HomeBirraGiro del mondo in birra: Turchia, prima parte

Giro del mondo in birra: Turchia, prima parte

Nella puntata precedente il viaggio alla scoperta di tutte le birre prodotte nel mondo era in Tunisia. La protagonista di questa nuova tappa è invece la Turchia, Paese che, per la sua collocazione geografica, a cavallo fra Europa ed Asia, nel corso dei secoli ha subito l’influenza culturale di numerosi popoli fra cui greci, romani e persiani.

Influenze che hanno plasmato l’odierno popolo turco dal punto di vista della società: l’opposto di quanto avvenuto nel corso della storia per quanto riguarda la birra tradizionale di questo territorio, ovvero la ‘boza’, che, nata qui (dove ancora oggi è molto diffusa) è diventata la bevanda tipica di numerosi popoli di una macro area del mondo che parte dalla penisola balcanica, attraversa la Bulgaria e la Romania ed arriva in Kazakistan e in Kirghizistan.

La determinazione accurata dell’origine del termine ‘Boza’ è difficile dato che alcune bevande alcoliche a base di miglio erano già note a diverse delle numerose antiche civiltà presenti in quest’ area: secondo i ricercatori, inoltre, data la sua assai bassa gradazione alcolica (fra l’1 e il 2%) da alcuni veniva considerata una bevanda non fermentata e non luppolata e quindi non un’antenata delle moderne birre.

Si tratta di una bevanda a base di malto, in origine prodotta utilizzando il miglio, ingrediente base ancora usato insieme al grano. Si produce anche con mais oppure con grano fermentato: tutti i cereali, in genere, sono adatti alla produzione di questa birra tradizionale.

Ai tempi dell’Impero ottomano la produzione di Boza costituiva un’importante attività commerciale, motivo per cui furono fondati molti locali per la produzione ed il consumo (chiamati Bozahâne): secondo le fonti infatti, solo a Istanbul, nel corso del XIX secolo, c’erano 300 negozi di Boza che davano lavoro ad oltre un migliaio di persone.

Questa birra, inoltre, era la bevanda preferita dai soldati delle antiche fanterie turche: contenendo un basso livello di alcol, era tollerata dai comandanti che la ritenevano utile per riscaldare e rinforzare le truppe. Gli storici, infatti, hanno spiegato che: “I bevitori di Boza erano numerosi nell’esercito: berne a sufficienza per provocare l’intossicazione era considerato peccaminoso, ma a differenza del vino, in piccole quantità, non veniva condannato.”

birra turchia

Proprio per questo motivo, in tempo di guerra, un ‘Bozacı’, ovvero il produttore di Boza, seguiva sempre le truppe garantendone la fornitura. In seguito, durante il regno di Selim III (1789-1807), venne lanciata sul mercato una versione con oppio, la cosiddetta ‘Boza tartara’, questa vietata ai soldati: a tal proposito, diverse fonti raccontano di persone diventate dipendenti le quali ‘non vengono mai morse dai cani randagi dovendo utilizzare un bastone a causa della loro andatura incerta’.

Con la salita al trono di Mahmud II (1808-1839) furono vietate tutte le bevande alcoliche, comprese quelle a basso tenore di alcol come la Boza ed il sultano fece chiudere tutti i negozi che vendevano la bevanda: un divieto che, nella pratica, venne rafforzato e allentato più volte nel corso della storia dell’Impero fino a che non fu abolito in maniera definitiva a fine ‘800 quando fu fondato il primo birrificio moderno della Turchia (il Bomonti del quale parleremo nella prossima puntata del viaggio).

Il dominio ottomano, come detto, fece in modo che la Boza arrivasse nei Balcani, in Bulgaria e Romania dove è conosciuta rispettivamente come ‘боза’ e ‘bragă’. In queste terre, prima che fosse venduta nei negozi, dove veniva spillata da grandi contenitori, i venditori ambulanti della bevanda erano diventati parte di ogni strada cittadina: proprio per questo motivo, nella città bulgara di Radomir, dove nel XVIII secolo si produceva la Boza, è stato dedicato loro un monumento.

Anche in altre province ottomane mediorientali, come l’Egitto, divenne una bevanda assai diffusa: qui veniva prodotta con una maggiore percentuale di alcol (fino al 7%), ma non solo dato che, come raccontato dagli storici, poteva essere aromatizzata alla liquirizia.

Questa birra tradizionale ha però rivestito un ruolo centrale nel corso dei secoli soprattutto in quel territorio che corrisponde all’odierna Turchia: Boza che, oltre ad essere ancora prodotta e apprezzata, costituisce la base di alcune delle moderne produzioni brassicole locali.

Il Paese infatti, data la sua collocazione geografica strategica, costituisce da sempre un punto di approdo e di passaggio dei viaggi fra Europa e Asia: per questo motivo, specialmente a partire dall’800, qui si sono radicate anche culture birrarie europee e non solo.

Questo incontro fra diverse scuole di pensiero ha dato vita ad un panorama brassicolo che, come vedremo, è assai variegato grazie al lavoro di un numero in costante crescita di piccoli birrifici artigianali che propongono rivisitazioni di stili iconici di tutto il mondo utilizzando anche le materie prime offerte dal territorio.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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