vi sono numerose realtà produttive che propongono birre affumicate: questo anche grazie al lavoro delle grandi malterie industriali che producono numerosi malti con aroma di affumicato.
Per quanto riguarda invece le diverse classificazioni di questa antica tipologia di birra, il BJCP (‘Beer Judge Certification Program’: ente senza scopo di lucro fondato in Colorado nel 1985 che si occupa di suddividere secondo canoni precisi tutti i prodotti brassicoli del mondo) ha individuato tre categorie.
La prima è quella delle ‘Rauchbier’: si tratta delle basse fermentazioni, nella fattispecie delle ‘Märzen’. Sono realizzate secondo i canoni delle lager e quindi condividono storia e profilo organolettico delle birre tipiche della tradizione bavarese, con l’unica differenza dell’affumicatura.
Il legno da utilizzare per affumicare il malto, in questo caso, è quello di faggio invecchiato almeno 3 anni (per far perdere umidità): in alcuni casi si ricorre al legno di rovere e questo avviene quando il mastro birraio desidera che l’affumicatura richiami aromi più legnosi e legati a cotture di cibi sul fuoco e di arrosti di carne.
La seconda categoria è quella delle ‘Classic Style Smoked Beer’: ne fanno parte tutte le birre che appartengono a determinati gruppi stilistici ma presentano l’affumicato come aroma e gusto principale (ad eccezione, ovviamente, della Märzen affumicata con legno di faggio). I malti utilizzati possono essere lavorati con legni duri come la quercia, l’acero, l’ontano ed il ciliegio.
Troviamo infine la categoria delle ‘Speciality Smoked Beer’: in questo caso si tratta di birre affumicate che si differenziano dalle precedenti per l’aggiunta di ingredienti quali la frutta, anche secca (in Italia, ad esempio, è assai diffuso l’uso delle castagne), i vegetali e le spezie.
In tale particolare gruppo di prodotti brassicoli, i luppoli non si sentono dato che si tratta di birre spiccatamente dolci: questo è causato dal fatto che si tratta di bevande non carbonate in maniera robusta e dunque si percepisce assai lievemente anche l’amaro del malto tostato.
L’aspetto che le accomuna tutte, infine, è che per realizzarle devono essere utilizzate esclusivamente delle acque con un livello di cloruro molto basso perché questo potrebbe unirsi ai fenoli dati dal malto affumicato: la combinazione, infatti, apporterebbe uno sgradevole sapore di medicinale a tutti questi prodotti brassicoli che rappresentano un pezzo di storia dell’antica bevanda nell’Europa centrale.




