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Giro del mondo in birra: Olanda

Riparte il nostro giro del mondo alla scoperta delle tradizioni brassicole e approda in Olanda, una delle culle della birra europea.

Prima tappa del nuovo anno per il viaggio alla scoperta di tutte le birre prodotte nel mondo: il 2022 si è chiuso in Nuova Zelanda dove viene coltivato uno dei luppoli dal sapore più deciso e fruttato del pianeta, il ‘Nelson Sauvin’, che consente ai mastri birrai neozelandesi di creare prodotti brassicoli di alta qualità.

La stessa che si riscontra nella produzione olandese dell’antica bevanda: il Paese dei tulipani, dove approda questa settimana il tour, vanta infatti una storia ed una cultura plurisecolare in questo settore, esattamente come i vicini di casa belgi e tedeschi.

L’Olanda è certamente una delle culle della birra europea, anche se, erroneamente, nell’accezione generale non viene considerata all’altezza di Belgio e Germania. Questo, con ogni probabilità, è in parte legato al fatto che quando si pensa a questo Paese e, contemporaneamente alla birra, il primo nome che viene in mente è Heineken, ovvero il colosso mondiale del settore con sede ad Amsterdam: quindi, certamente, non a birre artigianali e di alta qualità.

Guardando invece con maggiore attenzione al panorama brassicolo locale, si scopre come il territorio olandese pulluli di piccole realtà artigianali, sia la patria di due birre tradizionali con una storia antichissima e la casa di due birrifici trappisti, uno dei quali produce la celebre ‘La Trappe’, reperibile in tutta Europa, Italia compresa.

La Trappe, birra olandese

Il monastero, che realizza la bevanda dal 1884, oggi offre otto differenti tipologie di birra (fra le quali troviamo la ‘Witte Trappist’, l’unica bianca trappista al mondo, e la ‘Trappe Dubbel’ caratterizzata da un persistente aroma di malto) la cui peculiarità unica è quella di essere realizzate mediante l’utilizzo contemporaneo di ben cinque diverse tipologie d’acqua provenienti da altrettanti pozzi.

Prima di guardare alle caratteristiche delle due birre tradizionali, per sottolineare ulteriormente l’importanza del settore brassicolo olandese, basti pensare che si tratta del quarto produttore a livello europeo (preceduto solo da Germania, Spagna e Polonia) con 2,5 miliardi di litri annui: per quanto riguarda i consumi invece, come riportato dal ‘World beer index 2021’, se ne degustano 278 litri pro capite ogni anno, ovvero uno dei dati più alti d’Europa e del mondo.

Fra i birrifici artigianali più celebri, promotori della ‘craft beer revolution’ locale, troviamo il ‘De Molen’ che propone un’ampia gamma di birre stagionali, tutte caratterizzate da un’elevata gradazione alcolica. Altro celebre marchio è il ‘Jopen’ nato nel 1994 dalle ceneri dell’Harleem (chiuso nel 1916) del quale rivisita le originali antiche ricette ideate nel XV e XVI secolo.

birra Jopen

LE BIRRE TRADIZIONALI

In Olanda, come anticipato, da almeno otto secoli si producono due birre tipiche: la prima è realizzata con il ‘gruit’; si tratta di una miscela di dieci erbe fra le quali troviamo millefoglio, erica, rosmarino selvatico, salvia, bacche di alloro, resina di pino e coriandolo; nel Medioevo, a queste essenze, si aggiungevano cereali quali il frumento, l’avena, l’orzo, il farro e la segale.

Il componente principale della bevanda però è sempre il ‘gagel’, che è il nome olandese della tamerice, una pianta rara e protetta che prospera nei terreni paludosi poco acidi come quelli dell’ampio bacino del fiume Mosa situato vicino al confine con il Belgio.

Attualmente esistono due tipi di birra di gagel realizzate senza interruzione da secoli: una viene prodotta nella città di Haarlem ed è l’unica birra di gruit brassata con tre varietà di cereali, secondo una ricetta del 1407 che appartiene alla città stessa;l’altra invece viene prodotta nella città di Ossendrecht.

Birra gagel

La seconda bevanda brassicola tradizionale si chiama ‘kuitbier’ e la ricetta prevede l’impiego di tre cereali: malto d’avena, orzo e frumento. Con ogni probabilità, secondo gli storici, fino alla metà del XIX secolo (quando sono nati i primi veri e propri birrifici) questa era la birra più diffusa nel Paese.

Il prodotto finale è una birra dal colore paglierino, ambrato con una reminiscenza di Weizen (birra di frumento), ma con un sapore e un profumo molto fruttato e una percentuale alcolica che varia dal 4,7% al 7,9%. Le sfumature più scure sono il risultato non tanto degli ingredienti, ma del tempo di cottura che può durare anche più di 3 ore.

La fermentazione della birra kuit richiede alcune modifiche al processo tradizionale, come anche il processo di macinatura dei cereali è diverso da quella degli altri tipi di birra. Fra gli ingredienti troviamo anche antiche varietà di luppolo europeo (coltivate e trasformate in malto in Olanda) e uno speciale lievito ad alta fermentazione.

Oggi questa birra, nella sua versione classica, viene realizzata principalmente nell’area intorno alla città di Zwolle in quantità annuali di circa dieci mila litri: la sua produzione, come la coltivazione del luppolo e dell’avena, fanno senza dubbio parte del patrimonio culturale olandese.

Lo dimostra anche il fatto che, nel 2014, l’ ‘Associazione internazionale dei birrai’ ha riconosciuto la ‘kuit’ come la vera birra tradizionale del Paese: questa è un’ulteriore importante dimostrazione di come la tradizione brassicola orange, oggi portata avanti da un numero crescente di birrifici artigianali, non abbia nulla da invidiare a quella dei confinanti Belgio e Germania.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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