Birra artigianale di qualità superiore rispetto a quella industriale? Vero, e adesso uno studio australiano ne svela le ragioni scientifiche.
La birra artigianale possiede degli elementi organolettici peculiari che la distinguono da quella industriale? Sappiamo che una risposta a questo quesito, negli anni, è stata fornita con la formulazione di leggi sia in Italia che negli altri Paesi del mondo. Si tratta però di definizioni che si basano su caratteristiche che il legislatore, o chi per lui, ha ritenuto importanti per tracciare una linea di demarcazione tra i due mondi, ma non sono supportate da dati scientifici.
Queste norme inoltre regolano solo ciò che succede a monte del processo, ovvero in fase di produzione. Prendiamo, ad esempio, la legge italiana in materia: ci dice che la birra, per essere definita artigianale, deve essere prodotta senza pastorizzazione né microfiltrazione e da birrifici indipendenti che non producano più di 200.000 hl all’anno.
Il problema nasce dal fatto che non viene specificato quali proprietà qualitative debba avere il prodotto finito per poter essere definito artigianale. Adesso questo limite sembra finalmente superato da uno studio australiano che ha analizzato il valore proteico di diverse birre scoprendo l’esistenza di profonde differenze tra prodotti artigianali e industriali.
La scoperta è arrivata in modo piuttosto inaspettato. Gli autori della ricerca sono il professor Ben Shulz ed il ricercatore Edward Kerr dell’Università del Queensland (Brisbane), che hanno applicato una tecnica denominata spettrometria di massa (che consente di analizzare ogni singola sostanza presente all’interno, per esempio, di una birra) per identificare e quantificare il proteoma, ovvero l’insieme delle proteine, presenti in 23 differenti marchi di birre commerciali.
La loro ipotesi iniziale, era che avrebbero trovato profonde differenze in base allo stile brassicolo: si aspettavano infatti di riscontrare delle importanti variazioni organolettiche tra Lager, Pale Ale, IPA e Stout . Una tesi apparentemente logica e lineare: se cambiano gli ingredienti e il processo produttivo, allora cambia anche il patrimonio di proteine all’interno della birra finita. Non è così invece dato che queste differenze si sono rivelate davvero minime.
I due studiosi, di conseguenza, hanno deciso di modificare il criterio da seguire per raggruppare le birre: non più lo stile di appartenenza, ma il birrificio di provenienza. E’ stato così che le differenze sono diventate evidenti. In altre parole, la ricerca ha scoperto che le proteine provenienti dai lieviti naturali di qualità rendono la birra artigianale profondamente diversa da quella industriale: in questo modo hanno trovato un elemento scientifico, presente nel prodotto finale, per operare la distinzione.
L’aspetto più interessante, è che queste proteine giocano un ruolo fondamentale non solo sulle caratteristiche organolettiche della birra, ma anche sul modo in cui è percepita dai nostri sensi. Il professore Schulz ha spigato che: “Il gusto fresco, maltato, amaro, gli aromi fruttati e floreali sono forse i primi elementi che vengono in mente quando si descrive una birra, ma sono fondamentali anche altri fattori sensoriali”.
Il docente ha infatti aggiunto che: “Una schiuma attraente e stabile e un corpo pieno e cremoso sono altrettanto essenziali in una grande birra, ma spesso trascurati. Il proteoma di una birra, ovvero l’ insieme delle proteine in essa presenti, è cruciale nel controllare questi fattori e dipende dagli ingredienti, dal lievito utilizzato per la fermentazione e dal processo produttivo nel suo complesso”.
Le birre artigianali quindi si distinguerebbero da quelle industriali per il loro patrimonio di proteine, le stesse che giocano un ruolo fondamentale nella formazione delle caratteristiche organolettiche finali.
Nelle conclusioni dello studio è stato infatti scritto ‘Il glico-proteoma dipende in primis dal birrificio e solo successivamente dallo stile brassicolo: i parametri del processo produttivo sono un elemento chiave. Abbiamo identificato sostanziali differenze tra le birre delle multinazionali e quelle dei birrifici indipendenti derivanti principalmente proprio dal contributo delle proteine e delle glicoproteine del lievito. I parametri chiave nella qualità della schiuma, correlati con le caratteristiche del glico-proteoma della birra, confermano l’importanza del proteoma e delle successive modifiche delle proteine che determinano la qualità della birra’.
Il processo produttivo e le materie prime sono quindi fondamentali nella definizione della qualità finale di una birra e, di conseguenza, nella distinzione fra artigianale ed industriale: due aspetti già noti che adesso sono avvalorati da una complessa ricerca scientifica.