HomeBartenderIl mito di Harry MacElhone, dal White Lady all'ABC dei cocktail

Il mito di Harry MacElhone, dal White Lady all’ABC dei cocktail

Se Jerry Thomas e Harry Johnson hanno scritto i primi capitoli della storia della mixology (per lo più) al di là dell’Oceano, Harry MacElhone ha fatto altrettanto in Europa.

Scozzese, classe 1890, anziché prendere in mano la gestione del mulino di famiglia, come avrebbe voluto il padre, da giovane iniziò a girare l’Europa.

Harry MacElhone (a sinistra)

Si fermò dapprima in Costa Azzurra per lavorare nei bar di Cannes, frequentati da nobili, ricchi borghesi, attori e letterati di mezzo mondo. Non durò molto: poco tempo dopo si trasferì a Parigi, dietro al bancone del Manhattan Bar in rue Daunou 5, uno dei punti di riferimento della comunità di lingua inglese nella capitale francese. Fra i pochi cocktail bar della città, era stato fondato nel 1911 da Ted Sloan, un ex fantino americano che, a Parigi, si era fatto spedire gli arredi del precedente locale che aveva a New York.

Il White Lady e l'”ABC of mixing cocktails”

In poco tempo MacElhone conquistò il ruolo di capo barman, ma dopo appena un anno dovette tornare in patria, allo scoppio della Prima guerra mondiale, per essere inviato al fronte. Alla fine della Grande guerra, nel 1919, prese servizio al prestigioso Ciro’s Club di Londra, dove pure venne nominato in pochissimo tempo direttore del locale. Proprio qui creò il White Lady, oggi uno dei cocktail classici più conosciuti al mondo.

White Lady

La leggenda racconta che lo preparò per una donna vestita di bianco che ebbe un malore dopo essere entrata nel bar. E che, subito dopo avere bevuto il drink, la signora si riprese.

A rendere definitivamente MacElhone una celebrità fu poi la pubblicazione, attorno al 1920, del libro “ABC of mixing cocktails“, che per decenni ha rappresentato una sorta di “manuale di base” per gli addetti ai lavori. Oltre a ricette e informazioni storiche sui cocktail, il testo riporta anche le regole fondamentali della miscelazione e, nella prefazione, si sofferma sulla formazione del personale. Che, sottolineava il grande bartender, deve essere ben motivato per riuscire ad avere successo.

Grazie alla fama conquistata, nel 1923 non ebbe difficoltà a mettere insieme i fondi necessari per rilevare il Manhattan Bar, che nel frattempo era stato messo in vendita: MacElhone ne cambiò il nome in Harry’s New York Bar, ottenendo immediatamente un enorme successo. Ai tavolini del locale parigino non si contavano le celebrità locali ma anche americane, da Coco Chanel a Ernest Hemingway, da Rita Hayworth a Humphrey Bogart. Si dice che George Gershwin abbia composto proprio qui “Un americano a Parigi”.

Fra i drink resi celebri dall’Harry’s New York Bar in quel periodo c’è il Sidecar, la cui creazione però viene attribuita dallo stesso MacElhone a Pat MacGarry del Buck’s Club di Londra (noto fra l’altro per avere dato i natali al Buck’s Fizz).

La fuga a Londra e la riapertura dell’Harry’s Bar

Nel 1927 Harry MacElhone diede alle stampe un secondo libro, “Barflies and cocktails“, che raccoglieva oltre 300 ricette di cocktail. Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, all’invasione della Francia da parte dei tedeschi tornò a Londra, dove andò a lavorare al Cafè de Paris, fra i locali più alla moda della capitale britannica. Fino a quando una bomba germanica distrusse l’edificio, costringendolo a spostarsi al Rivoli Bar dell’Hotel Ritz, considerato all’epoca uno dei migliori alberghi del mondo.

Terminata la guerra, Harry decise di andare in pensione (morì nel 1958). Furono i figli Patricia e Andrew a riaprire l’Harry’s New York Bar a Parigi, richiamando tutto il personale in servizio prima del conflitto. Dopo di loro, nel 1989, il testimone passò al figlio di Andrew, Duncan MacElhone, morto nel 1998 a soli 44 anni; l’attività fu quindi portata avanti dalla vedova, Isabelle, poi affiancata dal figlio Franz-Arthur. E oggi l’Harry’s Bar è sempre lì, gestito dalla quarta generazione di MacElhone, che al locale parigino ne ha da poco affiancato un secondo a Cannes.

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Stefano Fossati
Stefano Fossati
Redattore del tg Bluerating News, collaboratore delle testate economiche di Bfc Media, di Mixer Planet e naturalmente del Magazine ApeTime.

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