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Giro del mondo in birra: Zimbabwe

La scorsa settimana il viaggio alla scoperta di tutte le birre prodotte nel mondo era in Zambia, uno dei Paesi più poveri del mondo. Una difficile situazione finanziaria che caratterizza anche lo Zimbabwe dove il tour approda in questo nuovo appuntamento.

In Zimbabwe, nel 2022, il tasso d’inflazione ha raggiunto il 200%. Un aspetto sul quale, prima, ha inciso la pandemia e, successivamente, la guerra in Ucraina: questi due eventi hanno duramente colpito un sistema economico già in grave difficoltà a causa dei cambiamenti climatici.

Contrariamente a quanto avviene nel confinante Zambia qui però esiste un piccolo movimento birrario artigianale: questo lo si deve al fatto che in Zimbabwe, colonia britannica fino al 1965, il 3,5% della popolazione è ancora composto da discendenti dei colonizzatori d’oltremanica.

Alcuni di questi dispongono d’importanti risorse economiche (in molti casi frutto dell’estrazione di minerali pregiati dei quali il sottosuolo un tempo era ricco) che investono anche nella produzione di birra. Il primo imprenditore locale, nonché mastro birraio, a muoversi in tale direzione è stato Peter Triggs che, nel 1997, ha fondato il ‘Bespoke brewers”.

Il birrificio, situato nel centro della capitale Harare, oggi propone cinque referenze birrarie e altrettanti stili che si rifanno alla tradizione britannica: fra queste troviamo una india pale ale con una gradazione alcolica del 4,5% caratterizzata da un intenso aroma di luppolo; il portfolio della casa, fra le altre, presenta anche una bitter, birra amara per eccellenza realizzata con luppolo della qualità East Kent Goldings.

Seguendo l’esempio di Peter Triggs, a partire dagli anni duemila, altri discendenti dei coloni britannici hanno investito nella produzione artigianale della bevanda: sono così nati, ad esempio, il ‘The river brewing company’ (situato vicino alle Cascate Vittoria) e, nella città di Bulawayo, l’ ‘Hog and Hunter Breweries’.

The river brewing company

La porter ‘Black Jack’, secondo le testimonianze raccolte dal portale ‘Rate beer’, è la birra più apprezzata del primo birrificio: si presenta di colore bruno con una schiuma marrone chiaro ed un profilo aromatico nel quale risaltano le note di caramello e di cacao.

Il secondo produttore invece, fra le altre, propone una golden ale con una schiuma abbondante ed un aroma nel quale spiccano note maltate; nel portfolio della casa è presente anche una red ale di matrice irlandese la quale si presenta di colore rosso cristallino con un profilo aromatico in cui emergono sentori di caramello tostato e nocciola.

Queste birre però, a causa della grave situazione d’indigenza nella quale versa il 68% circa della popolazione, sono accessibili ad un numero assai ristretto di zimbabwesi: questo il motivo per cui è ancora la birra tradizionale a base di marula il prodotto brassicolo più diffuso.

La marula (Scelerocarya birrea) è senza dubbio una delle più importanti piante indigene africane e ha grandi potenzialità in agricoltura, anche per il futuro. Vanta una storia antichissima: vari reperti archeologici, risalenti anche a 10.000 anni fa, mostrano infatti che l’albero è sempre stato una fondamentale fonte di nutrimento.

Noto come il frutto che “fa impazzire gli elefanti”, è uno dei tesori botanici africani: ricco di minerali e vitamine, è protagonista di numerose leggende e molti sono gli usi a cui ogni sua parte è adibita. La pianta ha una chioma arrotondata e una corteccia ruvida: i fiori nascono in piccoli mazzi e i frutti sono grandi e arrotondati e crescono sia a fine estate che in pieno inverno tra gennaio e marzo.

La produzione di questa bevanda è un vero e proprio evento sociale che vede come protagoniste le donne. La preparazione avviene in casa: dopo la raccolta, i frutti vengono pelati e la polpa fatta a pezzetti in un contenitore dove viene aggiunta dell’acqua.

Una volta tritata la parte solida, il liquido che si ottiene è molto denso: per questo motivo, l’impasto viene setacciato per rimuovere resti e semi (che verranno utilizzati per la produzione di altri alimenti tradizionali) e lasciato riposare per 4 giorni passati i quali la bevanda a base di marula è pronta per il consumo.

birra tradizinoale zimbabwe

Nelle regioni meridionali del Paese, al confine con il Sudafrica, è assai diffusa anche un’altra birra tradizionale: questa viene realizzata con una miscela di farina di mais, malto tritato di mais e di sorgo, acqua e lievito ottenuto dalla radice della pianta ‘moerwortel, Glia gummifera’.

Un elevato quantitativo di malto di mais conferisce alla bevanda una tonalità di colore più chiaro ed un sapore dolce, mentre un contenuto superiore di malto di sorgo fa sì che sia più scura. In generale, questa birra è molto ricca di vitamina B e presenta un basso contenuto alcolico: si presenta densa e cremosa grazie al mais utilizzato ed ha un aroma forte e distintamente acido.

La bevanda, generalmente, viene versata in un grande contenitore: questo per fare in modo che possa essere condivisa con tutta la comunità in occasione d’importanti avvenimenti come il ritorno a casa dei giovani dopo il rito d’iniziazione o durante i banchetti nuziali.

Le due birre tradizionali in questione rivestono un ruolo sociale e culturale molto importante presso le popolazioni indigene dello Zimbabwe e costituiscono anche una preziosa fonte di sostentamento: questo in un Paese che, come visto, presenta anche un piccolo panorama artigianale delle moderne birre, il quale però è riservato alla ristretta élite economica e sociale locale.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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