A chi appartiene l’attestato di formazione dei lavoratori? In caso di licenziamento il dipendente ha qualche diritto sulla sua formazione lavorativa?
Per parlare di questo argomento, partiamo dal presupposto che i corsi di formazione vengono acquistati dalle aziende che ne sostengono il costo ma allo stesso tempo sono nominativi e, per legge, intestati al dipendente che viene formato.
Data questa dualità, sicuramente vi sarà capitato di chiedervi: l’attestato appartiene al lavoratore o al datore di lavoro? Proviamo a rispondere a questa domanda.
Se a livello di buon senso si può ritenere logica la consegna degli attestati ai lavoratori, in realtà nella normativa non è presente un obbligo preciso in tal senso.
Oggi il decreto 81 del 2008 contiene l’obbligo di consegnare al lavoratore la cartella sanitaria e di rischio ma non dice niente riguardo attestatati di formazione.
Nello specifico il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro dichiara che le competenze acquisite dal lavoratore in seguito alle attività di formazione sono registrate nel libretto formativo del cittadino. Il datore di lavoro fa riferimento a questo strumento per la programmazione della formazione e ad esso si attengono anche gli organi di vigilanza ai fini delle verifiche degli obblighi.
Ma cos’è il libretto formativo del cittadino?
Questo strumento in effetti è noto a pochi: si tratta di una vera e propria carta d’identità professionale del singolo lavoratore.
In questo libretto sono registrate le competenze formali acquisite durante la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e quella continua, nonché le competenze non formali. Lo strumento raccoglie informazioni, dati ed attestati riguardo tutte le esperienze maturate in diversi ambiti in modo da incrementare la professionalità e l’accusabilità delle risorse.
Questo libretto non è presente in tutte le regioni. Nei territori in cui questo strumento non esiste, si è creato un vuoto normativo.
Dato il contesto che abbiamo rappresentato, l’unica strada percorribile sembra essere quella del diritto del lavoratore all’accesso dei dati.
Esiste, ad esempio, una presa di posizione del Garante per la protezione dei dati (19 giugno 2000), il quale precisa che il diritto d’accesso non riguarda solo i dati identificativi dell’interessato ma tutte le informazioni contenute nel suo fascicolo personale e quindi anche quelle inerenti ai giudizi e alle note di qualifica professionale.
Gli attestati di qualificazione professionale conseguiti durante il rapporto di lavoro possono essere considerati dati personali che il dipendente ha diritto a richiedere al suo ex datore di lavoro.
Il Garante ha stabilito in un provvedimento con cui ha ordinato ad una società di mettere a disposizione di un ex dipendente tutte le informazioni personali custodite negli archivi aziendali.
Questa presa di posizione ha ormai vent’anni ma alla luce del Regolamento Europeo in materia di protezione dei dati delle persone, appare ancora oggi attuale ed attuabile.
Va ricordato che la mancata osservanza dei provvedimenti dell’Autorità è sanzionata anche penalmente dalla legge sulla privacy e che il Garante ha il potere di intervenire, avvalendosi anche della collaborazione di altri organi dello Stato, per assicurare l’esecuzione.
In quest’ottica la risposta alle domande poste inizialmente è univoca: l’attestato di formazione appartiene al lavoratore ed il datore di lavoro non può rifiutarsi di consegnarlo. In caso di licenziamento il dipendente ha il diritto di accesso agli attestati conseguiti.
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