Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai prodotti tipici di tutto il pianeta, che la scorsa settimana si trovava in Burkina Faso, oggi approda in Burundi.
Questa settimana il tour non cambia continente, ma si sposta in Africa centrale per approdare nella regione dei grandi laghi: il viaggio infatti si trova in Burundi. Il nome significa la ‘Terra di chi parla Kirundi’, ovvero la lingua ufficiale del Paese che presenta una particolarità singolare: non prevede l’uso dell’articolo.
Un territorio questo costantemente dilaniato da confitti etnici e lotte di potere (ai quale si aggiunge un altissimo tasso di corruzione): queste le ragioni principali per cui si tratta di uno degli Stati più poveri del pianeta, dove più dell’80% della popolazione vive con meno di un euro al giorno. Questo aspetto, senza dubbio, contribuisce al fatto che le due bevande tradizionali, realizzate con i prodotti dell’agricoltura locale siano tutt’oggi diffusissime.
La prima è l’’Urwagwa’, a base di banana, derivata dalla fermentazione della varietà del frutto conosciuta con il nome di ‘Musa acuminata’, molto apprezzata soprattutto dalla popolazione che vive nella zona del lago Tanganica, nel Burundi meridionale e anche nel confinante Ruanda.

Questo prodotto viene realizzato esclusivamente per il consumo domestico ed è condiviso con amici e parenti. La fermentazione di questa bevanda avviene in una cisterna di legno ricoperto di foglie di banano: il succo è ottenuto mescolando (o pressando) banane mature con l’uso di erba (inshinge) che spesso cresce ai lati delle montagne.
Il primo passaggio per prepararlo prevede che si schiaccino energeticamente le banane e le infiorescenze nella cisterna con le mani: una volta che il composto è ben pressato e amalgamato, si aggiunge acqua a sufficienza per diluire il livello degli zuccheri, così da ottenere un contenuto alcolico fra il 5% e il 15%.
Il contenuto della cisterna (umuvure) deve quindi essere mescolato per altre due ore: trascorso questo arco di tempo, la miscela di foglie e banane viene pressata per estrarne il succo. Successivamente, si distribuisce sopra alla bevanda una preparazione di acqua e malto di miglio o sorgo (germogliato, leggermente tostato e macinato) chiamata mulolo o mujimbi e il tutto viene poi ricoperto con delle foglie di banano e conservato in un luogo caldo per tre giorni.
Gli enzimi presenti nel miglio o nel sorgo germogliato permettono all’amido residuo nella frutta e nel malto di continuare il processo di fermentazione, che avviene grazie alla presenza del lievito e ai batteri lactobacilli: questo passaggio ha una durata temporale assai diversa, a seconda della gradazione alcolica che si vuole ottenere.
Terminata questa fase, l’urwagwa viene nuovamente filtrato: una volta pronto deve essere consumato entro una settimana. Se miscelato con altri prodotti cambia nome: se si aggiunge del miele, ad esempio, il prodotto diventa ‘inturire’, oppure, se fermentato senz’acqua, è noto come ‘butunda’.
La seconda bevanda tradizionale del Burindi è l’’Ikigage’ a base di sorgo, un cereale la cui coltivazione è assai diffusa in questa regione dell’Africa: questo prodotto, di norma non si trova in vendita ma si prepara in casa, solo ed esclusivamente per il consumo famigliare.
La preparazione è piuttosto semplice e, come primo passaggio, prevede che il sorgo venga lavorato secondo il metodo tradizionale, ovvero che sia immerso completamente in un grande recipiente pieno d’acqua dove è lasciato in ammollo per tre giorni.
Trascorso questo arco temporale, il cereale viene scolato e, nel giro di qualche giorno, inizia a fermentare. Il processo conferisce alle granaglie un aroma assai gradevole e, a questo punto, il sorgo viene lasciato al sole per tre o quattro giorni e poi pestato in un mortaio per ottenere una farina che viene mescolata per ottenere un concentrato destinato ad essere diluito in acqua.
Una volta che si è raffreddato, viene travasato in un grande recipiente dove, per aiutare la fermentazione, si aggiunge del malto ( quello impiegato per fare l’’ikigage’ deve essere precedentemente preparato miscelandolo con un’altra pianta tradizionale conosciuta come ‘imbazi’).
La miscela di sorgo maltato viene lasciata riposare per una notte in un luogo caldo e riparato ed il giorno successivo, la bevanda tradizionale è pronta per il consumo: aggiungendo del miele si ottiene una variante conosciuta come ‘inkangaza’ che viene consumata in occasione di numerose ricorrenze religiose o riti tribali.
Queste bevande delle quali abbiamo parlato svolgono un ruolo molto importante nella vita sociale dei diversi gruppi etnici che popolano il Burundi, dato che non solo svolgono un ruolo centrale nel corso di diverse tipologie di ricorrenze (come le cerimonie nuziali), ma costituiscono anche un’insostituibile fonte di sostentamento in una delle aree più povere del pianeta.




