Che il Vecchio Continente sia ancora strettamente influenzato dai trend economici e sociali degli Stati Uniti è un dato di fatto. Bene, per una volta, una bella notizia. Incrociamo le dita perché la rinascita dei locali in America è già iniziata. E in California è ripartita dai dehors
I primi bagliori di luce e di speranza arrivano dagli Stati Uniti.
Perché è vero che nello Stato (militare) d’Israele (8 milioni di abitanti, meno della Lombardia) stanno riaprendo tutto. Ma nei locali pubblici là può entrare solo chi ha una sorta di “passaporto” sanitario. Insomma, o chi si è vaccinato o chi ha fatto il tampone. E, al di là della personale opinione sulla strategia, va da sé che non possiamo certo aspettare di ripartire quando saremo in condizioni simili perché prima di allora saremmo morti di fame o di pazzia. E torniamo alla cronaca. Nella contea di San Francisco già da due settimane bar e ristoranti hanno riaperto i battenti, anche se possono somministrare solo nel dehors e con diverse limitazioni. Come l’orario di chiusura, fissato alle 23. “Sia chiaro: a Palo Alto (poco più di 60 mila abitanti) chiudere alle 23 non significa modificare più di tanto gli orari. Anche prima del Covid-19 i locali di Palo Alto chiudevano tra le 22:30 e le 23. Io stesso, eventi privati a parte, solo in casi del tutto eccezionali ho lavorato fino alle 24. Del resto, questa cittadina, dove si concentrano tutte le aziende tech, è molto tranquilla. Vi dico solo che, dopo le 22, nei quartieri residenziali non puoi parcheggiare l’auto per strada per non infastidire i vicini! Nulla a che vedere con città come New York o San Francisco, più simili a Milano per ritmo e frenesia” ci racconta in diretta live Massimo Stronati, capo barman di Ettan a Palo Alto.
In Italia erano le 3 del mattino, in California le 18. Orario di cena, là. E infatti a Ettan nel dehors qualcuno cenava con un drink. Non era pieno, ma è un inizio di ripresa.
Si è ben lontani dai tempi pre-Covid, sia chiaro. In tutti i sensi. Allora, al bancone ci si poteva sedere e non solo bere un drink, ma persino cenare. Oggi resta assolutamente vietato in California sedersi al bancone e al chiuso. E poi, per andare in bagno, anche se il locale è vuoto, è obbligatorio indossare la mascherina. Chi non la sopporta, si metta il cuore in pace. È un dispositivo con cui dovremo a convivere ancora a lungo. A meno di non emigrare all’isola di Sant’Elena (uno dei paradisi terrestri, dove il Covid non è arrivato).
Per concludere, negli Stati Uniti si sta cominciando a girare pagina.
Mentre noi in Italia non prendiamo sonno in attesa di conoscere il nuovo Dpcm in vigore dal 6 marzo al 6 aprile (che quindi includerà pure Pasqua, quest’anno il 4 aprile) e che ci hanno già detto sarà ispirato alla linea “del massimo rigore”, in sintonia con le maggiori democrazie dell’Unione. Peccato che non siamo allineati alle maggiori democrazie europee in termini di cassa. Dettaglio non irrilevante. In tutto ciò, nel nostro Paese il quadro epidemiologico parrebbe negativo. Scusate … ormai il condizionale è d’obbligo, visti i pasticci fatti nei mesi scorsi. (Un caso su tutti, vergognoso: quello della Lombardia).
E si continua a perseguire la politica della paura attraverso titoli di TG e quotidiani che strillano in apertura ogni nuova sventura. Ora è il turno dell’allarme per la scoperta delle nuove varianti (l’ultima, arriva da New York, lo apprendo dall’Ansa al momento di scrivere).
Non basta? No. Perché mentre in California i vaccini proseguono spediti e tra poco coinvolgeranno anche gli operatori dell’ospitalità (gratuitamente, per il lavoratore), in Italia non solo non riceviamo le dosi richieste. No. In Italia, e qui siamo oltre al grottesco, il sistema delle prenotazioni va in tilt, provocando lunghe file con assembramenti vistosi per i vaccini (pensate a quanto accaduto in via Gorizia a Torino).
In questo scenario, saremmo felici di portare a casa almeno la riapertura dei dehors di bar e ristoranti nel segno del rispetto delle regole.