Il viaggio alla scoperta degli stili brassicoli approda in una delle culle mondiali dell’antica bevanda, la Gran Bretagna.
La scorsa settimana, il tour planetario alla scoperta di tutto quello che riguarda la birra si trovava nel Principato di Monaco, la piccola e ricca città-Stato affacciata sul Mediterraneo nel quale ha sede un unico birrificio, la ‘Brasserie de Monaco’, frutto dell’intraprendenza di Gildo Pastor-Pallanca, discendente di una famiglia miliardaria.
Questo in un territorio che non ha mai avuto alcuna tradizione brassicola, l’esatto contrario di quanto vedremo questa settimana, con il viaggio che approda in una delle culle mondiali dell’antica bevanda, la Gran Bretagna: in questa, e nelle prossime puntate, esploreremo quindi una parte fondamentale della storia della birra europea e mondiale. Racconteremo, nello specifico, la storia e gli sviluppi della birra britannica, e analizzeremo da vicino le caratteristiche di alcuni degli stili iconici nati in questo Paese.
Iniziando il racconto dall’antichità, gli antenati degli attuali scozzesi potrebbero aver iniziato a produrre birra nello stesso periodo degli Egizi, ovvero nel 5000 a.C.: vi sono infatti alcune testimonianze archeologiche trovate nelle Highlands, e in altre aree che oggi fanno parte della Scozia, che rivelano come la produzione di malto e birra risalga proprio a quel periodo.
Questi birrai dell’epoca aromatizzavano la birra con miele, bacche ed erbe selvatiche, mentre i Celti, insediatisi nelle isole Britanniche, erano soliti aggiungere giusquiamo nero (una pianta dagli effetti tossici che, fra le altre cose, può compromettere i tempi dei riflessi nervosi) e furono tra i primi a sviluppare l’essiccazione dei grani nei forni e ad arrostirli (questo dal 700 a.C.).
La cultura birraria avrebbe quindi iniziato a diffondersi in tutta Europa proprio grazie alle migrazioni delle tribù celtiche: in questo modo, nel I secolo a.C, sarebbe arrivata fino a Roma, dove il consumo dell’antica bevanda iniziò a diffondersi nonostante venisse considerata inferiore al vino.
La birra, infatti, entrò in molte case dell’Impero: le fonti storiche raccontano che, ad esempio, Agricola, governatore della Britannia, tornato a Roma nell’83 d.C. insieme a tre mastri birrai di Glavum (oggi Gloucester), trasformò la sua residenza nel prototipo di un moderno pub con produzione e mescita annesse.
Sarebbe stato però nel Medioevo che la birra avrebbe visto crescere la propria popolarità oltremanica: questo non solo perché la popolazione, in questo periodo, ne conosceva l’importante apporto calorico e nutrizionale, ma anche perché era diventata consapevole del fatto che era più salubre dell’acqua disponibile in quell’epoca storica.
A partire da questo periodo, inoltre, la birra inglese, nella maggior parte delle sue versioni, cambiò profilo aromatico: non più dolce, ma maggiormente legata alle note amare del luppolo. Questo cambiamento avvenne in seguito all’identificazione delle virtù qualitative di questo cereale.

Nonostante infatti, da sempre, diverse aree del Paese siano adatte alla coltivazione di questa pianta, la Gran Bretagna è stata una delle ultime patrie dell’antica bevanda ad accettarne l’utilizzo che, secondo le fonti, fino agli inizi del ‘700, era severamente vietato dalle autorità preposte al controllo della produzione birraria.
Solo a partire da questo secolo, è stato quindi inserito fra gli ingredienti base, dato che, in precedenza, non se ne conoscevano le caratteristiche organolettiche e quindi come avrebbe potuto modificare aromi e sapori della birra, soprattutto durante la fase della fermentazione e della conservazione nei magazzini: diversi degli stili iconici inglesi sono dunque nati senza uno degli ingredienti che oggi li caratterizza maggiormente.
Un altro aspetto importante da sottolineare, è come, sempre fino al ‘700, la produzione della birra fosse affidata alle donne che la vendevano fuori dalle proprie abitazioni per aumentare le entrate domestiche: solo successivamente iniziò ad essere un lavoro considerato da uomini e un business vero e proprio.
Business che avrebbe visto la Gran Bretagna utilizzare per prima nuovi mezzi tecnologici quali termometri, potenza a vapore, refrigerazione, e diventare, alla fine del secolo, il maggior esportatore di birra del mondo: stili inglesi come burton, porter e India pale ale (che erano nati fra la fine del ‘600 e l’inizio del secolo successivo) venivano già allora esportati fino in Russia, Asia, Nord America e Australia, dando modo alla Corona di veder crescere i propri profitti.
Se quindi fino al Settecento la produzione era stata affidata alle donne, una volta che questa passò agli uomini divenne un autentico commercio, si formarono le prime corporazioni (la Brewers Guild a Londra e la Edinburgh Society of Brewers in Scozia) e, in tutto il Regno Unito, furono aperti numerosi locali per la vendita della bevanda., fra i quali quelli che sarebbero diventati i celebri pub, conosciuti anche come ‘public house’.
Il considerevole aumento delle taverne nelle quali veniva servita la bevanda comportò una diffusione sempre più capillare di quella che stava diventando un autentico patrimonio culturale e tradizionale di tutta la popolazione britannica e sarebbe diventata uno dei simboli del Regno Unito nel mondo.




