Cera d’api, due distillerie chiamate A e B, degli alambicchi molto particolari ed il primo Duca di Sutherland (titolo creato dal re di Gran Bretagna Guglielmo IV a favore di George Leveson-Gower).
Questi gli elementi che si celano alle spalle del single malt della Clynelish, prodotto nel nord della Scozia ed apprezzato in modo particolare come ingrediente per la preparazione del blend.
Il racconto parte all’inizio dell’800, uno dei periodi più bui della storia scozzese: è infatti in questi anni che iniziano le “clearances” (tradotto: ‘liberazione delle Highlands’), ovvero un periodo durato un secolo circa nel quale la maggior parte dei proprietari terrieri capì che allevare animali da pastorizia sarebbe stato più remunerativo rispetto alla coltivazione dei campi.
Il risultato di questa idea fu: meno contadini e più animali! Ne conseguì che centinaia di migliaia di contadini che abitavano lì da sempre, furono espropriati dei loro terreni e trasferiti con la forza in altre zone della Scozia, in Inghilterra o all’estero.
Le aree di Caithness e Sutherland videro le scene più brutali di tutte le ‘clearences’: il Duca che regnava su questi territori infatti cacciò via tutti i vecchi contadini con i metodi più violenti possibili e fondò una distilleria che sarebbe diventata la Clynelish.
Situata nella vicinanze del villaggio di Brora, iniziò la produzione nel 1819: il progetto prevedeva lo sfratto di circa 12mila affittuari terrieri. La distilleria inizialmente non andava molto bene, ma ingranò in fretta e alla fine dell’Ottocento il suo whisky era il più caro del mercato scozzese e non veniva venduto ai blender, ma ai privati come single malt, sia nel Regno Unito che all’estero.
La Clynelish quindi in pochi anni riuscì a produrre un whisky la cui qualità non passò inosservata. Nel 1896 infatti venne acquistata in “sterline sonanti” dall’ Ainslie & Heilbron che però nel 1912 avrebbe rischiato la bancarotta, motivo per cui alla guida della Clynelish subentrano la Distillers Company Limited (che diventerà Diageo) e, dal 1916, la John Walker & Sons.
Nel 1931, per via della crisi del whisky, sospende la produzione, ma riprende le attività otto anni dopo; è inoltre una delle poche distillerie a non aver chiuso durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1960 il sito produttivo viene dotato di elettricità, mentre nel 1968, per via della grande richiesta di whisky, a pochi metri di distanza viene costruita una nuova distilleria, dotata di ben 6 alambicchi che prende il nome di … Clynelish! Si, per un breve periodo ci furono due distillerie con lo stesso nome: quella più nuova prese il nome di Clynelish A, quella più vecchia di Clynelish B: ma questa confusione sui nomi durò pochi mesi e, nel 1969, la vecchia distilleria prese il nome di “Brora”, come il piccolo centro urbano vicino a cui sorge.
La prima oggi propone un single malt molto apprezzato dai blender, ad esempio come ingrediente principale per il celebre Johnny Walker. Si tratta del whisky invecchiato 14 anni che, con una gradazione alcolica del 46%, si presenta di color grano dorato. L’aroma di questo prodotto è molto fruttato e torbato e mette in risalto note di caramello, vaniglia e cuoio alle quali si aggiunge un retrogusto dolce-amaro.
La Clynelish è equipaggiata con 10 washbacks, di cui 8 in legno e 2 in acciaio, il tempo di fermentazione degli spiriti varia, ma non è mai inferiore alle 55 ore. La still house comprende 6 alambicchi: 3 wash stills e 3 spirits stills, con una particolarità quasi unica, ovvero gli spirit stills hanno la stessa larghezza dei wash stills.
La distilleria Brora invece ebbe una produzione limitata e particolare (era un whisky fortemente torbato) e andò avanti per brevi periodi fino a quando non chiuse definitivamente nel 1983 diventando negli anni ’90 una distilleria di culto tra gli appassionati, come succede abitualmente per quelle in disuso; nel 2021 infine, dopo importanti lavori di ristrutturazione, è tornata in attività.
Il tipo di lievito usato, la maturazione, la particolare conformazione degli alambicchi nonché una distillazione straordinariamente lenta creano un single malt particolare, oleoso, che si distingue, come detto in precedenza, per le sue note di cera d’api.