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Il Dirty e la sua nuova drink list: c’è ancora vita nella notte di Milano!

Il Dirty è il “late night bar” che a Milano mancava. E bisognava inventarlo.

L’hanno fatto Mario Farulla, Gigi Tuzzi e Carola Abrate. Per fortuna. Inaugurato a marzo, ora parte con la sua prima “vera” drink list.

Premessa. Se non conoscete ancora il Dirty, è inutile che passiate prima delle 19: lo trovereste chiuso. Inutile anche passare la domenica: lo trovereste (sempre) chiuso. Gli altri giorni, peraltro, il locale si anima davvero dopo mezzanotte, se non l’una, quando gli altri bar chiudono. Perché Milano è così: vuole fare la città cosmopolita, la metropoli europea, però poi arrivano le ordinanze del sindaco che chiudono i dehors (e, di fatto, tanti locali) a mezzanotte. E se mangiare dopo le 23 è quasi una chimera, figuriamoci bere un cocktail dopo l’una o le due.

Ecco perché il Dirty bisognava inventarlo. Fino alle 4 (e anche oltre, se c’è gente) qui si beve, si mangia e si sta in compagnia. Spesso, anche con i bartender degli altri locali che, a una cert’ora, tirano giù la serranda e buonanotte. Niente alta miscelazione o menu gourmet: in lista ci sono cocktail classici, otto signature (i nomi? Da 1… a 8) e un paio di twist, tutti pensati per l'”high volume”, ovvero per servire velocemente la clientela quando il locale è pieno di avventori assetati (“a volte ci troviamo a dover accontentare 100/200 persone contemporaneamente”, dice Farulla).

E il cibo? Quel che serve per placare la fame notturna e “asciugare” l’alcol: bruschette (buonissime), tartare burger, hot dog, pane e prosciutto, focaccia mortadella burrata e pistacchio (o con verdure e salsa di funghi), carne Simmenthal (sì, proprio quella nella scatoletta) e dessert, ovvero una banana. Ah, c’è anche il caffè, nel bicchierino di carta.

Vogliamo poi parlare della bottigliera? No. Perché non c’è: qui i distillati li fanno in proprio e li mettono in taniche di plastica (gli alcolici nella plastica prendono un brutto sapore? Sentite qui la risposta di Farulla). Abbastanza grandi da rispondere alle esigenze quantitative del Dirty, facilmente impilabili e riutilizzabili. A proposito della drink list, “quella che abbiamo appena lanciato è la prima ‘vera’ drink list del Dirty, costruita sulla base dello studio della ‘materia prima’, ovvero i clienti che lo hanno frequentato nei primi sette mesi di apertura”, spiega Mario Farulla. “La drink list si intitola ‘Normalize’ ed è un omaggio alle imperfezioni della natura umana, in opposizione ai finti canoni di bellezza che dilagano sui social. Esattamente come i cocktail che la compongono hanno la sola pretesa di essere dei buoni drink”.

Insomma, l’avrete capito: “Dirty” non significa sporco, bensì il contrario di “fighetto”. Potremmo dire “vero”, “genuino”. In un ambiente in stile brutalista (che a Milano ha illustrissimi precedenti, se non sai che cosa significhi clicca qui), con le pareti grezze decorate in stile “pop” (spirito di Elio Fiorucci, se ci sei, batti un colpo). Niente codici: puoi arrivarci in abito lungo e tacco 12 dopo il teatro oppure in tuta e scarpre da ginnastica perché di andare a letto proprio non ne hai voglia. E sarai sempre a tuo agio.

Il Dirty l’hanno inventato e ne siamo felici. Sperando che il coprifuoco per ordinanza non dilaghi: dopo mezzanotte, mentre qui si accendono vita e allegria, pochi metri più in là, attorno a Porta Venezia, le luci si spengono e le vetrine chiudono, lasciando le strade in balia di ben altri e ben meno raccomandabili personaggi della notte e dei loro affari. Quellì sì, davvero “dirty”, con la d minuscola…

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Stefano Fossati
Stefano Fossati
Redattore del tg Bluerating News, collaboratore delle testate economiche di Bfc Media, di Mixer Planet e naturalmente del Magazine ApeTime.

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