Nel corso dei secoli la birra ha vissuto molteplici cambiamenti per quanto riguarda le metodologie di produzione, gli ingredienti utilizzati e, di conseguenza, il profilo aromatico: questo è dipeso sia dalle scelte dei mastri birrai che dalle innovazioni tecnologiche, ma anche dalle disposizioni governative.
Come abbiamo avuto modo di vedere nel corso del viaggio della rubrica ‘Giro del mondo in birra’, ad esempio, in Gran Bretagna, fino agli inizi del ‘700 era severamente vietato l’utilizzo del luppolo nella produzione birraria: in precedenza infatti non se ne conoscevano le caratteristiche organolettiche e quindi come avrebbe potuto modificare aromi e sapori della birra.
Un altro esempio di come si sia modificata l’arte brassicola, è stata l’introduzione, a partire dal 1642, dell’innovativo sistema dell’essiccazione del cereale in forni a getto d’aria (anziché a fiamma diretta), la cui tecnologia consentiva di ottenere colorazioni (e conseguenti sfumature aromatiche) più chiare rispetto al passato.
Si tratta solo di due degli sviluppi che hanno portato sia ad un grande ampliamento del numero degli stili brassicoli, unito ad un crescente miglioramento qualitativo dell’antica bevanda, che al progressivo declino di alcune metodologie produttive: fra queste quella che, per la produzione, prevedeva l’utilizzo di pietre roventi.
Queste sono state utilizzate per produrre birra in un’area geografica molto vasta che comprende il Nord Europa, la Russia e l’Europa centrale: senza dubbio però il territorio in cui questo metodo si è radicato maggiormente è quello austriaco, in modo particolare nelle regioni della Carinzia e della Stiria.
Qui infatti veniva prodotta la Steinbier (dal tedesco stein: pietra; bier: birra), letteralmente birra con pietre: secondo alcune fonti la produzione, in Carinzia, copre una finestra temporale di più di un millennio dato che a riguardo vi sono alcune fonti risalenti al IX secolo.
In alcuni scritti si spiega che questa tipologia brassicola fu importata in Carinzia dai Windisch, ossia una popolazione originaria dell’odierna Slovenia e che la bevanda, per alcuni secoli, rimase diffusa solo nei territori da loro occupati: questi, successivamente, migrarono verso l’Europa centrale diffondendo anche in questa area geografica il consumo di birra di pietra.
Nei testi a riguardo, fra cui quelli di Robert Walser, la Steinbier prodotta in questi luoghi viene inoltre descritta come una bevanda “mezza fermentata”, consumata dai ceti sociali meno abbienti, ad esempio la classe contadina, i quali la realizzavano per il proprio uso e consumo.
La produzione nelle fattorie era strettamente legata all’andamento stagionale del raccolto di frutta e cereali: durante il periodo compreso tra luglio e dicembre, se il raccolto di frutta, soprattutto di susine, fosse stato abbondante, sarebbe stato prodotto un fermentato diverso dalla Steinbier.
Quest’ultima infatti veniva realizzata nello stesso periodo solo qualora la resa dei cereali fosse stata più abbondante. La birra di pietra però non veniva prodotta solo nelle fattorie, ma anche nelle taverne che la servivano ai loro clienti ed inoltre esistevano veri e propri birrifici per la produzione di questa bevanda.
Le rendite però erano limitate, motivo per cui i birrai dediti a tale attività, di norma, esercitavano anche un’altra professione: un esempio emblematico a tal proposito era il birrificio di Kaschitz, a Waidmannsdorf, a cui era annessa anche un’azienda agricola.
È interessante notare, inoltre, come in Carinzia e Stiria la produzione di Steinbier non si rifacesse solo ad un metodo di produzione, ma piuttosto fosse considerato come vero e proprio stile: questa birra, infatti, veniva realizzata seguendo lo stesso procedimento dalla maggior parte dei produttori.
Il declino delle Steinbier iniziò nella seconda metà del XVIII secolo circa, con l’affermarsi dei Kesselbierbrauer, ovvero coloro che producevano birra in recipienti metallici. Lentamente, si iniziò a sviluppare un vero e proprio settore dei birrai artigiani e divenne necessario un addestramento professionale per poter esercitare il mestiere.
I Kesselbierbrauer ottennero sempre più importanza, fino a pretendere che i birrai che realizzavano le Steinbier non potessero più produrne né venderne. In parallelo a questo conflitto, sembrerebbe essere avvenuto anche un cambiamento nei gusti dei consumatori, i quali iniziarono a preferire la birra prodotta in recipienti metallici.
L’ultimo birrificio di Steinbier fu l’Holzeger di Waidmannsdorf: fondato nel 1645, chiuse nel 1917, probabilmente a causa dell’avvento della prima guerra mondiale, ponendo così fine alla millenaria storia della birra di pietra. Uno stile che ha rivestito un’importanza centrale nello sviluppo della bevanda in Austria, tanto che alcuni mastri birrai artigianali, in questo territorio, tutt’oggi, chiamano Steinbier alcuni loro prodotti proprio in onore di questa storica tradizione.