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Green Pass: dalla Chiesa al bus, fino ai disoccupati. Chi non ha l’obbligo

Dal 15 ottobre fino al 31 dicembre il green pass sarà obbligatorio per molti. Ma non per tutti…

Il vaccino parrebbe la strada per convivere con il Covid. Ragionevole prospettiva, anche se non è una certezza. Dobbiamo crederci.
Ma il Green Pass fa acqua da tutte le parti. Imposto con l’obiettivo di indurre gli indecisi a vaccinarsi, potrebbe apparire a prima vista una ragionevole strategia. In realtà, questo decreto non è democratico e non tiene conto dei diversi milioni di italiani che restano esenti dall’obbligo. Ops. Stiamo parlando di obbligo. Ma non doveva essere una libera scelta?

Tra chi non avrà bisogno del green pass ci sono i pensionati, gli inattivi e i disoccupati. I nulla facenti sono ben 15 milioni e passa, tra 13,5 milioni di inattivi e 2,3 milioni di disoccupati. Certo, anche loro devono presentare la carta verde per accedere a musei, cinema, teatri etc, ma non per entrare in negozi e supermercati. E nemmeno per usufruire delle farmacie.

Più assurdo ancora è che non sia richiesto per muoversi sui trasporti locali, visto che è necessario per sedersi dentro bar e ristoranti!

Non giriamoci intorno: come si fa a controllare i mezzi di trasporto pubblici? Semplice, facendo dei controlli a campione. E multando i disubbidienti. Se si volesse fare, si potrebbe fare.

E ancora…Nessun obbligo per gli alberghi, tranne che nei casi dei ristoranti degli hotel a cui accedono anche i clienti esterni.

Non cito tutti gli italiani esclusi, ma concludo osservando che neppure in chiesa servirà il green pass: i fedeli non dovranno presentare la certificazione verde per partecipare alle messe, pur restando gli obblighi relativi a distanziamento, mascherine e igienizzazione. Evidentemente ….Dio vede e provvede…

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Nicole Cavazzuti
Nicole Cavazzuti
Mixology Expert è giornalista freelance, docente e consulente per aziende e locali. Ha iniziato la sua carriera con il mensile Bargiornale e, seppur con qualche variazione sul tema, si è sempre occupata di bar, spirits e cocktail. Oggi scrive di mixology e affini su VanityFair.it e Il Messaggero.it. Chiamata spesso come giudice di concorsi di bartending, ha ideato e condotto il primo master di Spirits and Drinks Communication. Da novembre 2019 è la responsabile della sezione bere miscelato del nostro ApeTime Magazine. Per 15 anni è stata la prima firma in ambito mixology del mensile Mixer, organo di stampa della FIPE, per il quale ha ideato diverse rubriche, tra cui il tg dell'ospitalità (Weekly Tv) e History Cocktail, ancora attive e oggi in mano agli ex colleghi di redazione.

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