Proseguendo nella nostra carrellata dei piatti più apprezzati, tipici e famosi della cucina italiana, parliamo oggi di ossobuco alla milanese.
La contaminazione francese nell’origine di questo piatto pare abbastanza chiara, specie se si considera il periodo in cui questo prende piede, ovvero l’800, in un periodo storico in cui i francesi a più riprese erano a Milano.
Nel 1879 “il cuoco letterato” Giuseppe Sorbiatti descriveva per la prima volta la ricetta nel volume “Il Memoriale della Cuoca, o il modo di preparare la Cucina di Famiglia”.
Fu un piatto in particolare molto amato dagli Sforza, ma anche dalla borghesia Lombarda e da tutti i milanesi, almeno quelli che all’epoca se lo potevano permettere. Ma la vera massima diffusione gliela diede Pellegrino Artusi citandolo ne “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” del 1891, vera bibbia della cucina tradizionale italiana. L’ossobuco è un taglio della carne di vitello molto tenero che presenta un grande osso che contiene il midollo, nel cui grasso sta il sapore e il successo di questo piatto.
Tra i segreti della ricetta c’è quello di incidere la carne degli ossibuchi lungo la circonferenza esterna, per evitare che si arriccino, usare il burro ma anche un po’ d’olio per preparare la padella, infarinare la carne e rosolarla in un primo momento, poi tirarla fuori e rosolare il trito di verdure (classico composto da cipolle, carote sedano e aglio) e poi rimettere la carne in padella sfumando con vino bianco, e infine aggiungere i pelati e il brodo caldo che serve, lasciando su fuoco fino a cottura completata e fino all’ottenimento della densità del sugo desiderata. Un trito di prezzemolo e buccia di limone è l’ultimo segreto col quale guarnire il piatto da mettere in tavola.
A Milano il piatto è abbinato praticamente in maniera indissolubile con il risotto allo zafferano; dal 2007 il Comune di Milano lo ha riconosciuto la ricetta tradizionale con la sigla De Co, denominazione comunale.