Giuseppe Capotosto, 34 anni, di Fondi, in provincia di Latina, fondatore della scuola di formazione Cocktails Dreams e bar manager del Loud Bar di Terracina si racconta ad ApeTime. “In Italia stiamo vivendo un periodo d’oro non solo per quanto riguarda la miscelazione ma tutto il comparto professionale. Nei migliori locali di tutto il mondo c’è sempre lo zampino di un Italiano, i ragazzi poi già giovanissimi hanno una conoscenza decisamente importante su tecniche e prodotti” dice Giuseppe Capotosto, e l’ultima classifica dei 50 World’s Best Bars ne è la conferma.
Quando hai iniziato a lavorare in questo settore?
Praticamente da sempre! Sono nato e cresciuto nell’attività di famiglia, un bar con ristorazione. Da sempre ho respirato il profumo del bancone, cresciuto tra lo staff, incuriosito dai prodotti e amato quel lavoro fatto di orari snervanti e chiacchiere con i clienti. Senza dimenticare la stanchezza e il durissimo sacrificio che facevano i miei, mi hanno insegnato tanto, credo senza di loro non avrei intrapreso professionalmente questa strada.
Quali sono i ricordi più belli e da chi hai imparato di più?
Forse è stata la prima sera dietro un vero Cocktails bar, poco più che ragazzino per caso mi ritrovai a servire drink tra i più disparati con una clientela molto attenta. Traumatico! Un po’ come Tom Cruise in Cocktails. Altri avrebbero mollato dopo un ora, io li decisi che da quella pedana non sarei mai più sceso.
Ora dove lavori?
Attualmente sono Bar Manager al Loud Bar di Terracina (LT), gestisco una mia scuola di formazione e sono responsabile commerciale e brand Ambassador per diverse importi aziende di spirits. Dopo tanto girovagare e dopo tante consulenze in giro ho deciso di mettere radici in un locale che aveva un progetto tanto ambizioso quanto folle. Un Cocktail Bar di altissima qualità in provincia dove poter esportare il nostro concept e le nostre idee. Tutti ci davano per spacciati, ma da tre anni abbiamo un po’ rivoluzionato il bere in provincia e continueremo a farlo per la gioia dei nostri clienti!
Quali sono le soddisfazioni più grandi che hai ottenuto nel tuo mestiere?
Grazie al cielo di soddisfazioni personali ne ho avute tante nel mio percorso e non saprei dirvi quale sia la più significativa, tutte diverse e tutte altrettanto importanti in quel preciso momento del mio percorso. L’importante è andare sempre avanti.
Ma forse la soddisfazione più grande e vera è quella che ho dai miei clienti. Sembra una classica banalità, me ne rendo conto; ma vederli tornare e scrutare le loro facce soddisfatte e sorprese dai miei drink mi da una soddisfazione enorme. In fin dei conti noi siamo a loro servizio, noi barman questo non dobbiamo mai dimenticarlo.
C’è qualche aneddoto bello, divertente o speciale da raccontare?
Ce ne sono tantissimi, ma il più strano è sicuramente di quando la sera prima di un importante finale dovevo assolutamente trovare qualcosa di sorprendente da portare in pedana. Mi ricordai di una tecnica con ghiaccio secco che imparai il giorno prima ad un corso al Nottingham Forest con Dry Ice.
Decisi di provare e dovetti portare in camera in hotel a Rimini una quantità spropositata di ghiaccio secco e attrezzature racimolate in giro. Provai per sicurezza fuori il balcone della camera una notte intera! Tra le chiamate della reception giustamente preoccupata dal viavai di corrieri.
Però il giorno dopo andò benone!
Com’è il mondo della mixology in Italia?
In Italia stiamo vivendo un periodo d’oro non solo per quanto riguarda la miscelazione ma tutto il comparto professionale. Nei migliori locali di tutto il mondo c’è sempre lo zampino di un Italiano, i ragazzi poi già giovanissimi hanno una conoscenza decisamente importante su tecniche e prodotti.
A differenza di tanti anni fa oggi grazie a scuole, eventi, social e master di divulgazione da parte delle aziende, la cultura del bere bene e l’informazione professionale sono accessibili davvero a tutti.
Ora però arriva la vera sfida…Mantenere alto il livello della qualità e l’indotto che si è creato nel tempo.
Qual è il tuo cocktail preferito?
Ne direi due su tutti: Daiquiri e Gimlet. Drink a mio avviso “perfetti” e apparentemente facili.
Da amante dei Rum il Daiquiri se fatto bene e con prodotti di qualità credo che rappresenti tutto quello che ogni cliente esige da un buon drink “semplicità, freschezza ed equilibrio”
Qual è il tuo cavallo di battaglia?
Sinceramente non saprei rispondervi, cerco di dare il massimo in ogni preparazione. Ma i miei clienti apprezzano particolarmente un drink che anch’io amo molto: il Mojito! Cerco di farlo nel modo più autentico possibile, perché credo che in ogni drink esista un anima culturale importantissima che va difesa e rispettata.
Ed il Mojito è l’esempio massimo della cultura di un popolo fiero come quello Cubano.
Quali sono gli errori più comuni da evitare per preparare un cocktail?
La personalizzazione estrema! Vedo sempre più ricette di ragazzi che osano nello scimmiottare ricette di grandi professionisti. Un drink per essere buono ha bisogno di un ossatura e ottimi prodotti, un po’ come in cucina; non si può fare un piatto pseudo elaborato se non si conoscono le basi. E poi importante sempre ricordarsi che noi barman non facciamo drink per altri barman, ma bensì per semplici clienti. E i clienti vogliono godersi il momento, il sevizio e un buon drink!
Che consiglio dai a chi vuole fare questo mestiere?
Tanta dedizione, tanta passione, volontà di sacrificarsi e di rinunciare ad uscire più di qualche sera con gli amici. Ma soprattutto studiare! Conoscere al meglio i prodotti che noi lavoriamo quotidianamente è fondamentale. Personalmente amo questo lavoro proprio perché è talmente veloce e dinamico che non si smette mai di imparare.