Continua il nostro giro del mondo alla scoperta del mondo brassicolo, e questa settimana facciamo tappa in Gambia, in particolare nel Banjul Breweries. E con la birra tradizionale Chakalow.
Seconda tappa consecutiva in Africa per il viaggio alla scoperta delle birre prodotte in tutto il mondo: il tour infatti risale la costa atlantica dell’immenso continente per trasferirsi dal Gabon al Gambia, due Paesi diversi fra di loro sotto molti punti di vista, anche per quanto riguarda la produzione dell’antica bevanda.
Se il primo infatti presenta una delle economie africane più solide, un fattore dal quale trae vantaggio anche l’unico birrificio industriale presente (il Sobraga, di proprietà del gruppo Castel), al contrario lo Stato gambiano è uno dei più poveri e sottosviluppati del mondo intero: qui un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà internazionale convenzionalmente fissata a 1,25 dollari al giorno.
Un tasso d’indigenza molto elevato che influisce negativamente anche sull’attività dell’unica azienda del Gambia attiva nella produzione birraria, il Banjul Breweries. Nel 2020 infatti il Governo locale, alla ricerca di nuovi fondi per le casse statali, ha aumentato la tassazione sulla produzione di bevande alcoliche fino al 75%.

Un tributo impossibile da sostenere per il birrificio, anch’esso di proprietà del gruppo Castel, che porta lo stesso nome della capitale gambiana: fortunatamente però, specie per i 200 dipendenti che vi lavorano, al termine di una lunga trattativa che ha visto coinvolti anche i dirigenti della casa madre francese, è stato trovato un accordo e scongiurata la chiusura (la tassa da pagare è stata abbassata al 35% del valore prodotto).
La costruzione del Banjul Breweries è iniziata nel 1975, mentre la produzione è partita due anni dopo, nel 1977: oggi qui vengono prodotte due birre locali (fino a pochi anni fa erano quattro). L’azienda realizza inoltre la Castel beer e la Guinness, ma non solo dato che produce anche alcune bevande analcoliche.
Entrambi i prodotti brassicoli autoctoni si chiamano JulBrew e sulle etichette delle bottiglie sono rappresentati due degli animali più iconici della foresta pluviale tropicale che ricopre parte del territorio di questo piccolo Stato (la superficie territoriale è di poco superiore a quella della regione Abruzzo): il falco pescatore ed il coccodrillo.

Si tratta di due lager in stile americano con una gradazione alcolica simile (4,7 e 5,5%) e anche le caratteristiche peculiari sono similari: si presentano di un intenso color giallo dorato con una sottile schiuma e mettono in risalto gli aromi del mais. Sono presenti inoltre delle note zuccherate che conferiscono alle birre un certo grado di dolcezza.
IL CHAKALOW
Un’altra differenza rispetto al Gabon, riguarda la produzione artigianale della bevanda: contrariamente a quanto avviene nel Paese del quale abbiamo parlato la scorsa settimana (dove esiste anche un vero e proprio microbirrificio), in Gambia la birra tradizionale, realizzata nelle abitazioni, ha un unico nome in tutto il Paese, Chakalow, ed è lo stesso con il quale viene identificata in buona parte dell’Africa subsahariana nord-occidentale.
Viene realizzata con l’impiego del miglio, un cereale particolarmente resistente alla siccità, motivo per cui si presta alla coltivazione anche in aree semidesertiche, o aride, e su suoli poveri: grazie alle sue peculiarità costituisce anche una preziosa fonte di sostentamento per la popolazione gambiana.
Per quanto riguarda la preparazione della bevanda, che richiede alcuni giorni di lavorazione, anche qui, secondo la tradizione, viene realizzata dalle donne. Il primo passaggio prevede che il miglio venga immerso in acqua per un periodo che va dalle sette alle dieci ore e lasciato germogliare coperto con foglie di manioca o taro per mantenerlo umido.
Successivamente, viene lasciato asciugare al sole per tre giorni: una prassi che ricorda, almeno in parte, il processo di maltatura industriale. Una volta asciutto, il miglio viene macinato,riposto in una pentola (chiamata canari) con acqua e cotto per sei, otto ore.

ll liquido filtrato ottenuto viene chiamato “tossé”: a questo si aggiunge del lievito ed il composto viene lasciato fermentare durante la notte. Il risultato finale è una bevanda alcolica semi-fermentata che, nel tempo, continua a fermentare, motivo per cui il tasso alcolico aumenta.
Il chakalow non si conserva a lungo, motivo per cui viene prodotto, distribuito e consumato nell’ambito delle diverse comunità locali. Una bevanda tradizionale la cui sopravvivenza, nei Paesi di quest’area dell’Africa economicamente più sviluppati, è messa in pericolo dalle birre industriali locali ed importate.
Questo non avviene però in Gambia dove diversi fattori, in primis l’elevatissimo tasso di povertà e una rete per i trasporti via terra molto limitata, non consentono alla maggior parte della popolazione di acquistare i prodotti industriali: motivo per cui, nonostante l’esistenza del Banjul Breweries (le cui birre sono state anche premiate più volte a livello internazionale), la birra tradizionale Chakalow, prodotta nelle abitazioni, e che fa parte della cultura gambiana, continua ad essere la bevanda di gran lunga più diffusa.




