Seconda tappa asiatica del tour mondiale alla scoperta delle birre prodotte nei vari Paesi. Dopo l’Azerbaigian ed il suo birrificio Baltika-Baku, è la volta della Birmania, Stato che si affaccia sul Golfo del Bengala e vanta una certa tradizione birraria.
Questo è dovuto al fatto che anche la Birmania, come la confinante India (da cui prende il nome una delle Pale Ale maggiormente apprezzate specie negli ultimi anni), è stata una colonia britannica fino al 1947. Entrambe infatti facevano parte di quello che era conosciuto come l’Impero anglo-indiano che si sciolse in quell’anno grazie anche alle campagne non violente portate avanti da Gandhi.
Dopo questa data, sono emerse con forza le grandi tensioni sociali causate dalla presenza di numerose etnie. Questo ha fatto si che la Birmania (conosciuta anche con il nome di Myanmar) sia una delle economie mondiali meno sviluppate. Negli ultimi anni però si è registrata un’inversione di tendenza con una crescita che, coinvolgendo diversi settori, fra cui anche quello della birra, ha fatto registrare picchi dell’8%.
Focalizzando l’attenzione sulla storia della birra in Birmania, non sorprende scoprire che fu un inglese a dare vita al primo birrificio locale: prima dell’occupazione britannica infatti in quelle terre non vi era alcuna tradizione brassicola. La prima produzione fu avviata nel 1886 da un giovane ufficiale dell’esercito di nome Edward Dyer.
Questi, convertendo una vecchia fabbrica di cannoni, avviò quello che oggi è conosciuto come il birrificio Mandalay (stesso nome della città in cui è ubicato) e che ha dominato il settore fino alla fine dello scorso secolo quando è nata la Myanmar Brewery (1995). Quest’ultima, nel giro di pochi anni, grazie alle partnership di colossi del settore quali Heineken prima e Carlsberg dopo, ha praticamente monopolizzato il mercato interno della Birmania con una quota che si aggira intorno all’80%.
In questo Paese non troviamo solo produttori di grandi dimensioni: questo dimostra come la filiera della birra sia in una fase di grande sviluppo. Nel 2017 infatti ha aperto il primo microbirrificio birmano. Si chiama Burbrit, nome che deriva dalla fusione dei nomi Birmania e Gran Bretagna: un modo per sottolineare la grande importanza che ha avuto l’influenza britannica sulla produzione brassicola locale.
Legame con la tradizione d’oltremanica che emerge chiaramente analizzando alcune delle referenze dei birrifici in questione. Il Mandalay brewery propone una strong ale con una gradazione alcolica del 7%. Si presenta di colore oro scuro con un buon bilanciamento fra la dolcezza del malto e l’amarezza del luppolo. Al palato offre anche aromi di mela, grano e note vegetali.
Il medesimo discorso vale per il birrificio Myanmar che offre fra le altre anche la stout Black Shield prodotta con malto tostato come prevede la tradizione di questo stile birrario. Con una gradazione alcolica dell’8,1%, presenta una schiuma cremosa e aromi di caffè e cioccolato amaro. Sono presenti inoltre profumi di liquirizia, uvetta e noci.
Il microbirrificio birrificio Burbrit infine, fra le altre referenze, in tutto 10, propone una London porter che, come vuole la tradizione, si presenta di un intenso colore marrone scuro. In questo prodotto spiccano aromi di caramello e malto tostato che sono accompagnati da note di frutta secca. Con una gradazione alcolica del 5,3%, dona al palato una piacevole sensazione di dolcezza.
Come visto quindi anche il mercato interno della Birmania dimostra come la filiera della birra si stia sviluppando, sia in termini di produzione che di consumi, nel continente asiatico offrendo una gamma di prodotti sempre più ampia che trae ispirazione dalle varie culture brassicole europee, in primis quella britannica.