Fino a poco più di 10 anni fa, alla Certosa di Pavia, era prodotto un liquore derivato – stando alla leggenda – dalla stessa ricetta della famosa Chartreuse francese. E oggi sono in molti a rimpiangerlo.
Allarme Chartreuse: ancora una volta il liquore prodotto dai monaci certosini di Vauvert, in Francia, è pressoché introvabile, a causa della decisione degli stesso monaci di produrre solo il numero di bottiglie strettamente necessario per provvedere, con le vendite, al sostentamento del loro monastero (clicca qui per conoscerne la storia). E’ così scattata la ricerca delle alternative per poter preparare cocktail che prevedono nella ricetta il liquore di erbe transalpino, come – per limitarci a quelli presenti nella lista Iba – il Last Word, lo Chartreuse Swizzle, il Tipperary (con Chartreuse verde) e il Naked and Famous (con Chartreuse gialla).

Gra-Car, la “Chartreuse italiana”
E pensare che, fino a una poco più di una decina di anni fa, in Lombardia veniva prodotto un liquore che, stando alla leggenda, era uno stretto parente proprio della Chartreuse: si chiamava Gra-Car, acronimo di Gratiarum Chartusia (Certosa delle Grazie in latino), ed era nato nel 1892 alla Certosa di Pavia. Si narra infatti che in quell’anno un monaco certosino originario di Grenoble sia arrivato dalla Francia al monastero pavese, dove avrebbe rivelato la ricetta della Chartreuse (elaborata nel 1764 sulla base di un elisir preparato dai monaci sin dal 1605) a Ignazio Giraud, un ex garibaldino ed ex console dell’Uruguay ritiratosi proprio nella certosa, che iniziò quindi a produrre la sua versione del liquore, oltre ad alcuni profumi, insieme con il genero Enrico Maddalena, in alcuni locali concessi dai monaci.

In poco tempo, il Gra-Car divenne sempre più richiesto dai visitatori della Certosa di Pavia e il laboratorio di produzione fu trasferito in una cascina poco distante, sul viale di accesso al complesso dei certosini. Proprio come la Chartreuse, il liquore lombardo era proposto in due versioni: verde, più forte e secco e con una gradazione alcolica del 43% vol., e gialla, più dolce (40% vol.); inoltre c’era anche una variante infusa con chicchi di caffè.
La ricetta perduta
A partire dal 1913 il Gra-Car venne pubblicizzato sulla cassa delle due vetture tranviarie a cavalli che prestavano servizio sulla breve linea che collegava la Certosa di Pavia alla stazione ferroviaria di Certosa, costruita per iniziativa dello stesso Enrico Maddalena, il quale nel frattempo aveva assunto la guida del liquorificio.

La tranvia cessò il servizio nel 1944, verso la fine della guerra (una delle vetture è tuttora esposta nel cortile del Gra-Car bistrot, riaperto lo scorso anno di fronte alla Certosa di Pavia), mentre la produzione del liquore continuò fino al 2013 grazie ad Alma Maddalena, figlia di Enrico, che aveva preso le redini del laboratorio alla morte del padre. In quell’anno la signora Alma, ormai 94enne e senza figli, decise di chiudere l’attività: sarebbe morta tre anni dopo, portandosi nella tomba – a quanto si dice – la ricetta dello storico liquore perché, scrisse fra le sue ultime volontà, “il liquore dei frati è nato a Certosa e deve rimanere a Certosa”.
Le possibili alternative
Si è così persa la possibilità di avere un’alternativa made in Italy alla Chartreuse, probabilmente non identica (lo si evince già dal fatto che il liquore francese ha una gradazione alcolica superiore di 12° nella versione verde e di 3° in quella gialla), ma derivata comunque dalla stessa ricetta originaria. Così, non potendo oggi disporre del Gra-Car, per far fronte alla penuria di Charteuse non si può fare altro che sperimentare altri liquori alternativi basati su ricette vagamente assimilabili, anche se nessuna potrà riprodurre esattamente il mix di 132 botaniche che compone il liquore francese (nella versione verde).
Fra le diverse possibilità individuate da Difford’s Guide non mancano quelle italiane, dal Sant’Antonio Luxardo al Centerba Esprit, fino al Faccia Brutto Centerbe, alle quali si affiancano alcune produzioni artigianali come quella realizzata, solo per “uso interno”, da Manifattura Firenze.
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