Nuovo appuntamento con il viaggio alla scoperta dei prodotti tradizionali dei Paesi di tutto il mondo: la scorsa settimana il tour si trovava nei Caraibi, oggi siamo in Argentina.
L’esplorazione, lasciato il piccolo territorio caraibico, si sposta in America Latina e approda in Argentina, uno degli Stati più grandi del mondo per estensione (è ottavo in questa particolare classifica) ed, anche per questo motivo, è abitato da numerose etnie ciascuna delle quali con le proprie tradizioni, anche in fatto di bevande: per tale motivo, in questo articolo e in quello della prossima settimana, racconteremo di alcune di queste.
Le ‘alojas’ sono una tipologia di bevande fermentate e, nello specifico, quella ‘de molle’ viene realizzata con il frutto dell’albero ‘molle de beber’ (‘molle da bere’, Lithraea molleoides) che fioriscono in primavera e i cui frutti sono piccoli, rotondi e di colore verde.
Questo albero è tipico dell’Argentina nord occidentale e centrale e cresce sopra i 400 metri rispetto al livello del mare, solitamente tra gli 800 e i 1000: raggiunge un’altezza di 10 metri e le sue foglie contengono anche il litriolo, una sostanza che risulta irritante se a contatto con la pelle.
L’albero del molle è associato ad una leggenda locale nella quale si narra di una giovane donna chiamata Aruera, una bellissima indigena il cui cuore fu spezzato molte volte: ella infatti s’innamorava spesso e ciecamente ma veniva sempre tradita dai suoi amanti.
Un giorno smise di credere nell’amore e divenne profondamente triste: tale stato d’animo, in poco tempo, l’avvelenò e la portò alla morte. Aruera si reincarnò in un albero di molle, accompagnata dalla grande quantità di veleno che riempiva il suo cuore affranto.
Questo il motivo per cui, quando ci si imbatte in uno di questi alberi, l’usanza vuole che si cerchi d’ingannarlo per evitare di soffrire dei suoi molteplici effetti negativi: si deve quindi salutare la pianta come se fosse il momento opposto della giornata, ovvero dicendo “buongiorno” la sera e “buonasera” durante la mattina.
Per preparare la bevanda di molle i frutti vengono sbattuti all’interno di mortai per fare in modo che rilascino tutto il succo che poi viene miscelato con acqua e lasciato a fermentare in contenitori di legno per tre o quattro giorni. Il liquido è poi filtrato attraverso dei panni di canapa prima di essere imbottigliato.
Presso gli indigeni l’albero di molle rivestiva grande importanza non solo per la bevanda e come alimento, ma anche per effettuare dei riti sia di guarigione che propiziatori. Oggi, invece, in Argentina la produzione di” aloja de molle” è destinata quasi esclusivamente al consumo domestico: tuttavia è ancora possibile acquistare la bevanda nelle sagre e nei festival regionali.
L’’aloja di chaucha’, invece, è una bevanda alcolica che si ottiene dalla carruba: il processo di preparazione prevede una frantumazione grossolana all’interno di un mortaio dei ‘chauchas’ di carruba, ovvero dei semi della pianta, preferibilmente quelli bianchi.
Il composto che si ottiene viene miscelato con acqua e deposto a fermentare in un contenitore e lasciato in assenza di luce per quattro giorni: in questa fase si genera l’alcol etilico che dà origine al prodotto finale, ovvero una bevanda assai gradevole e saporita che viene consumata in varie occasioni.
Questo prodotto tradizionale infatti, ad esempio, gioca un ruolo centrale nella festa del ‘Chiqui’, una cerimonia che si svolge ogni anno, che ha come obiettivo quello di allontanare la cattiva sorte presente in diverse comunità e villaggi delle provincie di La Rioja e Catamarca situate nella parte nord-occidentale del Paese.
‘Api’ invece è il nome, nel dialetto dei Quechua ( una popolazione di circa 14 milioni di persone che popola la regione andina comprendente Perù, Bolivia, Ecuador, Cile e Argentina), di una bevanda che si ottiene dalla fermentazione dei grani del mais: si tratta di una bevanda calda a cui sono attribuiti molti benefici per la salute.
Storicamente si consumava quasi esclusivamente nella regione andina della Bolivia e in particolare nei dipartimenti di La Paz, Oruro, Potosí e Tarija, ma, successivamente, il consumo si è diffuso anche nelle province settentrionali argentine di Jujuy, Salta e Tucuman.
L’api è una bevanda tipica di origine inca consumata durante numerose ricorrenze sia religiose che non, la cui ricetta è mutata nel corso del tempo: cambiamento che è stato favorito dall’arrivo dei coloni spagnoli, i quali, diffondendo l’uso della canna da zucchero come dolcificante, hanno promosso per primi il consumo dell’api dolcificato fino a farlo diventare a tutti gli effetti una bevanda dolce.
La preparazione prevede che il mais venga immerso in acqua calda con zucchero e bucce di agrumi e lasciato a fermentare per alcuni giorni fino a quando non termina il processo. Successivamente, viene filtrato e bollito per 20 minuti con l’aggiunta di spezie, come chiodi di garofano e cannella ed eventualmente altro zucchero.
Le bevande a base di molle, nelle varie declinazioni, come quella che si ottiene dalla fermentazione delle carrube, unitamente a quella ottenuta dal granoturco, sono fra quelle che vantano la tradizione più longeva nel Paese dell’America Latina: a queste, nel corso dei secoli, se ne sono aggiunte altre, come alcune tipologie di vino (di cui parleremo la prossima settimana) che oggi costituiscono uno dei fiori all’occhiello del made in Argentina.