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Giro del mondo in birra: Panama

Nuovo appuntamento con il tour alla scoperta delle birre realizzate in tutto il mondo e delle storie che ruotano intorno all’antica bevanda, voliamo a Panama con una produzione ampia e variegata, proposta da un numero di produttori in costante crescita.

La scorsa settimana il viaggio si è fermato in Olanda, una delle culle della birra europea, con un territorio che pullula di piccole realtà artigianali e ospita due birrifici trappisti fra cui il celebre ‘La trappe’.

Lasciata l’Europa, l’esplorazione del panorama brassicolo mondiale torna in America latina, una regione ricca di storia e con un presente birrario in grande fermento, ed approda a Panama, dove, come nel vicino Guatemala di cui abbiamo parlato in precedenza, esiste una bevanda tradizionale, chiamata ‘pulque’, che costituisce una sempre apprezzata alternativa a quelle industriali ed a quelle artigianali realizzate localmente.

Parliamo di un Paese nel quale la birra è la bevanda alcolica più apprezzata: lo dimostra il fatto che, come riportato dal ‘World beer index’, qui se ne degustano 372 litri pro capite all’anno, un dato che lo issa al sesto posto della classifica dei consumi per Stati di tutto il mondo dietro solo a Repubblica Ceca, Spagna, Germania, Polonia e Austria. (Su questo dato incide il turismo, una delle voci più importanti dell’economia panamense).

Nell’ex colonia spagnola operano diversi micro birrifici che testimoniano come anche qui sia arrivata la ‘craft beer revolution’: a favorirla la grande biodiversità del territorio (suddiviso fra zone costiere e catene montuose come la cordigliera di Talamanca) che permette ai mastri birrai di impiegare molteplici e differenti materie prime.

Una produzione ampia e variegata, proposta da un numero di produttori in costante crescita, che, utilizzando principalmente botaniche e materie prime reperibili in quest’area geografica, offrono sia birre del tutto originali che realizzate nel solco delle varie tradizioni brassicole europee e americane.

Come riportato dal portale ‘Rate beer’, il micro birrificio maggiormente apprezzato del panorama panamense è senza dubbio il ‘Casa bruja’, ovvero ‘Casa delle streghe’ e, restando in tema di figure spaventose, il prodotto di punta della casa si chiama ‘Tulivieja’ (n.d.r.: si tratta di un personaggio leggendario della cultura panamense, un fantasma dalle sembianze per una metà di donna e per l’altra di uccello che, in diverse rappresentazioni, indossa un cappello caratteristico chiamato ‘tule’).

Per quanto riguarda le qualità peculiari di questa birra, si tratta di una Imperial double Ipa con una gradazione alcolica dell’8%. Presenta un’aroma decisamente luppolato con sentori di frutta, agrumi e vaniglia: ben si presta ad accompagnare i piatti a base di carne e peperoncino tipici della cucina centroamericana.

birra Clandestina Intriga

Un altro esponente della ‘craft beer revolution’ panamense è il birrificio Clandestina che, fra gli altri, reinterpreta uno stile iconico della cultura brassicola tedesca quale il dopplebock aggiungendovi gli aromi di due ingredienti locali: il cacao delle isole tropicali di Bocas del Toro e il caffè coltivato fra le montagne della regione di Chiriqui.

Prima di descrivere la birra tradizionale, è doveroso menzionare brevemente quello che è il birrificio industriale più importante di Panama: si tratta della Cerveceria Nacional fondata nel 1909. Il prodotto di punta della casa, nonché la birra più venduta nel Paese, è la lager, in stile americano, Atlas golden: si presenta di colore giallo dorato e mette in risalto l’aroma del luppolo utilizzato.

Bottiglia di birra Atlas, di Panama

Passiamo quindi a parlare di quella che è anche la bevanda più importante del Mesoamerica, ovvero di quel vasto territorio che comprende la parte meridionale del Messico e si estende verso sud fino al Costarica e, per l’appunto, alla parte occidentale del territorio panamense.

Si tratta del Pulque, un fermentato ricavato dall’Agave salmiana, una pianta grassa tipica di questo territorio. Il suo nome originario era “uctli”, mentre gli Aztechi (di cui alcuni arrivarono qui al seguito dei colonizzatori spagnoli) lo chiamavano “iztacoctli”, ovvero “vino bianco”, per via del colore del succo dal quale si ricava la bevanda.

Può essere considerata a tutti gli effetti una birra d’agave avendo in comune molto del processo produttivo, soprattutto se paragonata con le birre ancestrali, ovvero quelle che si producevano migliaia di anni fa, o a quelle a fermentazione spontanea tipiche del Belgio.

Quando la pianta ha tra i 4 e i 6 anni e sta per raggiungere l’apice del suo sviluppo, presenta un cono centrale affilato e le foglie più basse non hanno più spine nel lato inferiore, mentre quelle centrali sono protette da grossi aculei rivolti verso l’alto: in questo momento, e in fase di luna crescente, si effettua la “castrazione” dell’agave, ovvero si stacca il bocciolo del fiore.

In questo modo, comincia a sgorgare la linfa che viene raccolta in un profondo recipiente; inizia quindi la fase di invecchiamento che dura dai 6 ai 12 mesi: quando sulle foglie si notano delle macchie, si procura una cavità nella parte superiore della pianta, dove si concentra la linfa o aguamiel di colore bianchiccio e sapore dolce (questa fase viene chiamata picazon o “prurito”).

Dopo quattro giorni, cominciano a prodursi delle escrescenze che vengono raschiate via per favorire la fuoriuscita di altro succo: questo viene raccolto per un paio di giorni alla mattina e alla sera ed anche a mezzogiorno per evitare che eventuali piogge lo diluiscano. Questo processo richiede grande attenzione: è indispensabile infatti che l’aguamiel non tocchi foglie e barbe circostanti che comprometterebbero il sapore e la genuinità del pulque.

Pulque, birra tradizionale Panama

In seguito, viene lasciato fermentare in botti di legno fino a quando non si forma una patina chiamata zurrón che può impiegare dagli otto ai trenta giorni per comparire a seconda delle stagioni e delle variazioni termiche: questa patina viene rimossa e si aggiunge dell’altro aguamiel fresco fino a riempire le botti. Il Pulque, aromatico e fresco, è pronto e presenta una gradazione alcolica fra il 5 ed il 10%, ovvero come la maggior parte delle birre.

Il pulque infine viene bevuto semplice o “curado”, ovvero con l’aggiunta di frutti come ananas, arancia, fragola, chirimoya e guayaba. Possiede un forte valore nutritivo ed è un buon integratore proteico e calorico: in epoca preispanica, compensava la mancanza di verdure e proteine nella dieta, motivo per cui questa birra tradizionale, ancora oggi, a Panama e non solo, ha un importante valore sociale e culturale.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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