Gli italiani stanno (ri)scoprendo i bar degli hotel. E’ una tendenza ormai chiara: dopo decenni in cui, a frequentarli, sono stati quasi esclusivamente i clienti dell’albergo, oggi questi luoghi sono di nuovo meta anche della clientela esterna.
Una piccola rivoluzione culturale, almeno nel nostro Paese, che segna anche un ritorno al passato. A quando cioè – fino agli anni ’60 del secolo scorso – erano soprattutto i bar dei più importanti alberghi i veri templi del bere miscelato di qualità, regno dei più celebrati bartender e depositari di un rigore nella qualità del servizio che pochi altri esercizi potevano eguagliare.
I motivi per cui la clientela ha snobbato i bar degli hotel negli ultimi decenni possono essere diversi: un’impostazione rimasta spesso sin troppo formale (quando non “d’antan”), così come una minore attenzione da parte di proprietari e gestori degli alberghi, concentrati sull’allargamento dell’offerta su altri fronti (spa, palestre, ristorazione).
Oggi, dicevamo, le cose stanno cambiando. Anche perché stanno cambiando gli stessi bar degli alberghi.
“All’estero – nota ad ApeTime Giorgio Fadda, presidente di Iba – il bar dell’hotel ha sempre svolto la funzione di punto di incontro, non solo per i clienti dell’albergo stesso ma anche per gli esterni, ad esempio per la conclusione di accordi d’affari. E per l’hotel è un’importantissima fonte di revenue. In Italia lo si sta riscoprendo solo negli ultimi anni: per molto tempo, i clienti esterni hanno avuto una sorta di timore reverenziale nel superare la porta di un bar d’hotel, spesso nell’errata convinzione che l’accesso fosse prerogativa esclusiva di chi risiede nella struttura ricettiva. E invece il bar di ogni albergo opera in base a una licenza pubblica, il che significa che è aperto a tutto il pubblico“.
Come cambiano i bar d’hotel
Una tendenza confermata anche da Angelo Donnaloia, presidente di Aibes, la maggiore associazione di bartender italiana: “In molti paesi si assiste da anni a un aumento della clientela esterna nei bar d’hotel. L’Italia, in questo, era rimasta indietro, ma negli ultimi tempi vediamo finalmente un sempre maggiore afflusso di clienti che non risiedono all’interno della struttura”.
Ma come si sono rinnovati i bar degli alberghi, per tornare ad attrarre la clientela esterna? “Anche da noi, le grandi compagnie proprietarie dei principali alberghi si stanno rendendo conto che il bar, in un hotel, è un’azienda all’interno dell’azienda”, commenta Fadda; “E come tale, se affidato a un serio professionista, è in grado di produrre profitti e di attrarre la clientela. Così, proprio per conquistare nuovi pubblici, molti bar d’hotel si propongono oggi in maniera meno formale rispetto al passato. Ma non per questo meno di classe”.
In tutto ciò, si è evoluta anche l’offerta. Drink list polverose, (spesso) immutate da decenni si sono rinnovate negli ultimi anni per mettersi al passo con i gusti attuali della clientela. “Grazie anche a una sempre maggiore affinità con la cucina: il barman oggi collabora molto con lo chef – continua Giorgio Fadda -, cosa che ha portato la possibilità di usare ingredienti che un tempo era impossibile immaginare“.
Nuovi centri di aggregazione
Non stupisce, quindi, se fra i driver della tendenza alla riscoperta dei bar d’hotel c’è anche il cocktail food pairing, ovvero l’abbinamento fra drink e piatti. Altra abitudine radicata in molti paesi esteri e oggi in crescita anche da noi. “Sempre più spesso il bere è associato al cibo, anche quando si parla di cocktail. E gli hotel sono fra i luoghi ideali in cui proporre esperienze verticali fra drink e food, lavorando fra bar e cucina sulla ricerca dei giusti abbinamenti”, ci conferma Gioele Camarlinghi, direttore generale di Russotti Gestioni Hotels, principale franchisee del circuito Marriott in Italia a cui fanno capo cinque prestigiosi hotel da Nord a Sud (Milano, Venezia, Roma, Catania e Siracusa).
Insomma, dopo un lungo periodo di oblio, il bar è tornato al centro dell’offerta e delle strategie delle grandi catene alberghiere, puntando anche al pubblico in cerca di esperienze diverse dal “solito” cocktail bar e dal chiasso della movida. “Il bar – conclude Camarlinghi – diventerà il fulcro delle attività dell’albergo, un centro di aggregazione sia per i clienti dell’albergo stesso sia per la comunità in cui la struttura è inserita. Il che significa che dovrà essere in grado di adeguarsi al contesto in cui opera e di variare l’offerta in base ai diversi momenti della giornata”.
(Interviste di Nicole Cavazzuti)
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