HomeBirraGiro del mondo in birra: Nepal e la birra di riso, tchyang

Giro del mondo in birra: Nepal e la birra di riso, tchyang

Nuova tappa del viaggio alla scoperta dei prodotti brassicoli realizzati in tutto il mondo arriva in Nepal

Dopo le due soste in Madagascar e Mozambico, il tour torna in Asia allo scoperta della birra in Nepal: paese celebre, soprattutto, per la catena montuosa più alta del mondo, l’Himalaya.

Una delle vette maggiormente conosciute, l’Everest, specie negli ultimi anni, è diventata un’ambita meta turistica (nd.r.: una tipologia di viaggio che suscita aspre, e più che comprensibili, polemiche a causa delle morti che causa di alpinisti inesperti che affrontano l’ascesa).

La crescita del turismo, fra le altre cose, ha portato ad un aumento del consumo di prodotti brassicoli: secondo quanto riportato dal ‘World beer Index’ infatti in Nepal, ogni anno, ne vengono consumati 39 litri pro capite, più che nella confinante India (25).

Proprio questa bevanda, quella tradizionale, prodotta da secoli nelle abitazioni, costituisce un punto d’incontro fra le culture dei due Paesi: stiamo parlando della birra di riso, storicamente molto diffusa in tutta l’Asia meridionale, anche alle pendici dell’Himalaya, nell’estremità settentrionale della pianura indo-gangetica, ovvero quella porzione del territorio nepalese conosciuta con il nome di ‘terai’.

In India, come abbiamo avuto modo di vedere, la bevanda è conosciuta con il nome di ‘Handia’: in Nepal invece la birra ottenuta dalla fermentazione di questo cereale viene chiamata ‘tchyang’ e, secondo alcuni storici, potrebbe avere una storia millenaria.

tchyang, birra di riso

Nella preparazione il riso (si utilizza quello ad elevato contenuto di glutine) viene pulito sciacquandolo più volte con l’acqua: in seguito, viene cotto e distribuito su tappetini che vengono realizzati con foglie di bambù, oppure di banano, per essere scolato.

A questo punto viene aggiunto l’humao (una botanica) al riso: si tratta di uno starter tradizionale realizzato con farina di riso e corteccia di Albizia (pianta molto diffusa in quest’area dell’Asia) grattugiata che inizia la fermentazione la quale dura più giorni a seconda della stagione.

Quando il riso comincia a rilasciare del liquido zuccherino, questo viene preso e trasferito all’interno di coni chiamati khulu i quali vengono sistemati sopra a dei recipienti che dovranno raccogliere tutto il liquido che cola. Una volta compiuta la colatura, la birra tradizionale è pronta per essere servita e consumata.

Viene realizzata soprattutto in occasione di feste religiose, oppure di matrimoni e funerali, per essere bevuto durante i pasti.

Passando a parlare della nascita della birra nepalese in versione moderna, essa deve la sua nascita alla vicinanza geografica con l’India e al passaggio storico che, nei secoli scorsi, ha accomunato i due Paesi: la colonizzazione di questi territori da parte dell’Impero britannico.

L’inizio della produzione della bevanda ebbe infatti inizio grazie ai rapporti militari fra il Nepal e la Gran Bretagna, soprattutto da quando, nel XIX secolo, un gruppo di guerrieri nepalesi conosciuti con il nome di Gurkhas (o Gorkhas), venne ingaggiato per servire la corona britannica: una scelta dettata dalle grandi abilità guerriere di questi combattenti, presenza che divenne strategica a tal punto da indurre il Governo britannico a costituire un vero e proprio reggimento Gurkha.

Lo stretto rapporto tra la cultura nepalese ed inglese favorì gli scambi reciproci di usi e tradizioni, anche per quanto riguarda la birra: proprio l’antica bevanda fu uno degli elementi che maggiormente contribuirono all’integrazione ed alla crescita delle due culture.

La produzione, secondo gli stili classici della tradizione inglese, venne avviata in molti locali del Nepal, conquistando via via le preferenze della popolazione.

Nel volgere di pochi anni, inoltre, i primi mastri birrai nepalesi, formatisi grazie al lavoro svolto sotto la guida dei colleghi britannici, crearono la loro prima birra artigianale le cui caratteristiche furono apprezzate a tal punto dagli inglesi da indurli ad importarla nel Regno Unito dove, ancora oggi, è molto apprezzata.

Il primo vero e proprio birrificio a produrla è stato inaugurato nei pressi della capitale Katmandu nel 1989 e sia questo che la birra si chiamano Gorkha, ovvero come il gruppo di combattenti al servizio della corona britannica.

La bevanda, con una gradazione alcolica del 5,5%, si presenta di color dorato tendente all’ambra e mette in risalto note maltate accompagnate da quelle di alcuni frutti fermentati fra i quali uva e mele.

bottiglia di Everest Ice, birra

Questa prima birra artigianale nepalese, ha dato vita alla ‘craft beer revolution’ locale: oggi infatti qui sono presenti diversi piccoli birrifici i cui prodotti si rifanno ai diversi stili inglesi.

Fra le altre, troviamo la lager ‘Everest Ice’, prodotta per la prima volta nel 2003 come tributo agli alpinisti sherpa Tenzing Norgay e Edmund Hilary che, cinquant’anni prima, nel 1953, furono i primi uomini a raggiungere la vetta dell’Everest.

Birra nepalese che, nel corso degli anni, grazie anche ad una tradizione plurisecolare nella produzione domestica, ha accresciuto la propria popolarità sia in patria che all’estero diventando un simbolo del Paese soprattutto in Gran Bretagna: merito dell’abilità dei mastri birrai locali e della qualità delle materie prime.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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