Dopo una crescita costante durata quasi quarant’anni, negli Stati Uniti frena il settore della birra artigianale. Ecco cosa sta succedendo.
Non vi è dubbio che negli ultimi decenni, in Italia, si stia assistendo ad un vero e proprio boom della filiera artigianale della birra, che oggi conta 1085 attività produttive le quali, dal campo alla tavola, danno lavoro a circa 93.000 addetti: un numero destinato a crescere nei prossimi anni.
I consumi della bevanda artigianale lungo la penisola, inoltre, sono destinati quest’anno a superare il record storico di oltre di 2 miliardi di litri, generando un volume di fatturato che, considerando tutte le produzioni, vale più di 9,5 mld di euro.
A fare da traino sono le birre realizzate con l’utilizzo di ingredienti particolari, non pastorizzate e non microfiltrate per esaltare le caratteristiche aromatiche di un prodotto apprezzato da tutte le fasce di età, con i giovani che sempre più cercano la degustazione di qualità più che di quantità: due boccali su tre, infatti, come riportano le statistiche, sono riempiti con prodotti nazionali.
Non mancano neppure numerosi addetti coinvolti nello sviluppo del turismo birrario, che portano avanti l’ambizioso progetto di creare almeno una strada della birra in ogni regione d’Italia per far conoscere i territori e presentare le sempre più numerose produzioni locali: la prima è stata inaugurata nella regione Marche ad aprile di quest’anno.
Uno scenario, quello italiano, che è l’opposto di quello statunitense, dove dopo uno sviluppo costante durato quasi quarant’anni, la crescita del settore brassicolo artigianale sembra giunta al termine: per la prima volta infatti, nel 2022, i volumi delle vendite dei produttori di birra piccoli e indipendenti non sono cresciuti, anzi, seppur piccola, hanno subito una contrazione.
Secondo i dati diffusi dalla Brewers Association, lo scorso anno, la produzione è stata di 29,0 milioni di ettolitri, leggermente inferiore ai 29,6 dell’anno precedente: nonostante questo resta in crescita il numero totale dei birrifici operativi, che negli Stati Uniti è di 9.709 rispetto ai 9.384 del 2021.
Durante tutto l’anno, inoltre, ci sono state 549 nuove aperture a fronte di 319 chiusure: il tasso di chiusura è aumentato nel 2022, continuando peraltro a rimanere relativamente basso, intorno al 3%. Dati che, secondo gli esperti, lasciano aperta la possibilità di una ripresa del settore in tempi brevi.
Il mercato complessivo della birra è diminuito del 3% in volumi: il valore in dollari al dettaglio è stato stimato in 28,46 miliardi, che rappresenta una quota di mercato del 24,6% e una crescita del 6% rispetto al 2021. La crescita a valore non dipende dai volumi, ma deve essere attribuita ai prezzi più elevati praticati dai punti di vendita a causa dell’aumento dei costi ed alla ripresa delle vendite all’interno dei birrifici che hanno un costo medio più elevato.
“Il 2022 ha presentato ai piccoli produttori di birra una serie di sfide, tra cui l’aumento dei costi operativi e dei materiali e l’aumento della concorrenza, in particolare nella distribuzione”, ha spiegato Bart Watson , capo economista di Brewers Association.
“In questo mercato, maturo e competitivo, è difficile ottenere una crescita collettiva per la categoria” ha sottolineato lo stesso Watson. Dati, quelli pubblicati dalla Brewers association, che sono quindi in controtendenza rispetto ai numeri forniti dalla stessa associazione relativi al 2021: un anno che, con le riaperture dei locali post pandemia, aveva fatto registrare una leggera crescita dei volumi, passati dal 13,1% al 13,2%. Nel medesimo anno, inoltre, il valore in dollari al dettaglio era stato stimato in 26,9 milioni, con una crescita del 21% rispetto al 2020.
Una battuta d’arresto che sottolinea come, con ogni probabilità, negli Stati Uniti, uno dei leader mondali nella produzione artigianale, il mercato richieda ulteriori innovazioni attraverso la proposta di nuovi arom,sapori e differenti modalità di acquisto e consumo: una nuova sfida quindi per un settore che, in quarant’anni, ha sempre saputo dimostrarsi reattivo e propositivo nell’andare incontro alle richieste dei consumatori.
Un’abilità che ha sottolineato anche Bob Pease, presidente e CEO della Brewers Association: “La capacità dei birrai artigianali di correre rischi, innovare i sapori e costruire realtà produttive e di vendita al dettaglio migliori ha reso gli Stati Uniti la capitale mondiale della birra artigianale”.
Una posizione di leadership alla quale i piccoli e medi produttori d’oltreoceano non vogliono rinunciare, anche in virtù del fatto che gli statunitensi sono fra i maggiori consumatori al mondo dell’antica bevanda: come riporta il ‘World beer index’, infatti, i consumi di birra si aggirano sui 282 litri pro capite annui. Un dato che, senza dubbio, darà delle ulteriori motivazioni per rispondere alle nuove richieste del mercato americano che è composto da un numero crescente di appassionati alla ricerca di prodotti di qualità, alternativi a quelli industriali e che richiedono anche di poter usufruire di nuove modalità d’acquisto.