Tour brassicolo: torniamo in Asia, più precisamente in Mongolia, dove viene prodotta la tradizionale birra al latte di giumenta, il kumis.
Ma non solo, vi raccontiamo la storia del più antico birrificio del Paese: l’APU Company.
Dopo aver viaggiato a lungo attraversando gli altri quattro continenti, il tour alla scoperta dei prodotti brassicoli di tutti i tipi realizzati nel mondo torna in Asia: l’ultima volta che era stato qui aveva fatto tappa in Laos dove aveva conosciuto il BeerLao, il birrificio più importante del Paese, e la tradizionale birra di riso.
Questa è la bevanda tradizionale dei territori asiatici meridionali il cui clima consente la produzione dei cereali, cosa difficilmente realizzabile nelle regioni settentrionali, fra le quali quelle che costituiscono la sconfinata Mongolia: il deserto dei Gobi, le grandi steppe e le catene montuose rendono il clima freddo e lasciano ben poco spazio alle superfici coltivabili.
Per questo motivo, la birra tradizionale di quest’area viene realizzata utilizzando uno dei prodotti della pastorizia (l’attività maggiormente praticata al di fuori dei centri urbani), ovvero il latte di giumenta. Una bevanda antica di millenni (circa 4500 anni) menzionata ne ‘Il Milione’, il resoconto dei viaggi in Asia, effettuati fra il 1271 ed il 1295, del celebre viaggiatore e scrittore veneziano Marco Polo.
Si chiama kumis e, per via del sapore acidulo e della gradazione alcolica, è da tutti considerato una vera e propria birra di latte che, non pastorizzato, viene lasciato fermentare a lungo : per le proprietà del prodotto finale derivate da questo processo, viene consumata prima dei pasti per favorire la digestione.
Tradizionalmente il kumis veniva preparato all’interno di contenitori di pelle di cavallo che venivano posti in cima alle tradizionali yurte, le tende-abitazione dei nomadi che popolavano le steppe della Mongolia: oggi invece, nella maggior parte dei casi, si utilizzano botti di plastica o di legno.
Realizzato anche con latte di cammello, viene apprezzato per il suo sapore unico e i valori nutrizionali. Deve essere servito freddo o gelato in coppette o piccole ciotole senza manico dette piyala: si tratta inoltre di uno degli alcolici più antichi del mondo non ottenuti dalla fermentazione di vegetali.
È la birra tradizionale che fa da sfondo alla bevanda prodotta nei moderni birrifici della Mongolia. Un comparto, quello brassicolo mongolo, che ha iniziato a svilupparsi realmente solo negli ultimi decenni a causa di un forte legame sociale, culturale e politico con quella che è stata l’Unione Sovietica: lo dimostra il fatto che, fino al 1992, anno in cui è stata adottata una nuova costituzione democratica, fosse una Repubblica popolare.
Un rapporto, quello fra i due Paesi, che incideva sulla diffusione delle varie bevande alcoliche, facendo in modo che anche qui fosse diffusissima quella per la quale l’attuale Russia è celebre in tutto il mondo, ovvero la vodka. Una volta scomparso il regime sovietico, grazie al graduale passaggio ad un’economia di libero mercato, il settore brassicolo locale ha potuto iniziare ad espandersi.
Merito questo degli investimenti di numerosi imprenditori, sia mongoli che stranieri, dell’avvento di colossi del settore (in primis Heineken) e, da qualche anno, dei primi passi che sta muovendo nel Paese la ‘craft beer revolution’: queste le ragioni per le quali, come riportano le statistiche, i consumi pro capite annui sono arrivati a quota 30 litri e, al contempo, gli analisti, per il prossimo triennio, prevedono una crescita annua del settore del 9% circa.
Il legame con l’ex Unione Sovietica di cui dicevamo,riguarda anche la storia del più antico birrificio del Paese: fondato nel 1924 nelle vicinanze della capitale Ulan Bator, l’APU Company (‘Absolute, Pure, Unique’, ovvero ‘assoluto, puro, unico’) all’inizio infatti si occupava solo della produzione di vodka.
Oggi nel suo portfolio, oltre ad altre bevande sia alcoliche che non, sono presenti numerose birre la cui produzione è iniziata grazie anche al supporto di mastri birrai provenienti dall’Europa, in modo particolare dalla Repubblica Ceca, e all’acquisto di moderni macchinari dalla Germania.
Proprio alla cultura brassicola teutonica s’ispira uno dei prodotti di punta della casa: si tratta della Golden Gobi realizzata seguendo le regole del Reinheitsgebot, ovvero il ‘decreto di purezza’ promulgato nel 1487 da Guglielmo IV di Baviera che stabiliva che gli unici ingredienti della bevanda dovessero essere acqua, orzo e luppolo.
Se l’Apu company, con tre moderni e grandi stabilimenti per la produzione delle proprie birre che vengono esportate in Asia, Europa ed Americhe, è a tutti gli effetti un birrificio industriale, anche in Mongolia, come detto, è in continuo aumento il numero di piccole realtà che arricchiscono il panorama brassicolo locale.
Quella che attualmente, secondo il portale ‘Rate Beer’, sta riscuotendo maggiore successo, è la ‘Chingiss beer’. Come riportato dalla stessa fonte, la birra della casa più apprezzata è la ‘Mongolian lager’: con una gradazione alcolica del 5%, si presenta di colore giallo dorato chiaro con un’abbondante schiuma bianca ed offre al palato dolci note maltate bilanciate da quelle acide date dagli agrumi.
Possiamo quindi concludere come non deve sorprendere il fatto che anche in questo sconfinato Paese asiatico, dove la birra tradizionale kumis nelle due diverse versioni (a base di latte di giumenta o di cammello) nei secoli ha rivestito un ruolo centrale nelle tradizioni delle diverse popolazioni locali, una volta reciso lo stretto legame con l’ideologia sovietica, che faceva dell’uniformità uno dei propri punti fermi, nel tempo si stia affermando sempre di più la ‘craft beer revolution’, ovvero quella nuova scuola di pensiero che trova nella libertà di espressione (intesa come sperimentazione) in campo brassicolo uno dei propri valori fondanti.