Mentre la produzione olivicola nelle zone classiche dell’Italia è in crisi a causa delle estati sempre più calde e asciutte e delle sregolatezze climatiche in generale, la coltura dell’olivo si allarga a regioni che un tempo, a questo prodotto tipicamente Mediterraneo, proprio non pensavano.
È il caso del Piemonte regione in cui negli anni si è strutturato anche un Consorzio di produttori professionali, che in tutto hanno ormai circa 300.000 piante, spalmate su 350 ettari di terreno, che fruttano circa 200-300 ettolitri di olio ogni anno.
Nella provincia di Torino l’aumento di produzione di olive ha toccato il 75% negli ultimi tre anni, e sono presenti 80 aziende che vi si dedicano.
La finalità con cui è stato creato il Consorzio è quella di aiutare tutti quelli che vogliono impiantare questa coltura relativamente nuova (in tempi storici vi erano già coltivazioni, poi abbandonate col raffreddamento del clima), e cercare di valorizzare sempre di più il prodotto finito, con l’obiettivo di ottenere una indicazione geografica protetta o qualche altra forma di riconoscimento.
Negli ultimi anni è stato avviato anche un progetto (in collaborazione con atenei e centri ricerca specializzati) per fare in modo che le nuove piantagioni di olivo siano derivate da piante storicamente presenti nell’area; sono state mappate le piante secolari e da queste si innestano le nuove piante che andranno a ripopolare i colli piemontesi.
Parallelamente alla coltivazione dell’olivo rinascono anche i frantoi: diversi sono stati recuperati e aperti di nuovo negli ultimi anni e servono stagionalmente i vari produttori; ultima tappa di questa filiera che si riavvia, è quella che richiede la collocazione corretta sul mercato il prodotto finito: per far questo sono stati avviati corsi per assaggiatori professionali in modo tale che poi i sommelier possano spiegare al pubblico le caratteristiche dell’olio piemontese, certamente molto diverso da quelli del centro e del sud Italia.