#Ioapro. Questa è la protesta che non ci piace. Incomprensibile. Priva dell’attitudine al coraggio
#Ioapro è stato un flop in termini di adesioni. Ma soprattutto, è stato un fallimento nelle modalità.
Che gli aderenti a #Ioapro fossero in pochi sarebbe il minimo. Il primo passo, del resto, è iniziare. Ed è comprensibile che i gestori abbiano deciso di non aderire per paura di incorrere in una multa, che è pesante sempre, ma di più in un periodo di incassi rosicati come questo.
Il problema non è quindi tanto il numero di partecipanti, ma il modo di agire, per lo meno a Milano. Chi ha aderito a #ioapro lo ha fatto di nascosto, servendo il take away fuori orario. Dov’è il coraggio? Questi sono furbetti che non rinunciano agli incassi (minimi comunque). Nient’altro.
Così sui social già circolano post inviperiti da parte “degli esponenti del fronte rigorista” che accusano i pubblici esercizi di essere degli untori.
A cosa serve una protesta del genere? A nulla. Bisognerebbe mettere in discussione il principio stesso di questo dpcm. In altre parole, opporsi al divieto di somministrare cibo e bevande almeno nel dehor nel rispetto delle regole.
CONCLUSIONE
Ora, il grande problema del mondo dell’ospitalità è che al governo manca qualcuno della categoria che porti avanti le vostre istanze. Certo. Ma il problema di tutti è questo esecutivo. Senza giri di parole, è chiaro ormai che il presidente del Consiglio e la sua squadra di ministri non siano in grado di gestire l’emergenza. Annaspano. Aspettano. E noi pure, di riflesso. Da luglio attendiamo la nomina dei 30 commissari per sbloccare 80 miliardi di cantieri, per dirne una. E aspettiamo i ristori. Che non ci sono. E aspettiamo i vaccini. Che però forse non sono abbastanza. E non protestiamo, perché temiamo le multe. L’opinione pubblica. Le critiche. Anche se sappiamo che un dehor è meno pericoloso di un vagone della metro.




