Il governo di Dublino ha recentemente annunciato di avere convertito in legge il regolamento che prevede l’etichettatura degli alcolici come bevande gravemente dannose alla salute.
La legge sì applicherà a partire dal 2026, ma nonostante l’Unione europea tardi a prendere una posizione netta e definitiva, la battaglia non è finita e sembra proprio che siano tutti contro l’Irlanda.
Hanno recentemente preso posizione contraria, Stati Uniti e Cuba, e quindi subito a ruota Repubblica Dominicana, Messico, Canada, Regno Unito e anche quelli di diversi “nuovi” paesi produttori come Australia, Cile e Nuova Zelanda.
Continua la levata di scudi anche da parte di varie associazioni di categoria, sia di livello europeo sia in Italia, di livello nazionale come Unione Italiana vini, Federalimentare e Assobirra.
Prossimo step della battaglia sarà il 21 giugno quando il Comitato barriere tariffarie dell’Organizzazione mondiale del commercio si dovrà riunire per valutare nel merito la questione. Uno degli sbocchi possibili è quello di approfondire il tema con una commissione ad hoc che valuti la questione, magari anche con il supporto del parere dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Tante le reazioni in Italia: la Società Italiana di Medicina Ambientale sostiene che “L’attacco al vino italiano a cui stiamo assistendo non ha nulla di scientifico, e a confermarlo sono i numeri ufficiali degli istituti di ricerca”.
Per la Coldiretti la legge sulle etichette allarmistiche in Irlanda “è un precedente pericoloso che mette a rischio il record nelle esportazioni di vino made in Italy di 7,9 miliardi realizzati lo scorso anno” e il suo presidente Ettore Prandini sostiene che l’errore sta nell’ “assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione”.
E sono in molti ormai a pensare che i problemi che gli irlandesi hanno con gli alcolici, non debbano esser pagati da produttori del resto del mondo.