HomeBirraGiro del mondo in birra: Stati Uniti prima parte

Giro del mondo in birra: Stati Uniti prima parte

Nella precedente tappa, il tour alla scoperta delle birre di tutto il pianeta si trovava in Sri Lanka, l’esatto opposto del Paese dove arriva il viaggio questa settimana, ovvero gli Stati Uniti.

Negli Stati Uniti infatti, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, ha avuto inizio la contemporanea rivoluzione del movimento brassicolo artigianale globale, ovvero la ‘craft beer revolution’ di cui abbiamo parlato più volte.

Ma il ‘sogno americano’, di cui tante volte si sente parlare in diversi ambiti, in fatto di birra quale era? Eccolo: far sbocciare, grazie all’inventiva dei mastri birrai, realtà locali legate al territorio e creare solo prodotti di altissimo livello sfruttando l’ampia reperibilità e ricchezza delle materie prime a disposizione.

Il tutto si è materializzato grazie alla nascita del movimento craft che traina, a partire da quasi cinquant’anni fa, il mercato della birra americana ed ispira il mondo intero. La rinascita della cultura birraria artigianale d’oltreoceano ha permesso di recuperare le tradizionali birre speciali e le antiche ricette, ma, al contempo si è proposta come sperimentatrice di nuovi ed originali (talvolta estremi) stili brassicoli in un mercato ormai saturo e stanco di birre con pochi aromi e sapori.

Come però avviene in relazione a sostanzialmente tutte le sfere della vita collettiva, delle espressioni sociali, culturali e di costume, gli Stati Uniti rappresentano un mondo nel mondo, una società a se stante, una realtà complessa nella quale si può trovare, l’uno accanto all’altro, tutto e il contrario di tutto, anche per quanto riguarda la birra.

Se infatti da un lato la scuola brassicola statunitense si è imposta, a livello globale, nel giro di pochi decenni grazie alla creatività e all’originalità dei propri mastri birrai che hanno dato vita ad una moltitudine di stili birrai oppure ne stanno rivisitando alcuni del passato, dall’altro il consumatore americano, nella maggior parte dei casi, continua a preferire i prodotti standard proposti dai grandi marchi industriali che qui infatti hanno uno dei loro strategici campi d’operazione a livello mondiale.

Proprio per la pluridecennale coesistenza di queste due importanti e distinte realtà, con la prima che negli anni ha visto crescere con costanza le proprie percentuali di vendita sul mercato interno, il Paese, a partire dai primi anni duemila, è diventato uno dei leader mondiali del settore.

Qui infatti oggi esistono 9mila birrifici circa che, sommando la produzione di tutti, offrono agli appassionati dell’antica bevanda  di tutto il mondo 21 miliardi di litri ogni anno (in questa graduatoria sono preceduti solo dalla Cina con 38mld (sul terzo gradino del podio troviamo il Brasile con 14 mld).

stati uniti mappa birrifici

Stati Uniti che sono ai primi posti non solo nella classifica mondiale relativa alla produzione, ma anche in quella relativa ai consumi: secondo il ‘Word Beer index’, qui, annualmente, se ne consumano 282 litri pro capite, ovvero poco meno che in Belgio (299), ma più che in Gran Bretagna (244).

Analizzando il panorama birrario americano però non si può non sottolineare come prima dei numerosi stili che popolano l’odierno palcoscenico nazionale, gli Stati Uniti abbiano visto la nascita di altre tipologie della bevanda, del tutto originali, ovvero una gran varietà di proto-stili fra cui alcuni davvero curiosi.

Tale linea di discendenza deve esser fatta risalire a ricette precoloniali e quindi a versioni della birra ideate dai nativi americani: questa è poi proseguita nel corso dei secoli dando luogo a specialità tipiche proprio dell’epoca coloniale e della prima fase successiva alla vittoria nella guerra d’indipendenza.

Fin dai primi decenni della colonizzazione, ad esempio, venne prodotta una birra a base di zucca data la scarsa reperibilità di orzo: con il passare del tempo però la ricetta di quella che veniva chiamata Pompion Ale si sarebbe modificata grazie alla maggiore disponibilità del cereale, fino a diventare la bevanda brassicola alla zucca che conosciamo oggi, ovvero la Pumpkin Ale.

Allo stesso periodo risale inoltre la nascita di un altro stile tipico del nord America, ovvero la Steam beer: una tipologia di birra nata grazie alle nuove tecniche di birrificazione a bassa fermentazione ed al lievito puro che ben si adattava alla metodologia di produzione introdotta proprio in quegli anni.

Puntando quindi l’attenzione su alcune categorie brassicole nate nei decenni a cavallo tra gli ultimi anni dell’ottocento e i primi del novecento, troviamo diversi stili che sono attualmente oggetto di riscoperta e riproposizione, come, oltre a quelli citati, le American Pils e le Cream Ale: stili birrari di alcuni dei quali parleremo in occasione della seconda tappa statunitense del tour.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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