HomeBirraBirra artigianale italiana 2023: annus horribilis

Birra artigianale italiana 2023: annus horribilis

Il 2023 sta facendo registrare un brusco stop per la birra artigianale italiana. Vediamo meglio nel dettaglio.

Come riportato dalle associazioni di categoria, il 2022 è stato un anno molto positivo per la birra nel nostro Paese: il settore infatti ha mostrato degli importanti segnali di ripresa dopo lo stop causato dalla pandemia e dalle difficoltà legate all’aumento dei prezzi delle materie prime.

Il comparto ha fatto registrare un trend positivo frutto anche della capacità dei birrifici nostrani di creare una gamma sempre più ampia di prodotti che, per aromi e sapori, vanno incontro ai gusti di un numero crescente di appassionati: a questo si è aggiunto un rinnovato interesse, da parte soprattutto dei giovani imprenditori, ad investire nella filiera artigianale italiana.

Secondo i dati forniti dal report di Assobirra presentato a Roma lo scorso maggio, infatti, la produzione di birra, nel 2022, ha raggiunto quota 18,4 milioni di ettolitri, superando il 2021 (17,8 mio/hl): anche i consumi sono cresciuti, attestandosi a 22,3 milioni di ettolitri, in aumento di oltre un milione rispetto all’anno precedente.

Proprio in occasione di quella conferenza stampa però il presidente di Assobirra, Alfredo Pratolongo, rilasciava alcune dichiarazioni nelle quali accennava a numeri non proprio confortanti relativi al primo trimestre del 2023: timori che sono stati purtroppo confermati  dal comunicato che la stessa associazione di categoria ha pubblicato per commentare la prima parte dell’anno in corso che, per il mercato birrario italiano, si è rivelata decisamente negativa.

assobirra

Entrando nel dettaglio, i primi otto mesi del 2023 hanno fatto registrare una contrazione delle vendite pari al 6,6% rispetto allo stesso periodo del 2022: nei primi due trimestri, inoltre, le esportazioni sono diminuite del 7,4% rispetto alla prima metà dell’anno precedente.

Questi, chiaramente, sono due aspetti di primaria importanza per la salute del settore, ma a rendere il tutto più allarmante sono le cifre dato che si tratta di una flessione molto evidente: per questo motivo è impossibile non pensare che, a fronte di queste rilevazioni, anche altre voci statistiche (che saranno rese note nelle prossime settimane) non seguiranno lo stesso trend.

Il 2023 rischia dunque di essere ricordato (ma ormai siamo ben oltre le ipotesi) come un annus horribilis per la birra in Italia, con la prospettiva che il settore non solo debba accusare una brusca frenata rispetto all’entusiasmante cavalcata degli ultimi tempi, ma che finisca per bruciare gran parte dei risultati ottenuti nel recente passato, interrompendo la ripresa fatta registrare nel 2022.

Secondo Assobirra, a frenare la crescita del settore nel nostro Paese è l’aumento generalizzato dei prezzi per il consumatore finale, a cui si aggiunge quello dei costi di produzione: a tal proposito, l’associazione ha elencato alcuni singoli aumenti  che stanno pesando sul lavoro dei birrifici, ovvero il vetro +20%,il malto d’orzo +44%,il mais +39% e l’alluminio +20%.

Anche i cambiamenti climatici contribuiscono a rendere la situazione sempre più complicata: questo poiché l’innalzamento delle temperature compromette la qualità e la disponibilità delle forniture di malto e luppolo, con pesanti ripercussioni su tutta la filiera brassicola italiana.

Assobirra, nel commentare questi dati così negativi, pone l’accento sul problema delle accise, tornando a chiedere al Governo (come già fatto durante la pandemia) la riduzione delle medesime: ricordiamo infatti che, in Italia, è l’unica bevanda da pasto soggetta alle imposte di produzione (disposizione in vigore sia per i marchi italiani che per quelli stranieri presenti con i loro stabilimenti nella penisola, come, ad esempio, Heineken).

Il discorso riguarda anche la birra artigianale nostrana nello specifico, un settore che attualmente può godere di una disciplina fiscale agevolata, ma temporanea: essa infatti non è strutturale ma limitata all’applicazione dell’attuale legge di bilancio.

In altre parole, dal prossimo anno, c’è il rischio di tornare alla gestione delle accise precedente al 2022, uno scenario che può essere scongiurato percorrendo due strade: o concedendo un’ulteriore proroga, come avvenuto lo scorso febbraio, oppure  trasformando l’intervento in una misura definitiva.

A tal proposito, il presidente di Assobirra  ha commentato: “II settore birrario, che ha investito in innovazione oltre 250 milioni negli ultimi quattro anni, sta perdendo la propria competitività rispetto all’estero, dove in diversi Paesi, come nel caso della Germania, si pagano accise anche quattro volte inferiori alle nostre”.

Per questo motivo, ha rivolto un appello al Governo affinché intervenga a sostegno del comparto: “Uno stimolo fiscale avrebbe il merito di rendere più competitivi gli operatori italiani sui mercati internazionali, dove la birra si sta affermando come un altro prodotto di qualità del made in Italy”.

Un 2023 che quindi, come aveva lasciato intendere lo stesso Pratolongo a maggio,      si sta rivelando molto difficile per tutta la filiera della birra artigianale, soprattutto per i produttori più piccoli e per quelli che hanno da poco avviato le loro attività e che quindi non hanno alle spalle una certa solidità finanziaria.

L’auspicio degli addetti ai lavori (che assai difficilmente si realizzerà) è che al calo delle vendite e dell’export non segua una brusca frenata dei consumi: la speranza consiste invece nel fatto che si tratti solo di un anno negativo prima di una nuova ripartenza, già nel 2024.

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