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Le bevande tradizionali del Costarica

Dopo la pausa natalizia, riparte il viaggio alla scoperta dei prodotti tipici di tutto il pianeta: l’ultima tappa del 2024 era stata in Costa d’Avorio, Paese caratterizzato da un’insidiosa morfologia costiera, fatta di profonde lagune, arcipelaghi sabbiosi e promontori rocciosi e da un entroterra che invece si adatta a diverse tipologie di coltivazioni.

Per questo motivo, oltre al fatto di poter contare su una delle economie più solide di tutto il continente, quello ivoriano è uno dei palcoscenici africani più variegati per quanto riguarda i prodotti tipici: quello maggiormente apprezzato e diffuso è senza dubbio il ‘Tchapalo’ a base di miglio che, per preparazione e caratteristiche, ricorda il ‘Dolo’ del vicino Burkina Faso.

Il nuovo anno, per il nostro tour, si apre con un cambio di continente: dall’Africa infatti vola in centroamerica e approda in Costarica, l’ex colonia spagnola che, nonostante un’estensione territoriale alquanto limitata (inferiore a quella di Piemonte e Sicilia messe insieme) presenta una grande biodiversità di ecosistemi fra vulcani, foreste pluviali e spiagge caraibiche.

Basti pensare che qui vivono circa 1500 specie di pesci e 700 di uccelli: una varietà resa possibile anche dal fatto che questo territorio si affaccia sia sull’oceano Pacifico che sull’Atlantico. Una collocazione geografica ideale anche per lo sviluppo di diverse tipologie di coltivazioni, come quella dei mais, le cui prime tracce risalgono all’epoca della civiltà precolombiana qui vissuta, ovvero quella dei Maya.

Non è un caso quindi che una delle bevande nazionali tradizionali per eccellenza sia proprio a base di granoturco: conosciuta con il nome di ‘chicheme’, la preparazione prevede che il cereale venga immerso in acqua calda, addizionato di canna da zucchero e bucce di agrumi e lasciato fermentare per alcuni giorni. In seguito, viene filtrato e bollito per circa 20 minuti con l’aggiunta di spezie quali chiodi di garofano e cannella.

chicheme bevanda Costarica

Viene consumato soprattutto durante le più importanti ricorrenze religiose specie nell’area della capitale San José: la sua origine, secondo gli storici, risalirebbe proprio al periodo della massima espansione dell’impero Maya. La ricetta ha però subito delle importanti modifiche durante il dominio spagnolo: furono i colonizzatori infatti ad introdurre l’utilizzo della canna da zucchero facendola diventare a tutti gli effetti una ricetta dolce.

Questa bevanda a base di mais si presenta piuttosto densa e torbida, con una schiuma persistente in superficie: si contraddistingue anche per la bassa gradazione alcolica (mai superiore al 3%) che la rende particolarmente rinfrescante e dunque adatta al clima tropicale.

Il colore varia dal rosso scuro al giallo chiaro a seconda della qualità di granoturco utilizzato e dai diversi dosaggi delle spezie: questi infatti sono differenti a seconda della zona di produzione. Soprattutto nell’antichità, infine, veniva preparata partendo dal mais masticato: grazie agli enzimi presenti nella saliva, in questo modo, era già pronta per la fermentazione.

Il Costarica, inoltre, come tutti i Paesi di questa macroarea del pianeta, è celebre per la produzione di distillati esportati in tutto il mondo: quello nazionale costaricense è, senza ombra di dubbio, il ‘guaro’, che, per gli aromi che sprigiona, è simile alla vodka, ma è più leggero (almeno nella sua versione originale) dato che presenta una gradazione alcolica non superiore al 30%.

La canna da zucchero, ingrediente base di questo superalcolico (ed un altro dei prodotti dell’agricoltura sul quale si è basata per secoli l’economia del Paese) viene lavorata a mano senza l’ausilio di alcun additivo chimico ed è coltivata insieme ad altri prodotti quali mais, manioca, banana o mango che possono essere utilizzati per aromatizzare il distillato o unirli per crearvi alcuni dei celebri cocktails locali.

Il ciclo di produzione della pianta è di 18 mesi e viene coltivata durante tutto l’anno in modo da avere sempre del prodotto da distillare: una volta tagliata, la si trasporta alla distilleria dove deve essere lavorata il giorno stesso o, al massimo, la mattina seguente.

L’arbusto viene quindi macinato e il suo succo inizia spontaneamente, senza bisogno di additivi, una lunga fermentazione (che dura almeno cinque giorni) in tini di legno o di metallo: finita questa fase, inizia la distillazione in alambicchi di rame alimentati dal ‘bagaso’, ossia lo scarto essiccato della pianta.

Il liquido, puro e trasparente, esce dall’alambicco a circa 30 gradi e a tale gradazione viene sia conservato che consumato. Dal colore limpido con il quale si presenta deriva il nome ‘clairin’ (‘kleren’ in creolo, ossia ‘chiaretto’), che esprime pienamente le caratteristiche aromatiche vegetali delle varietà di canna da zucchero utilizzate: proprietà che saranno riscontrabili anche nel prodotto finito, ovvero il ‘guaro’, che si ottiene dopo un’ulteriore distillazione.

Questo tradizionale distillato costaricense, come detto, costituisce anche la base di alcuni cocktails: i più celebri sono il ‘Guaro sour’ (realizzato con l’aggiunta di succo di limone fresco e sciroppo di zucchero) e il ‘Chiliguaro’ (la cui ricetta prevede l’impiego anche di succo di pomodoro, limone, sale e tabasco).

Due bevande che oggi si possono degustare anche in numerosi locali d’Italia: un modo per assaporare autentici sorsi di storia e tradizione costaricense che comprende anche altri prodotti tipici (come la ‘kola’ a base di frutta e latte condensato) realizzati con materie prime coltivate localmente.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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