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Brasile e le sue varietà di bevande tradizionali

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai prodotti tradizionali di tutto il pianeta. La scorsa settimana il viaggio si trovava in Botswana: nel Paese africano, come del resto in tutti gli altri del medesimo continente, come visto, le birre a base di cereali coltivati localmente rivestono un ruolo sociale di grande importanza.

Fra di esse quelle maggiormente diffuse sono la birra di marula (si tratta di una pianta che riveste grande importanza anche in agricoltura) e quella conosciuta con il nome di  ‘Umqombothi’ che viene prodotta con una miscela di farina di mais, malto tritato di mais e di sorgo, acqua e lievito.

Il tour, questa settimana, torna in sud America e approda in Brasile: si tratta del quinto Paese più grande della terra con un clima talmente variegato che gli consente di avere una sconfinata biodiversità, motivo per cui, anche in fatto di bevande tradizionali è uno dei panorami più variegati del pianeta.

Anche il toponimo Brasile è legato al territorio: deriva infatti dal nome portoghese “pau-brasil” che significa “rosso come la brace” ed indica l’albero del Pernambuco. Questa specie vegetale dalla resina rossa, fino a due secoli fa, ricopriva tutta la costa ed era usata come legna da ardere.

Prima di passare a descrivere la preparazione dei prodotti tipici che sono attualmente nelle usanze dei vari gruppi etnici locali, è doveroso citare quella più famosa del passato, la cui ricetta, secondo gli storici, ha fornito la base per una moltitudine di bevande brasiliane tradizionali.

Si chiamava ‘Cauim’ ed era un fermentato denso tipico delle popolazioni indigene precolombiane: dal sapore acidulo, a base di radice di manioca masticata, veniva aromatizzato con diverse tipologie di frutta. Consumato durante i rituali o per uso quotidiano, era preparato e servito dalle donne.

Fra le bevande tradizionali più diffuse oggigiorno, invece, troviamo la ‘Cajuína’ che viene preparata con il succo di anacardo (Anacardium occidentale) dal colore amaranto-ambrato: questa colorazione è dovuta alla caramellizzazione degli zuccheri naturalmente presenti nel succo.

Cajuína
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La ricetta è stata messa a punto nelle aree a nord est  del Paese carioca, in particolare nelle comunità indigene dello stato di Piauí (è il prodotto simbolo della città di Teresina, capoluogo dello stato) e, inizialmente, costituiva un metodo per conservare i frutti raccolti in abbondanza tra i mesi di giugno e settembre. Gli anacardi, infatti, quando cadono dagli alberi, sono molto sensibili all’azione degli insetti che li rendono rapidamente deperibili: pressarli e ottenere un succo era quindi la strategia migliore per prolungarne la conservazione nel tempo.

La tecnica di produzione tradizionale prevede di estrarre i semi di ‘caju’ dal guscio (i gusci sono usati per il focolare domestico) e di sottoporli a due lavaggi per pulirli accuratamente. Successivamente, sono pressati e il succo che si ottiene è chiarificato grazie all’aggiunta di linfa estratta dall’albero di caju: questa ha anche la funzione di separare ed eliminare le sostanze potenzialmente dannose per l’uomo.

Il prodotto viene quindi filtrato con un telo e si ottiene un liquido cristallino, molto simile all’acqua che viene imbottigliato e sottoposto a sterilizzazione a bagnomaria (il processo ha una durata che varia dalle tre alle cinque ore). Il succo acquisisce dunque una tonalità dorata.

Il risultato finale è una bevanda naturale, senza alcun conservante o dolcificante: viene servita fresca, come dissetante, oppure come accompagnamento a piatti a base di pesce, frutti di mare e carne. Il sapore è dolce, ma non mancano delle note acide.

L’’Aluà’, invece, è una bevanda che si prepara e si beve solo durante la ‘Parata di Aluà’, una festa tradizionale che si svolge nel quartiere di Morro Vermelho nel comune di Monte Claros, località situata nel sud del Brasile. Le origini della bevanda sono sempre in discussione: alcuni storici ne attribuiscono la paternità alle comunità coloniali portoghesi e spagnole, altri, a quelle indigene.

Aluà bevanda brasile

Originariamente questo prodotto si otteneva dagli scarti della frutta coltivata localmente, ma nel corso del tempo la ricetta è stata modificata: quella attuale prevede l’utilizzo di tre ingredienti, ovvero zucchero di canna, ananas e manioca. La preparazione richiede che questi elementi vengano amalgamati con cura e lasciati fermentare per una settimana.

Il risultato finale è una bevanda assai torbida, di colore misto fra il giallo ed il marrone e con una prevalenza di note acide: queste però sono ben bilanciate da quelle dolci naturalmente apportate dallo zucchero. Tale il motivo per il quale, se servita molto fredda, come vuole la tradizione, risulta particolarmente rinfrescante.

La ‘cajuina’, a base di succo di anacardo e l’’Aluà’, che trova nell’ananas il suo ingrediente principale, sono solo due esempi della moltitudine di bevande tradizionali del Brasile, frutto di una sconfinata biodiversità: per tale motivo, la prossima settimana, nella nuova tappa del viaggio, ne scopriremo delle altre.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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