Tra costi al dettaglio esorbitanti e compensi irrisori agli agricoltori, il paradosso della filiera
Il nostro viaggio tra i banchi dei mercati e le campagne italiane
Prezzi alle stelle delle ciliegie italiane: è questo il fenomeno che ha fatto discutere in tutta Italia nell’ultima settimana. Mentre nei mercati cittadini i cartellini arrivano a segnare anche 23 euro al chilo, nelle campagne i produttori ricevono appena 1 euro per ogni chilo raccolto. Un dislivello sconcertante che apre interrogativi profondi sulla filiera, sugli intermediari e sulla sostenibilità del lavoro agricolo.
Un frutto d’oro per i consumatori
La stagione delle ciliegie, amata da grandi e piccoli, quest’anno è iniziata all’insegna dello sconcerto. I consumatori si sono ritrovati davanti a prezzi mai visti prima: nei supermercati di fascia alta e nei mercati rionali più centrali di Milano, Roma, Torino e Napoli, si registrano punte tra i 19 e i 23 euro al chilo. Un dato che ha scatenato le polemiche sui social e nei media, diventando il simbolo di un’inflazione percepita fuori controllo, soprattutto quando applicata a un prodotto stagionale locale come la ciliegia.
Dall’albero al banco: cosa succede nel mezzo?
Dietro al prezzo finale si nasconde una filiera complessa, articolata in più passaggi: dal produttore al confezionatore, dal trasportatore al distributore, fino al punto vendita. Ogni passaggio aggiunge un ricarico che si riflette direttamente sul prezzo pagato dal consumatore. Tuttavia, la vera anomalia sta nella sproporzione tra il prezzo alla fonte, fissato attorno a 1 euro al chilo per i produttori, e quello finale che può superare di oltre venti volte il valore originario. Una dinamica che lascia gli agricoltori con margini sempre più ridotti, spesso sotto il costo di produzione.
Le cause dell’impennata
A determinare l’impennata dei prezzi concorrono diversi fattori. In primis, le condizioni climatiche avverse che hanno compromesso parte del raccolto, soprattutto in Puglia ed Emilia-Romagna. Piogge fuori stagione, grandinate e improvvisi sbalzi termici hanno ridotto i volumi disponibili, creando un inevitabile squilibrio tra domanda e offerta. Inoltre, l’aumento dei costi energetici, del carburante e della logistica ha influito sui costi di trasporto e conservazione, facendo lievitare ulteriormente il prezzo finale.
I produttori: “Così non possiamo andare avanti”
Dalle campagne del Sud Italia alle colline emiliane, i coltivatori lanciano l’allarme. “Siamo al limite della sopravvivenza economica – afferma un produttore pugliese – ci pagano 1 euro al chilo, ma tra manodopera, trattamenti e trasporti ne spendiamo almeno 1,20”. Il rischio concreto è che molti piccoli produttori decidano di abbandonare la coltivazione delle ciliegie, lasciando spazio a importazioni estere o alla concentrazione del mercato in mani sempre più grandi. Anche le associazioni di categoria chiedono trasparenza nella formazione dei prezzi e una distribuzione più equa del valore lungo la filiera.
I consumatori tra indignazione e rinuncia
Nel frattempo, i consumatori oscillano tra indignazione e rinuncia. Nei supermercati si moltiplicano le foto di ciliegie “da gioielleria” che circolano virali sui social con commenti ironici e amari. “Le ciliegie ormai sono un bene di lusso”, scrive un utente. Ma c’è anche chi sceglie di non acquistare, aspettando il momento in cui l’offerta aumenterà e i prezzi caleranno. Una rinuncia che penalizza non solo i rivenditori, ma paradossalmente anche i produttori che, in assenza di domanda, vedono il loro raccolto deperire invenduto.
Il nodo degli intermediari
Un aspetto spesso poco discusso è il ruolo degli intermediari. Tra chi raccoglie e chi vende al dettaglio esiste una lunga catena fatta di operatori commerciali, grossisti, trasportatori e piattaforme distributive. Ognuno di essi applica il proprio margine. Senza una regolamentazione trasparente, è difficile ricostruire dove e quanto del prezzo finale finisca davvero nelle mani di chi produce. In questo senso, si invocano maggiori controlli, etichette più chiare e modelli alternativi come la vendita diretta o i gruppi di acquisto solidale.
Il futuro delle ciliegie italiane
Il caso delle ciliegie 2025 potrebbe essere solo il primo di una lunga serie. Il cambiamento climatico, l’instabilità dei mercati e le dinamiche speculative rischiano di compromettere l’accessibilità dei prodotti agricoli di qualità. Per questo motivo è sempre più urgente un intervento strutturale: dalla tutela dei piccoli produttori al sostegno della filiera corta, fino alla promozione di una cultura del consumo consapevole e responsabile.
Quale valore ha un frutto?
Il prezzo di una ciliegia, oggi, racconta molto più di una semplice transazione commerciale. Racconta di una filiera agricola in crisi, di squilibri sistemici e di scelte di mercato non sempre trasparenti. Ma racconta anche di un patrimonio enogastronomico da tutelare, di territori da valorizzare e di un’agricoltura che, se sostenuta in modo equo, può continuare a produrre eccellenze. Il paradosso di pagare 23 euro al chilo per un frutto che al produttore ne vale uno solo è il sintomo di qualcosa che va riformato alla radice. E il momento per farlo è adesso.
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